Gli studenti medi sono scesi in piazza in oltre 40 città in una mobilitazione che rilancia quelle scoppiate dopo la morte dello studente Lorenzo Parelli durante un tirocinio “formativo” non pagato.


Decine di migliaia di studenti hanno animato cortei e mobilitazioni in oltre 40 città in tutto il paese, continuando la scia di mobilitazioni che la rabbia per la morte del diciottenne Lorenzo Parelli, morto mentre lavorava gratis come moltissimi suoi coetanei studenti, alla quale è seguita la morte di un altro studente, Giuseppe Lenoci, in circostanze simili a Fermo.

La profonda ingiustizia del lavoro insicuro e gratuito a cui sono costretti gli studenti italiani a seguito delle riforme della scuola che sono culminate nella “Buona Scuola” del governo Renzi, con la tragica morte di Parelli, hanno finalmente scatenato un moto d’indignazione che è andato molto oltre la platea degli studenti, tornando a essere un argomento del dibattito di massa e sui grandi media: lo stesso fatto che ci sia stata una copertura giornalistica reale della giornata di oggi, col rilancio addirittura (persino di Tgcom24 di Mediaset!) della cifra evidentemente “arrotondata” di 200.000 partecipanti complessivi, testimonia che lo Stato ha forse tirato troppo la corda su questo fronte. La pioggia di miliardi promessa anche alla scuola col PNRR europeo, si scontra con la reale situazione della scuola italiana, dove non è mai partito il più che necessario piano di messa in sicurezza strutturale degli edifici (che in maggior parte sono più o meno pericolanti), dove continuano a esserci classi-pollaio troppo numerose, dove vengono assunti troppo pochi insegnanti, precari e malpagati, e dove le misure contro la pandemia si sono rivelate a dir poco contraddittorie e insufficienti.

Le rivendicazioni centrali delle piazze sono state le dimissioni del ministro Bianchi, che non ha mosso concretamente un dito dopo la morte di Parelli, e l’abolizione del PCTO, il programma che ha ereditato l’alternanza scuola-lavoro, cioè il lavoro gratuito “formativo” imposto a tutti gli studenti, che fa parte di tutto un ciclo di precarizzazione e impoverimento delle nuove generazioni, rendendo il lavoro fisso garantito da un contratto un “privilegio” limitato a una minoranza netta di lavoratori e lavoratrici giovani, che sono stati abituati da anni al lavoro gratuito come a una tappa normale, ordinaria della loro carriera lavorativa.

Le piazze più popolate e calde sono state quelle di Torino, Milano, Bologna, Roma, Napoli,Palermo e Cosenza: nella città calabrese, la mobilitazione contro la cappa sessista del liceo Valentini-Majorana è confluita con oltre mille studenti nel corteo di oggi. A Torino e Bologna ci sono stati i momenti più significativi di tensione con le forze di polizia, con sette carabinieri feriti a Torino.

C’è da rilevare come, nel clima di rilassamento delle mobilitazioni nel paese, che ancora non risentono dello spaventoso caro bollette contro il quale il governo ha ora annunciato un decreto da 7 miliardi di euro, gli studenti si stanno trovando relativamente isolati, con una serie di date e percorsi di mobilitazione della classe lavoratrice che, contrariamente alla sacrosanta invocazione degli operai GKN a convergere per insorgere, non stanno avanzando nell’unione di rivendicazioni e date di lotta. Così, oggi c’era uno sciopero del settore scuola indetto da USB che, nella roccaforte romana, quasi non ha comportato la presenza di lavoratori in piazza, mentre in altre città c’è stata una modesta presenza di settori del sindacalismo di base. Fa specie che proprio oggi si aprissero a Roma gli “Stati generali della scuola” di CGIL e delle aree (anche studentesche) ad essa associate, ma che questi settori non abbiano sostanzialmente partecipato alla mobilitazione di oggi, se non in casi simbolici. In questo senso, la mancata mobilitazione della Rete Degli Studenti e una partecipazione dell’Unione Degli Studenti non proprio in grande stile hanno depotenziato non poco una giornata che, seppure piuttosto isolata dalle organizzazioni dei lavoratori, avrebbe potuto segnare una risposta di massa ancora più pesante alla Cura Confindustria del governo Draghi.

Ciò è ancora più grave, dal momento che ancora è lontana un’unità di rivendicazioni e di mobilitazioni tra studenti e insegnanti, che potrebbe coinvolgere direttamente anche una larga fascia di precari e laureati che aspettano di poter partecipare agli esami nazionali di abilitazione all’insegnamento che si stanno tenendo con ritardi mostruosi rispetto alla tabella di marcia originaria.

Bisogna rispondere ai capitalisti, che fanno lavorare gratis gli studenti, che rendono l’istruzione uno strumento delle aziende, e che scaricano i costi della loro crisi sulla crisi lavoratrice con la complicità dei governi, con un’unica lotta politica contro questo loro sistema che sta distruggendo ogni possibilità di un futuro dignitoso per la grande maggioranza!

Giacomo Turci

Nato a Cesena nel 1992. Ha studiato antropologia e geografia all'Università di Bologna. Direttore della Voce delle Lotte, risiede a e insegna geografia a Roma nelle scuole superiori.