L’autunno caldo dei padroni sembra esser iniziato con un po’ di anticipo quest’anno contraddistinto dalla pandemia e dalla crisi economica e sanitaria che ha generato. A Modena, in particolare, iniziano i maxi processi più grandi della storia della città per i lavoratori delle aziende Italpizza e Alcar Uno.


L’impianto modenese di preparazione e lavorazione delle pizze fu al centro di una delle tante durissime vertenze di quel territorio, i lavoratori chiesero a gran voce che gli venissero riconosciuti i diritti sindacali fondamentali, fra i quali quelli di potersi associare alla sigla sindacale Si Cobas Lavoratori autorganizzati e l’applicazione del contratto nazionale alimentaristi.

Decine furono gli scioperi e i picchetti, sempre colpiti con molta durezza da parte delle forze dell’ordine, ed ora 120 lavoratori, solidali e sindacalisti vanno alla sbarra con vari capi di accusa dalla manifestazione non autorizzata a resistenza a pubblico ufficiale, lesioni, invasioni di edificio privato e ovviamente la comune violenza privata, oramai utilizzata scientificamente per colpire in particolare chi riesce a bloccare i cancelli dei magazzini e impianti soprattutto nella logistica e nel trasporto merci.

Gli scioperi alla Alcar Uno coinvolsero decine di lavoratori, quasi tutti immigrati.

Parallelamente a questo si terrà anche il processo per altre decine di lavoratori riguardanti gli scioperi e le proteste alla Alcar Uno di Castelnuovo Rangone. La stessa Alcar Uno azienda di lavorazione di carni salita all’onore delle cronache qualche anno fa quando si tentò di incastrare il coordinatore nazionale della sigla sindacale Si Cobas, Aldo Milani, con un goffo tentativo poi finito male per padroni e forze dello Stato. La stessa Alcar Uno che a marzo di quest’anno è finita sotto la lente della Guardia di Finanza per 80 milioni di evasione fiscale.

Questi processi non devono stupire, sono solo la prova che, anche di fronte a efferatezze e illegalità conclamate di ogni genere da parte delle aziende, i lavoratori e le lavoratrici non hanno alcun diritto a difendersi e il bastone della repressione deve necessariamente e incessantemente abbattersi su chi protesta e mette in discussione il sacro diritto delle aziende di fare profitti, costi quel che costi. Perché questo è il punto, i lavoratori e le lavoratrici sotto processo non finiscono in tribunale per aver causato danni o per aver commesso violenze, vengono processati “semplicemente” perché hanno bloccato la merce causando danni economici, ovvero quello che dovrebbe avvenire in conseguenza ad uno sciopero. Poco o niente importa se le stesse aziende che li sfruttano, nella più totale impunità e per anni hanno commesso ogni tipo di illecito possibile ai danni di quei lavoratori e lavoratrici e persino ai danni dello Stato che dovrebbe, nella fantasiosa narrazione dei “democratici”, essere il conciliatore degli attriti tra classi sociali.

Questa azione repressiva di massa inaugura un autunno che sarà molto difficile per gli operai, per gli studenti e per tutte le fasce di popolazione già messe in seria difficoltà dalla crisi sanitaria ed è certamente un campanello di allarme e un avvertimento per tutti quelli che vorranno rispondere con la lotta alle manovre di governo e padroni.

 

CM