I migranti sono più esposti alle infezioni a causa della mancanza di diritti sociali e politici, sia nei loro paesi di origine, di transito e di arrivo, causando un significativo deterioramento della loro salute. Le autorità devono fermare gli arresti e le deportazioni contro di loro.


Data la rapida diffusione della variante Omicron di Covid-19 nelle prime settimane dell’anno, l’infezione tra i migranti negli Stati uniti è fuori controllo, dato che da 285 casi confermati il 3 gennaio 2022 dalle autorità dell’Immigration and Customs Enforcement (ICE), al 14 gennaio c’erano già 1.766 infezioni, un aumento del 520%.

Questa situazione potrebbe avere un impatto a breve termine sui paesi verso i quali vengono poi espulsi i migranti, come il Messico. Anche se la vulnerabilità è più alta tra i migranti che subiscono una discriminazione strutturale e sistematica con politiche più razziste e xenofobe, le autorità statunitensi stanno lo stesso deportando centinaia di migranti ogni giorno, applicando il Titolo 42 o con il loro programma razzista e xenofobo Stay in Mexico, reimplementato il mese scorso dalla Casa Bianca con l’accordo del governo messicano.

Gli organi repressivi degli Stati, come il Border Patrol dal lato statunitense e la Guardia Nazionale dal lato messicano, insieme ai funzionari delle agenzie o degli istituti di migrazione, trattengono i migranti ai valichi di frontiera dove, oltre a tenerli sottomessi per lunghe ore, li portano poi in centri di detenzione che, come abbiamo già segnalato, assomigliano a veri e propri campi di concentramento, e devono aspettare settimane o mesi perché le autorità processino le loro richieste di asilo.

Il rischio per i migranti – che cercano nuove opportunità di lavoro per accedere a una vita libera dalla violenza e dalla povertà – è maggiore nei centri di detenzione e nei rifugi a causa della mancanza di protocolli sanitari essenziali, essendo spazi chiusi, piccoli e comuni dove è difficile mantenere una distanza salutare, e dove non vengono applicati test preventivi prima dell’espulsione; è anche noto che i detenuti non hanno un programma completo di vaccinazione contro il Covid-19, né hanno scorte sufficienti per evitare il contagio durante il loro soggiorno e transito.

Va notato che il 22 aprile 2020, un messicano deportato dagli Stati Uniti è stato la fonte sospetta di un focolaio di Covid-19 rilevato in un rifugio nella città di Nuevo Laredo, secondo le autorità messicane; il Dipartimento della Salute di Tamaulipas ha riferito, in quell’occasione, che quindici persone sono state colpite nel primo focolaio nel nostro paese legato alle espulsioni dove, inoltre, il governo del Guatemala ha riferito che almeno 50 migranti deportati dagli Stati Uniti erano risultati positivi.

Così, dall’inizio della pandemia, più di 32.000 migranti sotto la custodia dell’ICE sono risultati positivi al virus. Secondo Eunice Rendón, coordinatrice di Agenda Migrante, “dal 15 marzo, centinaia di migranti stanno tornando nel nostro paese ogni giorno, e alcuni di loro sono sicuri di essere infettati”, ha detto a Excélsior.

La salute è un diritto universale

La vulnerabilità di settori della popolazione in situazioni di discriminazione strutturale e sistematica è molto alta, come nel caso dei migranti; la loro condizione è aggravata dal fatto che non hanno diritti politici e sociali, come l’accesso alla sanità pubblica o la mancanza di un lavoro in cui ricevere uno stipendio per comprare beni di prima necessità e cibo, e tanto meno per avere una vita decente.

Nel frattempo, le autorità messicane continuano a subordinarsi agli ordini imperialisti, garantendo più militarizzazione alle frontiere, più detenzioni ed espulsioni senza protocolli sanitari e trattando i migranti come se fossero persone di seconda classe, mantenendoli supersfruttati e in condizioni di semi-schiavitù, invece di garantire i loro diritti umani, che sono lettera morta nei trattati internazionali.

Perché siano garantiti i diritti politici e sociali di coloro che migrano, è necessario forgiare un movimento della classe lavoratrice su entrambi i lati della frontiera, indipendente dai partiti politici di regime, per lottare contro la xenofobia e il razzismo, in unità con il movimento delle donne, la gioventù militante, i contadini poveri e gli indigeni, lottando contro le politiche razziste e xenofobe dei governi, perché siamo noi che possiamo imporre il libero transito e l’apertura di tutte le frontiere del mondo, così come l’accesso universale alle cure sanitarie.

Diana Bruja Palacios

(redazione di La Izquierda Diario)

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