Ha fatto gridare allo scandalo e urlare “vergogna” l’articolo pubblicato oggi da un importante testata tedesca, il Die Welt.

Nell’articolo si chiede alla Merkel e al governo tedesco di guardarsi bene dall’aiutare l’Italia perché la mafia, qui da noi, non sta aspettando altro che la pioggia di soldi che arriverà da Bruxelles, esprimendo tra l’altro una posizione in netto contrasto rispetto all’apertura del Der Spiegel agli Eurobond.

Certo, nell’articolo si afferma anche che la solidarietà è un elemento importante dell’Europ, ma che gli aiuti devono andare solo alla sanità e non al sistema sociale e fiscale, come se in questo settore l’Italia fosse immune da corruzione o infiltrazioni mafiose: sappiamo quanto questo sia parimenti falso; la mafia altro non è che una organizzazione speculare e funzionale allo Stato capitalista, così come sappiamo che alla Germania non conviene la condivisione del debito che si verrebbe a generare con gli eurobond: finirebbe per pagare interessi più elevati rispetto a quelli dei suoi titoli di stato.

Stiamo assistendo, dunque, all’ennesimo episodio della lotta intestina dell’UE. Gli interessi nazionalistici delle borghesie europee sembrano prevalere, ma questa pandemia mostra più che mai che la soluzione non è rintanarsi nel proprio orticello – e questo andrebbe detto anche a tutte quelle correnti politiche nazionaliste che sembrano voler fare la voce grossa anche qui in Italia, persino a sinistra –  ma la soluzione non è nemmeno una alleanza europea utile solo a gestire l’economia capitalista.

Le minacce a cui andiamo incontro riguarderanno sempre più il mondo nella sua interezza e quindi dovremmo essere capaci di pianificare soluzioni a livello globale, ma questo è impossibile in un sistema come quello attuale che è basato sull’accumulazione di capitale e sull’anarchia del mercato finanziario, dove la borghesia di uno stato imperialista ne combatte un’altra in nome del dominio economico e dei profitti, aldilà della retorica sul popolo e la nazione.

Il processo di accumulazione è per sua natura concorrenziale e conflittuale, partendo dall’estorsione dei profitti ai lavoratori che producono determinati beni, passando per la lotta intestina alla borghesia, dove l’alta borghesia di uno Stato sottrae i capitali alla piccola borghesia compatriota – si veda, ad esempio, l’enorme crisi economica delle piccole imprese e degli artigiani di fronte all’aumento dei profitti degli industriali italiani – per arrivare poi al processo di sopraffazione della borghesia di uno Stato su un’altra rispetto all’economia finanziaria, il tutto mentre i lavoratori, che hanno prodotto quella ricchezza possono solo sopravvivere e sperare che, dalla lotta intestina alla borghesia e dalla crisi economica, il prezzo da pagare non vada a minare la loro stessa esistenza.

Gli Stati europei stanno solo giocando, quindi, anche di fronte alle decine di migliaia di morti, al solito vecchio gioco: produrre, estorcere, entrare in crisi e far pagare tutto alle lavoratrici ed ai lavoratori.

Non dobbiamo sentirci offesi né tanto meno pretendere delle scuse. Dobbiamo pretendere che questa crisi sia pagata da chi l’ha causata in nome del profitto. La nostra salute, la nostra vita ed il nostro benessere non è una merce di scambio su cui speculare e dibattere.

 

Lisa Di Pietro

Nata a Napoli nel 1988, consegue la Laurea magistrale in Scienze Filosofiche presso l'Università degli Studi di Napoli "Federico II" e la Laurea di primo livello in Pianoforte al Conservatorio di San Pietro a Majella.