Incolpare la Cina della pandemia è diventata la strategia sia dei repubblicani che dei democratici negli USA. Ciò aumenta le tensioni tra i paesi e all’interno degli stessi Stati Uniti. Mentre si cerca di dividere la classe operaia, gli interessi dei capitalisti vengono protetti.


Donald Trump continua la sua escalation contro la Cina. Un’altra delle sue sfuriate alla stampa, questa volta contro un giornalista asiatico-americano della CBS News, Wiejia Jiang, è circolata in tutto il mondo; quando gli è stato chiesto se i test di massa fossero sufficienti per fronteggiare l’aumento delle infezioni e delle morti, il presidente ha risposto: “chiedete alla Cina”. Recentemente, in un’intervista a Fox News, ha anche suggerito che gli Stati Uniti tagliassero tutte le relazioni con la Cina. Il presidente ha altresì detto che questo andrebbe a beneficio degli Stati Uniti dal punto di vista economico, che non parlerebbe con Xi Jinping, e che l’accordo commerciale avviato con la Cina potrebbe essere un ricordo del passato.

La strategia di dare la colpa alla Cina sarà un aspetto importante della campagna elettorale dei repubblicani. Con la pandemia fuori controllo, il governo statunitense sta cercando di trovare qualcuno da incolpare e allo stesso tempo sta cercando di indebolire l’influenza cinese sulla scena internazionale. La strategia del nemico esterno è ancora una volta mirata a calmare una base repubblicana indebolita, danneggiata dalla crisi economica.

Il governo si trova di fronte a un paese ogni giorno più diviso. Trump incolpa i “Blue states” [stati a guida democratica] di aver chiesto fondi federali, mentre i “red states” (repubblicani) ottengono aiuto solo se si alleano con il governo centrale. Tra gli stessi repubblicani non c’è consenso su come realizzare la riapertura del paese, già in corso in diversi Stati, senza che tutto finisca in una catastrofe sanitaria. La strategia elettorale del Partito Repubblicano era stata quella di utilizzare una narrazione sui presunti buoni indicatori economici, e questo è ora impossibile. Con il paese colpito dalla crisi economica e il 20% di disoccupazione, il governo chiede che “la Cina paghi”. Un gruppo di senatori repubblicani a favore di una politica più aggressiva con il governo Xi-Jinping ha proposto leggi per sanzionare Pechino. Le accuse vanno dalla negligenza delle autorità nelle prime settimane dopo l’epidemia di Wuhan all’occultamento di dati e alle teorie cospirative che sostengono che il Covid-19 sia stato creato in un laboratorio di Wuhan, teoria per la quale il segretario di Stato Mike Pompeo ha affermato di avere “prove incontrovertibili” ma che è stata poi smentita dai servizi segreti. Il senatore Tom Cotton si è spinto a dire che, una volta scoppiata la pandemia, la Cina ha deliberatamente permesso al virus di uscire dai suoi confini in modo da non essere l’unico paese colpito. I servizi di intelligence hanno anche un ruolo nell’accusare la Cina sia di nascondere i dati, che di hackerare le indagini statunitensi sul virus COVID-19. Questa retorica ha dimostrato di ottenere il sostegno della popolazione, che oggi è nel fuoco incrociato della pandemia e della debacle dell’economia.

Questa svolta aggressiva contro la Cina ha avuto le sue conseguenze sia sul governo stesso, sia sulla risposta sanitaria. Trump si è orientato verso posizioni sempre più unilaterali, scegliendo di fare eco ai falchi di destra più radicali, che suggeriscono di sanzionare la Cina, respingendo i “globalisti” che insistono sulla necessità di legami economici con la Cina. La decisione di riaprire l’economia ha causato una rottura sul fronte sanitario, a cominciare da Anthony Fauci, che ha testimoniato in Senato contro una riapertura prematura. Tuttavia, oltre all’inettitudine e all’incoscienza che Trump sta dimostrando, la politica di colpevolizzazione della Cina ha anche causato il blocco o il sottofinanziamento delle ricerche comuni tra scienziati americani e cinesi. Ad esempio, l’EcoHealth Institute di New York, che ha ricevuto finanziamenti dall’amministrazione Obama, ha finora subito tagli per oltre 3 milioni di dollari, il suo budget per diversi anni.

