Abbiamo intervistato Adrien Cornet, delegato CGT alla Total Grandpuits e fra i protagonisti degli ultimi cicli di lotta in Francia: parliamo con lui delle lotte operaie precendeti il movimento contro la riforma delle pensioni, della connessione tra classe operaia, gioventù e ecologismo militante, e del fattore-chiave che i rivoluzionari possono giocare per collegare e politicizzare le lotte.


Abbiamo intervistato Adrien in occasione del congresso di fondazione di Révolution Permanente lo scorso dicembre 2022: Adrien, oltre che militante di RP, è un delegato CGT a Grandpuits (GP), ex raffineria Total della periferia parigina (ora deposito), protagonista di una dura lotta contro la sua chiusura nell’inverno 2020. Una conversazione ancora del tutto attuale per comprendere come gli scioperi contro la riforma delle pensioni e di questo inverno non si manifestino come un fulmine a ciel sereno. La lotta a GP è stata in parte un prodromo degli scioperi dell’autunno 2022, con protagonisti i lavoratori delle raffinerie, i quali, a loro volta, sono stati tra le avanguardie delle mobilitazioni di queste settimane.

Come in Italia con GKN, i lavoratori di GP hanno inoltre cercato attivamente il coinvolgimento di studenti ed ecologisti. Con Adrien parliamo anche dell’importanza dell’intervento dei marxisti rivoluzionari per evitare che lotte operaie molto avanzate rimangano isolate e\o si disperdano, ma che diventino invece un capitale politico per le lotte future.

Ci puoi parlare di quali sono stati i passaggi fondamentali della lotta a Grand Puits (GP) dell’inverno 2020?

La lotta inizia subito dopo l’attacco di Macron alle pensioni del 2019, a dicembre. Il 5 dello stesso mese, data del grande sciopero generale contro la riforma, noi eravamo in prima linea: la spinta venne da una vera e propria radicalizzazione e auto-organizzazione dei lavoratori che ci aveva già permesso, in un periodo precedente, di radicarci come CGT a Grandpuits. Il Covid ha arrestato sia gli scioperi che la riforma delle pensioni, e allo stesso tempo abbiamo appreso che la raffineria potrebbe non ripartire, perché hanno fermato la produzione, dato che con il lockdown c’è molto meno consumo di carburante. L’azienda ne ha approfittato per fare dei lavori: c’era una perdita nell’oleodotto che ancora attualmente rifornisce la raffineria di greggio di Le Havre in Normandia. Si tratta di un oleodotto enorme, che risale agli anni Sessanta; è molto usurato e nel 2018 si è verificata anche una grossa perdita. Inoltre, siamo venuti a sapere che l’oleodotto sarebbe ormai inutilizzabile, 260 km di tubi che devono essere sostituiti, e secondo Total questo costerebbe 500 milioni. È irrealizzabile, ci dicono. La realtà è però che Total già dal 2010 sta delocalizzando la raffinazione in Paesi dove gli standard sociali sono inferiori a quelli francesi, quindi l’obiettivo non è certo andare là per aiutare i paesi in via di sviluppo ad aumentare le capacità industriali per i bisogni locali. Ad esempio, a Dubai, non c’è un grande mercato di auto da soddisfare… in questo contesto globale di politica di deindustrializzazione e di green-washing da parte di Total (“pensiamo al post-petrolio, alla carbon neutrality 2040, ci riconvertiamo”), viene così annunciata la chiusura di GP. Il progetto è quello di trasformarla in tre fabbriche: un progetto di pirolisi (riciclaggio della plastica), un progetto di agrocarburante (olio di colza per fare carburante per aerei), un progetto di agroplastica (materiali plastici fatti con amido di barbabietola). Così abbiamo cominciato una lotta in condizioni molto dure, quelle dell’emergenza sanitaria…

Vuoi spiegarci perchè la vostra lotta è stata molto importante anche se alla fine ha perso?

