Nella giornata del 31 agosto un cittadino italo-palestinese, Khaled al-Qaisi, è stato arrestato nei pressi del ponte di Allenby, a confine con la Giordania, senza alcuna motivazione davanti a moglie e figlio. Khaled, ricercatore e traduttore italo-palestinese aveva appena trascorso le vacanze in Palestina quando i soldati israeliani lo hanno fermato al confine e arrestato senza alcuna accusa. 

Le forze di sicurezza dello Stato sionista hanno detenuto l’uomo che è in attesa dell’udienza programmata per il 7 settembre. Una pratica quella della detenzione arbitraria (amministrativa nel caso palestinese) che le forze di occupazione portano avanti per reprimere la lotta di liberazione palestinese.

Nonostante la retorica occidentale che definisce Israele come ‘unica democrazia del Medio Oriente’, pratiche come la detenzione arbitraria, l’uso sconsiderato della violenza e il regime di occupazione dell’intera Palestina mostrano il volto brutale dello stato sionista.

Il 2022 è stato l’anno più sanguinoso per i palestinesi dai tempi della seconda Intifada, i continui raid nella Cisgiordania occupata e l’uso spregiudicato della forza, hanno causato la morte di più di 200 palestinesi.

L’aumento della repressione sembra essere uno strumento per nascondere la malattia in seno allo stato ebraico, che da un anno ormai è in mano all’estrema destra, fondato sull’idea di pulizia etnica e violenza contro la popolazione palestinese. Da alcuni anni la crisi è totale e i palestinesi sono sempre più vittime delle nefandezze politiche dell’occupante. Tutte le mosse dell’imperialismo occidentale sono fallite e hanno perso ogni credibilità all’interno della realtà palestinese. Sono falliti gli Accordi di Oslo, a trent’anni esatti dalla firma, ed è fallita la retorica dei palestinesi ben integrati all’interno dello stato sionista.

La pentola sta esplodendo e probabilmente siamo alla vigilia della terza Intifada. Troppa violenza e troppa repressione di cui è stata vittima anche Khaled, attivista e studioso della questione palestinese. Ci uniamo all’appello della sua famiglia chiedendo a gran voce la liberazione sua e delle migliaia di prigionieri palestinesi nelle carceri sioniste.


Di seguito la lettera della moglie e della madre di Khaled:

Lettera aperta per l’immediata liberazione del cittadino italo-palestinese Khaled El Qaisi, prigioniero delle autorità israeliane

Il 31 agosto Khaled El Qaisi, rispettivamente marito e figlio delle scriventi, è stato trattenuto dalle autorità israeliane ed è tuttora prigioniero in virtù di una misura precautelare in attesa di verifica di elementi per formulare un’accusa.

Lo scorso giovedì Khaled, che ha doppia cittadinanza, italiana e palestinese, attraversava con moglie e figlio il valico di frontiera di “Allenby” dopo aver trascorso le vacanze con la propria famiglia a Betlemme, in Palestina.

Al controllo dei bagagli e dei documenti, dopo una lunga attesa, è stato ammanettato sotto lo sguardo incredulo del figlio di 4 anni, della moglie nonché di tutti i presenti che erano in attesa di poter riprendere il proprio percorso.

Alle richieste di delucidazioni della moglie non è seguita risposta alcuna, piuttosto le sono state sottoposte domande per poi essere allontanata col proprio figlio verso il territorio giordano, senza telefono, senza contanti né contatti, in un paese straniero.

Nel tardo pomeriggio la moglie e il bambino sono riusciti a raggiungere l’Ambasciata Italiana solo grazie alla umana generosità di alcune signore palestinesi.

Khaled, traduttore e studente di Lingue e Civiltà Orientali all’Università La Sapienza di Roma, stimato per il suo appassionato impegno nella raccolta e divulgazione e traduzione di materiale storico palestinese, è tra i fondatori del Centro Documentazione Palestinese, associazione che mira a promuovere la cultura palestinese in Italia.

La famiglia, gli amici ma anche chi ha semplicemente avuto occasione di conoscerlo, sono in fremente attesa di avere aggiornamenti.

Al momento ancora non ha potuto incontrare il suo avvocato e sono ancora poche le notizie che si hanno riguardo alla sua incolumità.

Dal consolato e dal legale abbiamo saputo solo che affronterà un’udienza giovedì 7 settembre.

Immaginiamo intanto Khaled in completo isolamento, senza contatti col mondo esterno, senza percezione reale dello scorrere del tempo, sotto la pressione di continui interrogatori, in pensiero angosciato per la sorte del proprio figlio e di sua moglie lasciati allo sbaraglio con l’unica immagine negli occhi relativa alla sua deportazione in manette.

La situazione è dunque gravissima.

Attendiamo con grande ansia la risoluzione di questa ingiusta prigionia.

Chiediamo a chiunque ne abbia il potere, che si accerti delle condizioni di salute di Khaled e che soprattutto eserciti tutte le pressioni necessarie per la sua celere liberazione.

Le scriventi

Francesca Antinucci, moglie

Lucia Marchetti, madre

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