Casapound “si scioglie”: che significa?
Un mese dopo il flop delle europee, l’organizzazione fascista Casapound ha comunicato ufficialmente il suo ritorno da partito a realtà “di movimento”, abbandonando alcuni piani di attività e presenza “formale”. Ad annunciarlo è stato Gianluca Iannone, che ha puntualizzato: “Sarà anche un’occasione per tornare a investire tempo ed energie nella formazione militante, particolarmente essenziale, dati i nuovi pruriti liberticidi della sinistra”.
Tralasciando l’ossimoro dei fascisti che lamentano il liberticidio, questa mossa, più che un improbabile ripiegamento, rappresenta una presa di coscienza: con una Lega così abile nel fagocitare consensi a destra, perde sempre più di senso presentarsi alle elezioni e mantenere altre attività mediatiche “pesanti” come forza partitica ufficiale. La concorrenza diretta pare inutile.
Inutile, perché in questi sei anni di esperienza partitica Casapound ha seguito con molto interesse e da vicino la metamorfosi dell’ormai ex Lega Nord, da partito secessionista e poi federalista a partito nazionalista, riuscendo a creare un solido legame con essa e in particolare col ministro dell’Interno Salvini.
Inutile perché più dello spazio elettorale a garantire visibilità mediatica sono le provocazioni, le azioni di disturbo – che sia l’adunata in qualche periferia romana, le celebrazioni a Predappio o uno stand al Salone del Libro di Torino cambia poco: l’importante è raggiungere l’obiettivo, cioè far parlare di sé.
Lo status di movimento permette una maggiore “flessibilità”, scansando pure l’impiccio rituale delle presenze “in doppiopetto” e della relativa recita legalitaria-”democratica”, rende meno problematico il sodalizio con Lealtà Azione (gruppo neonazista radicato nel Nord Italia); più in generale, con un approccio più informale – e di conseguenza più squadrista – Casapound potrebbe diventare il riferimento dei vari mazzieri fascisti sparsi per lo Stivale, al netto della sigla o dello specifico ambiente sottoculturale, potendo contare su quasi 150 sedi sparse in tutto il territorio nazionale, su un intero palazzo occupato nel cuore della capitale, su numerose attività commerciali, ruoli economici e pure su agganci con la criminalità organizzata (vedi il caso Tuodì a Roma).
Una struttura che torna underground solo per rendere miglior servigio a Salvini e i suoi, soprattutto in uno scenario, messo per ora almeno temporaneamente in discussione, dove la Lega ha fatto il bello e il cattivo tempo al governo, a partire dalla questione “sicurezza”: laddove non può o non vuole arrivare la Polizia, ci pensano le squadracce a punire i non allineati e gli ultimi fatti di cronaca riguardanti l’aggressione di ragazzi e ragazze del Cinema America(persone comuni, non militanti antagonisti) sono molto indicativi.
Di fronte allo squadrismo, non possiamo delegare alla legge e allo Stato
Anni di polemica sulla questione sgombero sì-sgombero no dell’occupazione di Casapound di via Napoleone III hanno dimostrato che richiamarsi alla legge o lanciare petizioni pro-sgombero non solo non dà risultati, ma alimenta discorsi legalitari, securitari che facilitano il lavoro altrui di equiparazione tra occupazioni abitative popolari e covi fascisti: solo una grande ascesa della lotta operaia e popolare può creare le premesse per fronteggiare davvero la questione della moltiplicazione delle sedi fasciste, e non facendolo solo a parole, consegnando di fatto la lotta ai grupi fascisti e alle squadracce allo stesso Stato che di fatto li tutela, e alle forze dell’ordine che ne condividono gli scopi, cioè la difesa dell’ordine borghese e dei capitalisti contro le masse popolari, e che sono pesantemente infiltrate dai fascisti stessi.
I quartieri e le strade si difendono con la presenza, con un fronte unico di forze ostili tanto ai fascisti quanto allo Stato; contro la reazione sovranista e identitaria va opposto l’internazionalismo proletario, senza cedere un solo centimetro alle pulsioni piccolo-borghesi, anche “di sinistra”, verso la delega allo Stato e alla classe dominante delle battaglie che spettano a noi sfruttati.
L’estrema destra schiacciata dalla Lega: uno scenario greco?
