Nelle ultime settimane, il movimento studentesco è tornato protagonista in Italia con manifestazioni di piazza e occupazioni di istituti. Per capire meglio cosa sta accadendo abbiamo incontrato Matteo e Paolo, due studenti universitari dell’ateneo di Firenze, già militanti negli Studenti di Sinistra, ora attivi nel gruppo di solidali che da oltre 7 mesi sostiene la battaglia dei lavoratori della GKN di Campi Bisenzio, alle porte del capoluogo toscano.


La prima domanda vi suonerà forse scontata, ma vorremmo sapere qualcosa di più sulle ragioni che hanno riattivato il movimento studentesco in Italia…

Pensiamo che ci siano due fattori principali. Da un lato, questa esplosione apparentemente improvvisa è il prodotto di un lento accumularsi di energie radicali che si sono gradualmente sedimentate. A partire dall’autunno, abbiamo assistito ad una serie di ondate di occupazioni che hanno visto protagoniste prima Firenze e poi Roma. All’apice, il movimento ha conquistato qualche spazio sui quotidiani e sui media meno tradizionali. Nel momento in cui si è ritirato è invece scomparso dalla scena pubblica. Questo arretramento, benché generalizzato, non è stato uniforme. In alcune città, il movimento non è scomparso del tutto. A singhiozzo le occupazioni sono andate avanti. Si è spesso trattato di fenomeni sporadici e di breve durata, ma che hanno garantito una continuità temporale alle proteste ed evitato una dispersione completa delle energie attivate in autunno. Dall’altro lato, vi è stata chiaramente una forte reazione emotiva di fronte alla notizia della morte di Lorenzo Parelli, uno studente della provincia di Udine di appena 18 anni che stava svolgendo il suo ultimo giorno di stage lavorativo. In maniera istintiva, vi è stato subito un tentativo di indire delle manifestazioni in varie città italiane. Nel complesso, queste non hanno attratto molti studenti oltre a quelli già appartenenti alle strutture. La situazione è invece cambiata la settimana successiva, quando anche grazie al sommarsi della tematica delle prove della maturità, si sono contati nelle piazze italiane circa 100mila studenti. Un numero che rimane certamente inferiore a quanto vorremmo vedere, ma che non può essere ignorato.

Questo movimento di protesta ha anche assaggiato i manganelli delle forze di polizia. A cosa si deve, secondo voi, questa reazione particolarmente violenta da parte della celere?

Non crediamo che sia possibile fornire una risposta univoca a questa domanda. In alcune piazze, come Roma e Torino, l’atteggiamento della polizia è stato apertamente violento. In altre però, la condotta degli agenti è stata diversa. Esiste certamente un livello di repressione del dissenso che al momento è molto alto in Italia. Negli scorsi mesi lo abbiamo visto sia nei confronti del movimento operaio che nei riguardi delle proteste ambientaliste. Al tempo stesso, gli effetti che una repressione su vasta scala possa sortire rimangono dubbi. In determinate circostanze, questa può certamente contribuire a deflettere un nascente movimento di protesta. In altre, tende invece a radicalizzarlo. Nel loro tentativo di evitare il coagularsi di significativi focolai di protesta, gli apparati repressivi sembra quindi che procedano a tentativi. Qualche volta, questa tattica rischia anche di ritorcersi contro di loro. Per quanto tutto sia finito ovviamente in un nulla di fatto, per alcuni giorni il ministero dell’interno e la sua titolare, Luciana Lamorgese, sono stati al centro dell’attenzione mediatica per le manganellate della polizia sugli studenti.

Sul calendario politico la data del prossimo 26 marzo è segnata in rosso. Il collettivo di fabbrica della GKN ha già più volte chiesto di tenersi liberi ed essere pronti a convergere su Firenze per una grande manifestazione nazionale. Come movimento studentesco fiorentino cosa state facendo per spingere ad un’ampia partecipazione?

