Riceviamo e pubblichiamo un primo contributo, da parte del sindacato dei professori ANDU, di analisi e discussione sulla bozza del Piano per l’Università, uno dei pilastri del piano di misure e investimenti connessi all’utilizzo dei fondi europei Next Generation EU, chiamato “Piano di resistenza e resilienza“.


Quanto previsto dal Piano per l’Università va nella direzione di creare ulteriore precariato e snatura ancor più i valori dell’Università, secondo logiche e interessi pesantemente aziendalistici.

Certamente questo Piano non farà aumentare, come pretenderebbe, il numero degli studenti con una formazione di qualità che solo un insegnamento di salde basi e competenze generali può dare. Infatti nel Piano poco o nulla è previsto per un conseguente potenziamento della capacità di offerta formativa a livello universitario, se non una fumosa attenzione sulla interdisciplinarità a discapito del potenziare la formazione di competenze generali che a lungo termine sono quelle che permettono flessibilità, intraprendenza e capacità nel mondo del lavoro. E ‘naturalmente’ nello stesso Piano nulla viene detto sull’indispensabile e sempre più urgente revisione del “3 + 2”, una nefasta riforma imposta senza la consultazione dell’Università.

Il Piano, in particolare, prevede l’invenzione di 20 eccellenti “campioni territoriali”, così come sono stati inventati l’IIT e, più recentemente, la Scuola meridionale di Napoli, senza che il mondo universitario sia stato in alcun modo coinvolto.

Sempre a servizio delle imprese, si scaricano sull’Università statale i costi di una formazione a loro strettamente funzionale. Infatti “si punta alla costruzione di percorsi formativi che rispondano alle esigenze dei fabbisogni professionali delle imprese, etc.”. Così si sfornerebbero “risorse umane” praticamente mono-competenti, disconoscendo ancora il modello di formazione generale e vasta che “licenzia” professionisti non specializzati, ma che li rende in grado di operare in piena autonomia in un’ampia varietà di settori diversi, dopo un breve periodo di formazione specifica.

Questi nuovi percorsi formativi sono praticamente un regalo all’impresa e un enorme danno agli studenti che avranno meno competenze e quindi minori capacità e possibilità, un domani, di reimpiegarsi in settori diversi. Siamo all’’usa e getta’.

L’anima del piano

In conclusione, vogliamo dire che non ci paiono fondate le critiche di coloro che sostengono che il Piano governativo non abbia un’anima.

L’anima ce l’ha, eccome! E’ l’anima della Confindustria e di quei poteri forti che hanno ‘ispirato’ tutti i provvedimenti sempre in una logica di mercato e per i mercato, che non hanno invece mai previsto per l’Università investimenti e riforme che da decenni sono urgenti: vero diritto allo studio (con abolizione delle tasse e del numero chiuso), abolizione del precariato con proroga degli attuali precari fino all’espletamento del bando di almeno 20.000 posti di professore di ruolo, docente veramente unico e abolizione di ogni prova locale, organismo nazionale per rappresentare veramente il Sistema nazionale universitario statale e difenderlo dai poteri forti interni ed esterni e per farla finita con la artificiosa competizione fra gli atenei statali, cancellazione della figura del rettore-sovrano assoluto, ecc. Quegli stessi poteri che, anche recentemente, tanto hanno invece chiesto e ottenuto per le Università private.

Quello che il Piano invece soprattutto prevede è di finanziare, ancora una volta, quel mondo manageriale che nei decenni poco o nulla ha dato all’Università e alla ricerca e che, assieme a un potente gruppo di professori universitari, ha dettato (letteralmente) legge sull’Università statale per smantellarla.

Esecutivo nazionale ANDU

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