Casapound è solo uno degli elementi del quadro complessivo della destra italiana così come si è evoluta dopo “l’epoca d’oro” del centrodestra berlusconiano al suo apice, nel governo 2001-2006, dove la politica italiana, in un’epoca di guerre imperialiste che hanno attraversato in particolare il Medio Oriente con la piena partecipazione anche dell’Italia, sembrava centrata su Silvio Berlusconi e sul suo partito, Forza Italia, tanto che si assistette poi anche al progetto di fusione con Alleanza Nazionale (AN) nel Popolo delle Libertà. Un partito che, se avesse retto, avrebbe rappresentato, con un’unica area anche dal punto di vista formale, una destra italiana “larga” dai democristiani di (centro)destra ai fascisti neanche particolarmente riciclati. Uno scenario che avrebbe lasciato, specie al Sud, poco terreno per una Lega già allora stabilmente su posizioni di destra e “schiacciata” al nord. Proprio la crisi del berlusconismo, praticamente senza più ritorno dopo la caduta del governo Berlusconi IV nel novembre 2011, ha permesso alla “nuova” corrente di Salvini di ricalibrare il proprio partito su un asse nazionalista e esplicitamente di destra, eliminando tutta la retorica secessionista padana e diverse ambiguità politiche dovute alle radici politiche più eterogenee della Lega Nord. Da questa scommessa vincente proviene la situazione attuale di una Lega da mesi costantemente oltre il 30% nei sondaggi, sempre più partito egemone non solo nella destra quanto nell’intero panorama politico italiano, anche grazie ai ripetuti, maldestri tentativi di PD e M5S in primis di inseguire Salvini sui suoi stessi terreni di propaganda – zingari, migranti, ruspe, ordine&decoro…
Volendo aggiungere un elemento di lettura a questa attuale fase della destra politica italiana, possiamo dire che formalmente si è evitato uno “scenario greco” dove il vecchio partito democristiano di destra, Nea Demokratia, ha fatto il pieno di voti e vinto le recenti elezioni potendo contare sulla debolezza e generale disgregazione della destra greca, che in gran parte non si è nemmeno organizzata per la presentazione elettorale: non sono “nuovi” partiti apertamente reazionari, marginali rispetto al vecchio consenso neoliberale ad avere avuto la meglio, bensì il partito “tradizionale” con i necessari innesti di giovani dirigenti legati a doppio filo al capitale finanziario internazionale, come il nuovo premier Kyriakos Mitsokakis. Si ha così una rappresentazione formale della polarizzazione politica in corso in Grecia che rischia di far sottovalutare il consenso in aumento di posizione e retoriche reazionarie nella gran massa della popolazione, che votando Nea Demokratia non ha espresso compattamente un’adesione ideologica a un nuovo “centrismo” liberale (in alternativa al neo-riformismo bancarottiero di Syriza), quanto una protesta rispetto alla catastrofe economica dei piani di austerità e un desiderio di conservazione e ritorno (alquanto improbabile) a un passato meno tragico.
Si può dire, però, che in Italia la Lega, salvo possibili auto-sabotaggi elettorali per via di una cattiva gestione dell’attuale crisi di governo, ha una simile possibilità di rendere marginale tutto il resto della destra politica, “costringendone” una parte a sostenerla in maniera più o meno aperta, arrivando, come Casapound, a scartare l’ipotesi di presentazione elettorale indipendente. Se Berlusconi era quasi riuscito a egemonizzare sia l’autonomismo meridionale di destra sia una grande fetta dell’eredità del MSI, Salvini può puntare a inglobare parte della destra del centro-sud nella Lega (processo in realtà già in corso) e essere il punto di riferimento per eccellenza di tutti i conservatori e i reazionari, fascisti inclusi.
Uno scenario, in caso di successo dei leghisti, che potrà aprire nuove, ulteriori agibilità politiche all’organizzazione per squadracce le quali, non essendo oggi uno strumento fondamentale per il capitalismo italiano – specie funzionando così bene la polizia e i carabinieri nella repressione -, possono permettersi anche un inquadramento più informale e “tribale” rispetto alla loro stessa tradizione: un’Italia con un baricentro spostato sulla Lega non garantirà automaticamente a nessuna forza fascista di “emergere” e diventare un attore stabile e minimamente importante dello scenario politico, così come, se pure in crisi, è ancora Alba Dorata in Grecia.
Roger Savadogo, Giacomo Turci
Nato a Venezia nel 1988, vive a Brescia. Operaio, è studioso e appassionato di sottoculture giovanili, ultras e skinhead in particolare.