Questo lunedì mattina è stata data la notizia della morte di Silvio Berlusconi, malato da tempo. Scompare la figura centrale della parabola storica del centrodestra, famoso nel mondo anche per i suoi casi giudiziari.


È morto stamattina Silvio Berlusconi, all’età di 86 anni, per una leucemia di cui era ammalato da tempo.  Berlusconi era ricoverato all’ospedale San Raffaele di Milano dallo scorso venerdì per quelli che dovevano essere dei semplici controlli di routine. La malattia lo aveva già costretto ad altri ricoveri e a interrompere la sua intensa attività quotidiana nella politica nazionale.

 

Chi è stato Silvio Berlusconi nella storia recente d’Italia 

L’imprenditore milanese, dopo aver ristrutturato il suo gruppo industriale, ad esempio con la vendita della squadra di calcio del Milan che l’aveva aiutato a conquistare una popolarità di massa, aveva già lasciato la gestione delle sue aziende ai suoi figli, dedicandosi perlopiù a dirigere Forza Italia, il partito che aveva fondato nel 1994 dopo lo scandalo giudiziario e la crisi politica dell’inchiesta Mani Pulite. La sua morte sicuramente approfondirà la crisi di Forza Italia, ridimensionato a terzo partito della coalizione di destra al potere, e forse costituisce la fine della stagione storica del centrodestra italiano così come lo abbiamo conosciuto negli anni 90 e 2000. Berlusconi, nato in una famiglia milanese di certo medio, ha scalato sin da giovane la società con spregiudicate operazioni economiche, soprattutto nel campo delle costruzioni prima e nella comunicazione poi, emergendo come uno dei padroni dell’oligopolio dell’informazione in Italia col suo mega gruppo di Mediaset e Mondadori. Famoso per i suoi numerosi casi giudiziari, anche a sfondo sessuale, è diventato noto a livello internazionale per la sua abilità nell’evitare il carcere, anche tramite leggi cucite su misura, e nella disinvoltura con cui ha gestito rapporti con la mafia siciliana tramite il suo consigliere Marcello Dell’Utri.

Berlusconi, sfruttando il successo dell’ondata neoliberista nella società italiana tra anni Ottanta e Novanta, insieme alla crisi totale dei partiti tradizionali del periodo cosiddetto della Prima Repubblica, lanciò con successo Forza Italia come partito liberale di destra nel gennaio 1994, appena in tempo per partecipare alle elezioni politiche di quell’anno inaugurando una coalizione di centrodestra insieme a settori di democristiani, alla Lega Nord di Umberto Bossi e ad Alleanza Nazionale, erede del partito filofascista MSI; queste due ultime formazioni, da giovani sigle “outsider” della scena italiana, si trovarono proiettati al governo sull’onda del fenomeno Berlusconi (prima sostenitore del Partito Socialista) e, con i cambi di nome (ora Lega e Fratelli d’Italia) e linea politica dell’ultimo trentennio, sono ancora protagonisti della politica nazionale e, dopo la pausa 2011-2022, ancora al governo insieme a Forza Italia. Berlusconi guidò personalmente quattro governi tra 1994 e 1995, tra 2001 e 2006 (con una crisi e un rimpasto nel 2005) e tra 2008 e 2011, lasciando poi spazio alla stagione dominata da governi “tecnici” e di coalizione larga.

In un clima politico nazionale dove il centrosinistra non contestava seriamente le politiche liberiste, anzi, appoggiandole come e più del centrodestra, Berlusconi è stato protagonista di una lunga stagione a parole “popolare” ma decisamente schierata contro il movimento operaio e la popolazione subalterna, scatenando anche alcune ondate di lotta politica storica, come quando tentò di attaccare lo Statuto dei Lavoratori, fallendo lì dove poi sarebbe riuscito il PD di Matteo Renzi. Dopo la breve stagione 2006-2009 dell’unificazione del centrodestra nel Popolo delle Libertà, e la crisi che portò alla caduta del suo quarto governo nel 2011, riuscì a risuscitare politicamente nel 2013 col rilancio di Forza Italia, che però non è mai tornata alle percentuali di consenso a doppia cifra della sua prima stagione. Il tentativo però di ergersi come principale regista e finanziatore di un nuovo centrodestra ha avuto nel complesso un certo successo, rendendo impossibile a Lega e Fratelli d’Italia costruire coalizioni diverse nel medio periodo.

La presenza rassicurante di Berlusconi, per i capitalisti italiani e la Nato, nel governo Meloni, che si instaurava in un momento in cui era fondamentale che l’Italia rimanesse schierata pienamente dalla parte di USA, UE, e Nato senza rompere il fronte pro-ucraino, ha permesso questo ritorno della destra al potere senza grandi traumi. Cosa non così facile e scontata, se teniamo in conto che tutti i suoi componenti avevano un approccio amichevole verso la Russia di Putin, e che Berlusconi stesso, nella veste di statista internazionale, aveva personalmente promosso un’attitudine molto aperta verso la Russia, in contrapposizione alla linea atlantista dura del Partito Democratico.

 

Berlusconi: non un “semplice” criminale, ma un campione della politica anti-operaia

Forse nessuna figura pubblica come la sua ha rappresentato in Italia la sconfitta storica del movimento delle lavoratrici e dei lavoratori al termine del lungo decennio 1968–1979, con il lungo periodo storico di ritirata e controriforme che ne è seguito.  Molti in questi giorni scriveranno su e di Silvio Berlusconi, e una buona parte lo farà a partire dai suoi scandali, dalle sue uscite goliardiche e dall’aperto sessismo. Tutti fatti storici comprovati, che però rischiano di essere presentati un’altra volta da un punto di vista liberaldemocratico, tagliando una parte sostanziale del loro contesto politico e nascondendo tutte le implicazioni di classe della sua azione economica, culturale e politica. Il miliardario milanese, uno degli uomini più ricchi del mondo, ha incarnato alla perfezione il mito del successo personale, dell’uomo che si è fatto da solo, degli effetti demiurgici del mercato, dell’applicazione del criterio “non c’è alternati va” (al capitalismo e al neoliberismo) di Margaret Thatcher, del cinico razzista, sessista edonismo borghese, dell’arrivismo individualistico e del disprezzo per chiunque non fosse lui stesso. Ancor di più però ha forse contributo a far arretrare il movimento operaio indirettamente: ovvero, grazie alla sua capacità di creare una competizione politica non più giocata nel confronto tra interessi materiali diversi, ma attorno alla sua figura. Qui ovviamente vi è stato un fortissimo concorso di colpa da parte del centro-sinistra e di quella sinistra radicale che al campo largo del centro-sinistra è sempre rimasta legata nel quasi ventennio di centralità berlusconiana  1994-2011. In questa dinamica tossica è rimasta sepolta l’idea che la società è divisa in classi, che “la tecnica” e il mercato sono strumenti di dominio sui lavoratori e le lavoratrici, che solamente con l’azione collettiva le cose possano essere cambiate realmente, che alla classe operaia serve essere organizzata, e che i subalterni non possono fare a meno di un partito politico che sia l’espressione indipendente dei propri interessi.  Berlusconi se n’è finalmente andato, penseranno molti, e noi con loro. Alcune delle scorie tossiche della sua figura politica permangono però con noi. È tempo di seppellirle assieme al suo corpo.

 

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