Questi fallimenti, uniti alla ripetuta sottovalutazione del virus, alla decisione di tagliare i fondi alll’OMS con l’accusa di “aver agito per conto della Cina” e anche a grotteschi consigli sulla salute come bere candeggina, hanno creato una politica sanitaria talmente dannosa che i funzionari sanitari stanno prendendo le distanze dalla Casa Bianca. Nel frattempo, nonostante si neghi l’impatto del coronavirus, diversi dipendenti della Casa Bianca sono risultati positivi al test per il coronavirus, e lo stesso Vicepresidente Pence sta prendendo le distanze da Trump, causando una mancanza di affidabilità nei confronti dei comunicati ufficiali. Il consenso di Trump all’interno del Partito Repubblicano si sta indebolendo di fronte alle elezioni, e non ha più il sostegno delle ali più concilianti del governo. Anche alcuni funzionari esperti nelle relazioni con la Cina, molti dei quali asiatici-americani, hanno lasciato lo staff di consiglieri di Trump anche prima della pandemia, e quelli rimasti possono ora essere contati sulle dita di una mano. In questo quadro, le tendenze bonapartiste si stanno rafforzando, come dimostrano l’uso del “Defense Production Act” per riaprire l’industria della carne, che ha causato il contagio di migliaia di lavoratori a causa della mancanza di controlli, il definanziamento dell’OMS, le pressioni contro gli Stati blu per dichiararsi in bancarotta invece di richiedere finanziamenti federali, e l’incoraggiamento del presidente a mobilitarsi contro diversi governatori rivendicando la rottura della quarantena.

Questa retorica incoraggia posizioni xenofobe e razziste: gli attacchi contro gli asiatici-americani sul territorio statunitense, secondo quanto riferito, sono aumentati. C’è persino uno spot pubblicitario contro Biden che mostra intenzionalmente l’ex ambasciatore di Obama in Cina, Gary Locke (che è asiatico-americano), nominare il candidato democratico “Beijing-Biden” [Pechino-Biden]. Si rafforzano anche le posizioni anti-scienza, come si vede nella popolarità virale del documentario Plandemic, che mette in guardia da una cospirazione globale tra la Cina, Bill Gates, e l’industria farmaceutica e dà voce agli attivisti no-vax e alle accuse contro l’uso delle maschere e l’allontanamento sociale. Forse, i settori di estrema destra che stanno manifestando contro le misure di distanziamento sociale e che sono arrivati a guidare le proteste armate, sono quelli a cui Trump si rivolge nel suo rifiuto permanente di indossare una maschera in pubblico da quando è iniziata la crisi del coronavirus.

Anche i Democratici si sono impegnati in questa retorica reazionaria, e vanno addirittura oltre i repubblicani, con il candidato Joe Biden alla testa. La campagna di Biden accusa Trump di essere “troppo tenero” con la Cina e di fare troppo affidamento sul governo di Xi Jinping e, particolarmente, sulle sue statistiche. Entrambe le parti approfittano della diffidenza verso il governo cinese che i sondaggi mostrano essere alimentata dal malcontento per la crisi. Invece di fornire soluzioni ai problemi della classe operaia, specialmente ai settori più poveri, entrambi i partiti sembrano scommettere sulla divisione e sulla rabbia della classe operaia per essere indirizzati a tutti tranne che ai ricchi.

Le pressioni degli Stati Uniti hanno finalmente trovato una certa eco sulla scena internazionale. L’OMS ha scelto di inviare una missione in Cina per indagare su un possibile insabbiamento dei dati. Questa missione non è riuscita ad accedere ai rapporti ufficiali emessi dopo i primi giorni dell’epidemia di Wuhan o a raccogliere ulteriori prove conclusive contro la Cina. Il governo tedesco e i media parlano anche di chiedere un risarcimento a Xi-Jinping; anche Francia e Australia si sono unite agli Stati Uniti in questa campagna. Questo ha suscitato una risposta da parte delle autorità cinesi, che stanno anche conducendo una forte campagna anti-americana attraverso la pubblicità dei media, non solo sul territorio cinese ma anche in altri Paesi asiatici e mediorientali.

Gli Stati Uniti e i paesi dell’Unione Europea temono la crescente influenza cinese, esercitata attraverso gli aiuti umanitari e l’esportazione di materiale medico e tecnologie sanitarie. Tuttavia, i loro sforzi per contrastare questa influenza non implicano che gli Stati Uniti possano semplicemente rompere con la Cina; questo danneggerebbe innanzitutto la risposta sanitaria in un momento in cui negli Stati Uniti continuano a morire fino a 1.800 persone al giorno, in quanto il governo non può sostituire immediatamente le catene di distribuzione. Non sarebbe in grado di delocalizzare immediatamente le industrie colpite, non solo quelle mediche, ma anche quelle tecnologiche e altre, soprattutto nel contesto della crisi, e una tale azione danneggerebbe anche gli agricoltori che dipendono dalla Cina per acquistare i loro prodotti.

Le tensioni tra i due paesi si stanno accentuando nel vivo della crisi, poiché entrambi sperano di emergere con un vantaggio per commercializzare il vaccino o un trattamento efficace contro il coronavirus, o almeno per schiacciare il nemico e guadagnare terreno a livello internazionale. Questa competizione criminale si sta svolgendo sulla vita di milioni e milioni di persone, di cui i più colpiti sono i lavoratori, le minoranze e i popoli che soffrono l’oppressione imperialista. I discorsi sulla globalizzazione sono ormai lontani: i governi capitalisti offrono solo disastri. Una risposta internazionale alla pandemia non verrà da loro, ma solo dalla classe operaia.

 

Ana Rivera

Traduzione da Left Voice

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