Sono state due giornate roventi per i lavoratori della FedEx-TNT in Italia come in tutta Europa. Mentre la multinazionale americana del trasporto merci annunciava un piano che prevedrebbe fino a 6300 licenziamenti i lavoratori impegnati nei magazzini hanno dato vita ad una imponente ondata di scioperi a Liegi, in Belgio e in tutta Italia, da Milano a Piacenza, da Bologna a Firenze, da Roma a Napoli.


La decisione dell’azienda arriva non inaspettata comunque, da quando FedEx ha acquisito la TNT si è parlato spesso di riduzioni di personale e ristrutturazioni aziendali e già in Italia c’è stata una prima ondata di questo genere quattro anni fa.

Nell’impianto belga di Liegi, in particolare, che occupa ad oggi 1700 dipendenti e dove gli esuberi sarebbero 671 per 48 ore si è registrato il blocco di tutte le attività tanto che gli aerei del trasporto merci non hanno potuto raggiugere la destinazione.

In Italia la situazione è ancor più confusa infatti i licenziamenti a cui fa riferimento la multinazionale sarebbero indirizzati verso i lavoratori diretti. E le migliaia di lavoratori assunti in appalto, ovvero la strgrande maggioranza dei lavoratori magazzinieri e driver? Nessuna risposta certa, ieri al secondo giorno di sciopero indetto dall’organizzazione sindacali Si Cobas si sono uniti anche gli aderenti alla sigla ADL Cobas presente principalmente in Veneto, mentre delle organizzazioni confederali CGIL CISL e UIL ancora non si sa nulla.

Per quanto riguarda lo sciopero nei confini nazionali si può dire che sia completamente riuscito, tanto che oggi stesso l’azienda ha diramato un comunicato in cui si dichiara che i servizi nazionali e internazionali di ritiro e consegna sono momentaneamente sospesi nelle filiali servite dai magazzini di Bologna, Brescia, Modena e Napoli. Ovviamente la responsabilità viene scaricata ancora una volta, e non è la prima, sui lavoratori in sciopero.

Assemblee e scioperi si sono susseguiti per due giorni in tutta Italia

Su quest’ultimo punto in particolare è necessario fare una riflessione molto importante. Mesi fa, di fronte al licenziamento di 60 lavoratori interinali nel magazzino di Milano e il conseguente blocco nazionale indetto dal sindacato, FedEx accusava le sigle sindacali combattive per eventuali tagli al personale scaricando tutta la crisi sull’ultima ruota del carro: gli operai. Oggi, a mesi di distanza, magari FedEx vuole raccontare ancora la storia secondo cui una ristrutturazione continentale che porterà al licenziamento di 6000 lavoratori e lavoratrici sia dovuta agli scioperi di un paio di organizzazioni sindacali in un paese dell’Unione Europea? Sarebbe ovviamente ridicolo.

No, la realtà è una soltanto: la multinazionale da anni, dopo l’acquisizione di TNT, perde posizioni verso la concorrenza sempre più spietata degli altri giganti del settore e questa crisi la vuole scaricare su migliaia di lavoratori che fino a qualche anno fa non si vedevano riconosciuti nessun diritto per quanto basilare, spesso stranieri (almeno in Italia), sempre ipersfruttati con il sistema di appalti e subappalti affidati a cooperative quantomeno ambigue. Da allora i tempi sono cambiati e molti di quei diritti negati i lavoratori se li sono guadagnati con giorni e giorni di sciopero, resistendo alla repressione e alle minacce.

Ora questa combattività va usata per organizzare una resistenza ai piani di ristrutturazione mortiferi dell’azienda. Rivendicare l’unità tra tutti i lavoratori in appalto e i lavoratori diretti disponibili alla lotta con o senza tessera sindacale e appellarsi alla solidarietà internazionale fra tutti i lavoratori in Italia, in Belgio e ovunque la FedEx proverà a licenziare.

 

CM

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