Centinaia di studenti universitari sono sfilati in corteo all’interno della città universitaria della Sapienza, poi fino alla facoltà di psicologia, contro la repressione filosionista in università.


Continua la mobilitazione degli universitari per la liberazione della Palestina e contro il genocidio che da mesi Israele sta conducendo contro la popolazione della striscia di Gaza, col chiaro intento di farla sparire da quella terra.

Il coordinamento dei collettivi della Sapienza, insieme a varie correnti della sinistra universitaria, ha animato oggi pomeriggio un corteo che ha attraversato la città universitaria, con tanti slogan e cartelli contro la politica filosionista dell’università a Roma (e non solo), aperto dallo striscione “Sapienza for Palestine/Stop genocidio stop accordi”.

La Sapienza, infatti, come altri atenei, ha accordi con le università israeliane direttamente coinvolte nell’azione di costante pulizia etnica delle forze armate e dei coloni israeliani. Il tutto è strettamente legato alla collaborazione universitaria con l’industria militare (Leonardo in primis) e con punte di lancia dello sfruttamento, della devastazione ambientale edel saccheggio imperialista italiano all’estero come ENI, che è già pronta ad aggiudicarsi nuovi appalti di estrazione di idrocarburi al largo della costa palestinese in accordo con Israele.

La comunità di studenti, dottorandi e ricercatori, sin dallo scorso ottobre, tiene viva una campagna contro repressione, partecipazione al militarismo e copertura del genocidio sionista, attraverso assemblee, manifestazioni campagne di informazione, interventi negli organi accademici.

Oggi, centinaia di persone ritrovatesi nel pratone centrale della Sapienza hanno raggiunto in corteo il rettorato per reclamare un cambio di posizione della rettrice Antonella Polimeni e dell’istituzione universitaria, rompendo col consenso pro-sionista che lo Stato cerca violentemente di imporre nel dibattito mediatico e tra la popolazione, per ora con scarsi risultati, fortunatamente.

La burocrazia universitaria si è rifiutata di accogliere anche solo una delegazione dei manifestanti durante il Senato accademico in corso. Così, la manifestazione è uscita dalla città universitaria, attraversando il quartiere universitario e quello di San Lorenzo, raggiungendo la facoltà di psicologia, dove l’ateneo recentemente aveva proibito un’assemblea di studenti e professori perché la sua locandina di lancio conteneva la parola “genocidio” e non prevedeva oratori schierati apertamente col sionismo.

È fondamentale continuare e rilanciare la solidarietà attiva che da mesi vede decine e decine di migliaia di persone nel nostro paese (e decine di milioni nel mondo) mobilitarsi ancora e ancora per la libertà della Palestina dal giogo sionista, e per lo stop al genocidio in corso nella striscia di Gaza.

Si tratta, ora, di fare dei nuovi passi in avanti nella convergenza tra studenti e lavoratori per portare questa lotta politica in larghi settori del mondo del lavoro, collegandola con le rivendicazioni economiche, che dipendono da quella situazione di inflazione e impoverimento strettamente collegata al rilancio del militarismo e alla politica antipopolare del governo Meloni.

Lo sciopero generale del 23 febbraio, promossi da Giovani Palestinesi e Si Cobas, e il corteo del giorno successivo a Milano, con decine di migliaia di partecipanti, sono un esempio da rivendicare e rilanciare, a partire dalla diffusione di assemblee di solidarietà alla Palestina auto-organizzate nelle università, nei luoghi di lavoro, nelle scuole, nei quartieri: sia per organizzare le prossime mobilitazioni, sia per discutere di quale strategia di lotta, qui in Italia e in Palestina, può permetterci di fare passi in avanti e ricacciare indietro il colonialismo sionista e l’imperialismo occidentale suo alleato.

Rivendichiamo, all’interno del movimento, una soluzione del tutto opposta allo scontro religioso, alla pulizia etnica, all’odio tra ebrei e musulmani: una Palestina libera dal fiume al mare, unita, con pieni diritti per le minoranze e al ritorno di tutti gli esiliati, laica, socialista.

 

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L’unica soluzione effettivamente progressiva della tragedia che abbiamo sotto gli occhi tutti i giorni, ma che richiede innanzitutto una mobilitazione rivoluzionaria delle masse dei paesi confinanti – dal Libano all’Iraq alla Giordania all’Egitto – contro il sionismo, contro l’imperialismo, contro i loro governi oppressori e di fatto compiacenti verso l’Israele di Netanyahu. Una mobilitazione che ha bisogno di trovare un alleato anche nella classe operaia in Israele, oltre che in quella della metropoli imperialista, per infrangere anche da dentro il monolite apparentemente imbattibile del sionismo e dei suoi alleati imperialisti.

 

Giacomo Turci

Nato a Cesena nel 1992. Ha studiato antropologia e geografia all'Università di Bologna. Direttore della Voce delle Lotte, risiede a e insegna geografia a Roma nelle scuole superiori.