Si, alla fine non siamo riusciti a salvare la raffineria. Total è la punta di diamante della borghesia francese, una delle aziende più potenti, per vincere avremmo dovuto essere migliaia e migliaia, estendere lo sciopero ad altri settori. Eravamo in pieno Covid e c’erano restrizioni sanitarie, non potevamo riunirci; eppure abbiamo fatto grandi manifestazioni ai piedi della torre della Total, abbiamo fatto uno sciopero di 45 giorni, ci siamo collegati ad altri lavoratori per estendere lo sciopero a tutte le raffinerie Total per 48 ore. Tutto questo sfidando apertamente le burocrazie sindacali, di fatto messe all’angolo, grazie a una politica votata dal comitato di sciopero. Abbiamo fatto appello affinché gli studenti venissero a sostenerci ai cancelli, si è formato un comitato di donne, e gli alunni dell’accademia di belle arti sono anche venuti a decorare il picchetto. Durante il confino, il ministero della cultura ha decretato la chiusura di tutti i teatri; e così, il primo spettacolo svolto durante il lockdown si è tenuto a Gp, dopo che abbiamo montato un tendone sul parcheggio della Total con mazze e scalpelli. Audrey Vermont, una comica francese, è venuta a fare uno spettacolo con artisti circensi. Abbiamo anche cercato l’alleanza con gli ecologisti di Greenpeace, i cui attivisti ci hanno aiutato molto a smentire il greenwashing rispetto ai sedicenti progetti ‘ecologici’ di Total, volti invece a giustificare la chiusura. A tal proposito, abbiamo anche stabilito dei rapporti con alcuni accademici che – in una dialettica costante con l’assemblea operaia, sempre interpellata nelle assemblee generali – ci hanno aiutato a elaborare una reale proposta di nazionalizzazione sotto il controllo operaio del settore della raffinazione, all’interno di un piano complessivo di transizione ecologica.

Puoi raccontarci del ruolo che ha giocato Revolution Permanente nella lotta di GP, e in che modo è stato fondamentale il suo intervento, a prescindere dal risultato della lotta in quanto tale?

Il supporto di Revolution Permanente, in cui io militavo da ottobre 2019 insieme a un altro compagno di GP, è stato fondamentale. Questo, grazie alla comprensione della centralità della classe lavoratrice come unica forza materiale in grado di ribaltare i rapporti di potere capitalisici; comprensione che però è inseparabile da quella di condurre una politica di egemonia operaia sugli altri settori in lotta della società. I compagni ci hanno aiutato a collegarci con i lavoratori delle altre raffinerie, ma anche di settori come i i ferrovieri della SNTC. Inoltre, il supporto dei compagni è stato cruciale per aiutarci a esercitare una politica egemonica nei confronti di altri settori di movimento come gli ecologisti, e a condurli sulle posizioni votate dall’assemblea generale degli operai. Di converso, l’intervento di Revolution Permanente durante la lotta di GP ha permesso all’organizzazione di guadagnare in credibilità, e di dare continuità storica a quell’esperienza, anche se ormai GP è stata fortemente ridimensionata (non siamo più una raffineria, ma solo un deposito di carburanti). RP ha giocato un ruolo cruciale nel coordinamento dei raffineurs che hanno paralizzato la Francia questo autunno. In questo modo, siamo riusciti anche a influenzarne il programma: la più grande raffineria francese, in Normandia, ha infatti adottato le nostre parole d’ordine, centrate non solo su forti aumenti salariali, ma anche sull’indicizzazione dei salari all’inflazione. Il grande lavoro mediatico e di intervento nei vari contesti di lotta operaia che fanno i compagni ha inoltre contribuito a far si che quella rivendicazione diventasse patrimonio di altre lotte che si sviluppate in quel periodo, come quella di Geodis, o Sanofi.

Intervista a cura di Lorenzo Lodi

Nato a Brescia nel 1991, ha studiato Relazioni Internazionali a Milano e Bologna. Studioso di filosofia, economia politica e processi sociali in Africa e Medio Oriente.