All’indomani del fallimento e del conseguente commissariamento di Alitalia, gli scenari aziendali che si aprono sono davvero inquietanti non solo per i dipendenti di quest’ultima, bensì per i lavoratori dell’intero indotto. Sono, di fatto, ormai più che accertate le ricadute su aziende e società strettamente collegate alla compagnia aerea, tra cui Atitech, un’azienda aeronautica napoletana, il cui passato ha già inciso fortemente sulle vite e le aspettative degli operai.  Ma andiamo con ordine.  Atitech, azienda che si occupa della manutenzione degli aeromobili, qualche anno fa rilevò un ramo aziendale dell’Alenia Capodichino (azienda pubblica di Finmeccanica). Un accordo a perdere (per i lavoratori e per lo Stato) con tanto di benedizione e visita lampo dell’allora Presidente del Consiglio Matteo Renzi. Una cessione che non era altro il preannuncio di una catastrofe occupazionale già preannunciata dalle organizzazioni sindacali e contestata dai lavoratori, che accusarono Finmeccanica di averli svenduti al padrone, di aver scorporato l’azienda madre (Alenia), mettendo così a rischio il futuro di 178 famiglie. Alcuni di loro presentarono esposti alla magistratura per fare chiarezza sulla vicenda, ma alla fine il binomio politica/industria ebbe la meglio con la complicità oramai sempre presente delle burocrazie sindacali e della loro inerzia in termini di iniziative di lotta e di organizzazione del dissenso. Insomma già allora la cessione di Alenia risuonò come il preambolo della cassa integrazione,  della mobilità ed infine del licenziamento, un processo questo all’ordine del giorno, che è conseguenza diretta della svendita di tutti i settori dell’economia pubblica in concomitanza con le nuove leggi di precarizzazione e sfruttamento del lavoro (Jobs act).

E’ chiaro allora che la cessione del ramo aziendale fece guadagnare Finmeccanica e Atitech (La Cai ha dato a Lettieri cinque anni di contratto garantito per gli Md 80) ed a pagarne le spese sono stati gli operai, che insieme alle loro famiglie rischiano adesso di ritrovarsi nella miseria della mobilità o di essere rovinati dal licenziamento in tronco e senza giustificato motivo, grazie alle leggi sul mercato del lavoro approvate dal governo di Renzi. Ma i problemi non terminarono a presentarsi laddove lo scorso anno, durante la campagna elettorale 2016 a Napoli, l’organizzazione sindacale USB denunciava un clima repressivo che si respirava nella fabbrica. Nella fattispecie i lavoratori lamentavano provvedimenti disciplinari immotivati, la violazione sistematica dello statuto dei lavoratori e della normativa in materia di sicurezza e tutela della salute, quest’ultima minata dai continui interventi di verniciatura in hangar senza una tempestiva informazione sulle procedure.

E veniamo ad oggi.  I sindacati di Atitech scendono in campo preoccupati che il commissariamento dell’operatore aereo Alitalia induca una crisi irreversibile per l’azienda di manutenzioni napoletana, visto che il fatturato del gruppo di Gianni Lettieri viene per oltre il 50% dalle attività per la flotta di Alitalia. Quello che i sindacati (Filt-Cgil in  primis) sono stati capaci di fare è chiedere a De Magistris e De Luca di adoperarsi “per una ripresa delle interlocuzioni necessarie a realizzare proposte e soluzioni utili alla vicenda in termini complessivi e, quindi, per la stessa ATITECH e indotto collegato”. Insomma a fronte della prossima scadenza della cassa integrazione a rotazione prevista per il 6 luglio 2017, attiva nei periodi duranti i quali gli hangar di Atitech sono vuoti perché i velivoli sono in esercizio, e considerati i probabili contraccolpi dal commissariamento Alitalia, si teme quindi, per i circa 700 lavoratori uno scenario assolutamente catastrofico, visto che il 50% delle attività Atitech vengono svolte per la suddetta compagnia, scenario che porterà inevitabilmente, qualora non ci sarà un’adeguata risposta dei lavoratori e delle loro rappresentanze, alle procedure di mobilità ed al conseguente licenziamento.

 

Paolo Prudente

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