Nonostante Stellantis sia il principale gruppo industriale in Italia, lo sciopero dei lavoratori dell’auto che coinvolge la multinazionale negli USA sta facendo poca notizia. Nel frattempo, anche gli stabilimenti italiani del gruppo sono in fermento. Nell’articolo, approfondiamo la dinamica dello sciopero negli Stati Uniti e cerchiamo di capire come prendere esempio in Italia.


Da oltre una settimana i lavoratori delle principali multinazionali dell’auto presenti negli Stati Uniti sono in sciopero. Oltre a General Motors e Ford, è coinvolta anche la franco-italiana Stellantis, il principale gruppo industriale per manodopera nel nostro paese. I lavoratori USA chiedono aumenti del 30%, la regolarizzazione dei contratti precari e una riduzione dell’orario di lavoro a 32 ore. Si tratta di rivendicazioni molto avanzate, che si inseriscono in un quadro in cui queste multinazionali hanno accaparrato profitti enormi, con gli stessi aumenti dei prezzi che hanno eroso i salari dei lavoratori.

L’importanza dello sciopero sta inoltre nel peso che l’assemblaggio auto gioca nella manifattura statunitense, con oltre 250.000 operai. Non è un caso che il Presidente Biden abbia fatto di tutto per evitare l’ingresso in scena di questi lavoratori. Le pressioni nei confronti dei vertici sindacali non hanno però funzionato, mentre il Congresso non ha mezzi giuridici per mettere il veto, come successo lo scorso inverno in occasione del minacciato sciopero dei ferrovieri, con la complicità, non solo del ‘centro’ del Partito Democratico, ma anche delle sinistra ‘socialista’ che ha come punto di riferimento la rivista Jacobin e i Democratic Socialists of America.

 

Le contraddizioni della mobilitazione e l’esigenza di organizzarla ‘dal basso’

La direzione dello UAW (United Auto Workers) è storicamente più radicale di quella dell’AFL-CIO, la principale confederazione sindacale USA di cui il sindacato dell’automotive fa parte. Già negli scorsi anni sono state ingaggiate dure battaglie contro le multinazionali del settore. Tuttavia, più che da mettere in relazione alla combattività dei vertici sindacali, lo sciopero è da inquadrare nel più generale contesto di sindacalizzazione e allargamento degli scioperi che caratterizza gli Stati Uniti dal periodo post-Covid in poi. Negli ultimi tempi ha avuto grande eco mediatica lo sciopero degli attori e degli sceneggiatori di Hollywood, ma è stato solo l’ultimo di una lunga serie, mentre i ‘millennials’ vengono sempre più etichettati come U-Generation (U di union, sindacato).

Questo rilievo è significativo se si osserva un po’ più da vicino la dinamica che sta avendo lo sciopero, nei fatti depotenziato dalla strategia sindacale. Attualmente solo il 10% dei lavoratori di Stellantis, General Motors e Ford è coinvolto. Questo ha a che fare con una comprensibile logica ‘ad escalation’. Tuttavia, in Ford, dove l’azienda si è mostrata più favorevole a fare concessioni, lo UAW ha ridotto la mobilitazione a un solo stabilimento. Si tratta evidentemente di una manovra corporativa con un impatto negativo sull’unità dei lavoratori nella lotta. Inoltre, se la partecipazione ai picchetti dei lavoratori è entusiasta, non sono assemblee di base coordinate a decidere i passi della mobilitazione, invece dettati dai vertici sindacali. C’è poi da aggiungere che i lavoratori di altre multinazionali come Honda, Volkswagen, Toyota, e Tesla (l’altra metà dei lavoratori dell’assemblaggio auto), oltre ai restanti 700.000 operai dell’indotto, sono poco o nulla sindacalizzati. Tuttavia, lo UAW non si sta attivamente impegnando per coinvolgerli nella vertenza.

 

Fermento tra i lavoratori anche in Italia

In questo periodo anche nel nostro paese, Stellantis è in subbuglio: a maggio una settimana di scioperi a singhiozzo lanciati dalla FIOM e dallo Slai Cobas ha interrotto la produzione a Pomigliano contro l’aumento dei ritmi. Il 2 settembre il sindacato di base Slai Cobas ha chiamato ancora i lavoratori a incrociare le braccia a Pomigliano ottenendo il 50% di adesioni al primo turno. Nelle scorse settimane a Melfi, la FIOM ha lanciato uno sciopero di 8 ore per avere chiarezza sul piano industriale della multinazionale e protestare contro le condizioni a cui sono sottoposti i trasfertisti inviati dalla Basilicata a alla Campania.

Se quest’anno i volumi di auto prodotti sono sensibilmente aumentati, le pressioni sulla forza-lavoro sono aumentate, mentre l’elettrificazione e le strategie di Stellantis, che cerca di dividere i lavoratori nelle varie geografie in cui è presente, mettono a repentaglio le prospettive occupazionali. Come abbiamo già scritto, questo non vuol dire che i lavoratori hanno meno potere e possibilità di far male al padrone con l’arma dello sciopero: se è vero che c’è il pericolo di un ridimensionamento in Italia, le auto a medio-alto valore aggiunto su cui il padrone fa più profitto non verranno delocalizzate significativemente.

 

Prendere esempio dagli Stati Uniti e ‘fare meglio’.

Anche in Italia come negli Stati Uniti, il principale sindacato dei lavoratori dell’auto, la FIOM, dovrebbe farsi carico di organizzare uno sciopero unitario in tutti gli stabilimenti. Questa non sembra però la posizione della direzione della federazione dei metalmeccanici, improntati a privilegiare i negoziati con il ministero dell’industria. È necessario lavorare affinché questa inerzia venga spezzata, lavorando per favorire co-ordinamenti di lavoratori a prescindere dalla sigla sindacale. In alcuni impianti come Pomigliano, infatti, sindacati di base come lo Slai Cobas, hanno raggiunto una certa influenza, mentre in altre fabbriche vi sono presidi di lavoratori iscritti a USB. I lavoratori influenzati da CISL e UIL, firmatari degli accordi capestro targati Marchionne, sono inoltre da sfidare con una proposta di lotta dal bassa, cessando di usare come foglia di fico il fatto che i vertici venduti di queste strutture non hanno intenzione di mobilitarsi.  

In questo quadro, sarebbe importante che anche gli attivisti e i gruppi della sinistra che fa riferimento alla classe lavoratrice, e non solo, si attivassero in questa direzione. Nello spirito della convergenza emerso con la lotta GKN, il movimento ecologista dovrebbe muoversi attivamente per favorire uno sciopero generale in Stellantis e dare gambe alla parola d’ordine di una transizione alla mobilità elettrica sotto il controllo dei lavoratori e dei territori.

 

Django Renato

Ricercatore indipendente, con un passato da attivista sindacale. Collabora con la Voce delle Lotte e milita nella FIR a Firenze.