Riteniamo la data del 26 marzo fondamentale e per questo stiamo lavorando a pieno regime per la sua riuscita. In valutazione del fatto che il movimento universitario sembra decisamente meno brillante e attivo di quello studentesco, ci siamo concentrati soprattutto sugli studenti delle medie superiori. Consideriamo la partecipazione più probabile quando sussistono due elementi: la vicinanza territoriale e la presenza di organizzazioni che possono coagulare il dissenso. Per queste ragioni siamo partiti dalla Toscana e abbiamo fatto tappa a Livorno e Pisa, dove gli studenti erano già in mobilitazione dopo la morte di Lorenzo e abbiamo avuto una risposta molto positiva. Nelle prossime settimane andremo anche a Siena, Lucca e in Versilia, nella speranza di replicare il successo. Allo stesso tempo, abbiamo anche lavorato sul livello nazionale: siamo stati a Roma all’assemblea della Lupa, a Jesi dove in occasione dell’Insorgiamo tour della GKN abbiamo incontrato il movimento studentesco delle Marche ed infine ci siamo confrontati con i vari collettivi dell’ex-Opg – Napoli, Padova, Catania e Palermo. Abbiamo anche parlato con tutte le strutture organizzate della sinistra a livello studentesco e universitario, senza distinzione alcune. In ogni occasione cerchiamo di portare l’esperienza della GKN e la parola d’ordine dell’unità tra studenti e lavoratori.

Questo mi conduce proprio alla prossima domanda. A partire dal 9 luglio, quando è arrivata la comunicazione dell’avvio della procedura di licenziamo per i lavoratori della GKN, tutte le realtà politiche fiorentine e dell’hinterland hanno vissuto mesi di intensa attività. Quali sono le principali lezioni che traete da questa vertenza?

Quello alla GKN non è stato solamente un percorso di lotta, ma anche di formazione politica. Abbiamo imparato cosa significa fare attività sindacale in maniera realmente conflittuale, al di là di una retorica fatta di vuota retorica massimalista. Soprattutto però, ci siamo accorti che quando senti di appartenere a qualcosa più grande di te, più grande della realtà politica nella quale militi, allora smetti di pensare in termini di piccolo cabotaggio. Ti rendi conto che le tue azioni si riflettono sulla lotta stessa e ne vieni automaticamente responsabilizzato. La lotta ti spinge letteralmente avanti e te procedi a balzi per non perdere contatto con questa.

Siamo anche certi che alcune lezioni di questa vertenza straordinaria per intensità e durata le dobbiamo ancora assimilare a pieno. Possiamo comunque dire che vediamo con una certa chiarezza cosa manca al movimento per un ulteriore salto di qualità: un nucleo di quadri politici. Fino a quando militi nelle università, questo limite non lo avverti. In un certo senso, sei quasi spinto a mantenere volontariamente separata la lotta economica da quella politica. Poi, il movimento operaio scende in campo e alcune delle tue certezze si sfaldano.

Chiudiamo con un quesito che riguarda il domani. Molti militanti politici hanno la propria formazione negli anni scolastici e dell’università. Non si rimane però studenti per sempre. Come vedete il vostro futuro politico?

Questo è certamente un quesito che ci siamo posti, per quanto non abbiamo una risposta e questa non può in ogni caso essere collettiva, dato che poi ogni singolo deve seguire le proprie inclinazioni, . Abbiamo però preso coscienza dei nostri limiti, di quello che ci manca e del fatto che non vogliamo assolutamente creare una nuova area politica in città. La frammentazione ha già raggiunto un livello critico e non pensiamo che ci sia nessuna necessità di aumentarla ulteriormente. Forse però, la risposta a questa domanda non riguarda solamente noi. Qualcosa si muove e speriamo che vi siano le premesse per l’emersione di una forte organizzazione di classe. Non è facile, lo sappiamo bene. Nessuno però avrebbe mai scommesso che l’occupazione della GKN sarebbe potuta durare così tanto e invece lo ha fatto. Nonostante le piccole ali e la stazza tozza, i calabroni volano perché nessuno ha insegnato loro che non lo possono fare.

 

Intervista a cura di Gianni Del Panta

Gianni Del Panta, studioso di scienze politiche, vive a Firenze ed è autore di "L'Egitto tra rivoluzione e controrivoluzione: da Piazza Tahrir al colpo di stato di una borghesia in armi" (Il Mulino, 2019).