La vertenza GKN è la più evidente prova concreta che lo sblocco dei licenziamenti sarebbe stato un massacro sociale a danno dei lavoratori per mano innanzitutto delle grandi aziende. È fondamentale discutere nel movimento come poter vincere la lotta, rigettando i licenziamenti di massa e sfidando il governo che piange lacrime di coccodrillo.


I fatti sono noti. Con una semplice mail, la GKN licenzia senza alcun preavviso tutti i lavoratori dello stabilimento di Campi Bisenzio, alle porte di Firenze. In un attimo, circa 500 lavoratori tra interni e appartenenti alle ditte in appalto, si ritrovano così senza più un impiego. Gli operai si radunano immediatamente davanti alla fabbrica. Ad attenderli trovano però loschi figuri di una ditta di sicurezza privata: forzano i cancelli ed entrano. Da venerdì 9 luglio, la fabbrica è in mano ai lavoratori, che la presidiano permanentemente al fine di evitare che la multinazionale trasferisca altrove mezzi di produzione e prodotti finiti.

È stato scritto molto in questi giorni. È stato scritto di come, ad esempio, dato il grado di sindacalizzazione e coscienza politica dei lavoratori GKN, questa vertenza abbia un carattere particolare. E lo pensiamo anche noi. Dopo tutto, se l’offensiva padronale passasse alla GKN sarebbe difficile ipotizzare che possa essere fermata da altre fabbriche del fiorentino, e non solo. È stato scritto di come questo licenziamento sia una tristissima conferma di quanto scellerato sia stato l’accordo siglato dai confederali sullo sblocco dei licenziamenti. E anche qui è difficile non concordare.

Pensiamo però che sia anche giunto il momento di ragionare seriamente su come questa lotta possa essere vinta. Come la RSU ha giustamente sottolineato più volte, la controparte non può essere individuata nell’azienda – un fondo d’investimento privato. Al tempo stesso, anche le istituzioni locali non sono il centro sul quale fare pressioni. In questa prima settimana di occupazione della fabbrica, quando molti amministratori locali si sono affacciati ai cancelli, è emerso d’altronde un quadro chiarissimo: quanto più il politico è locale, tanto meno potere detiene, e tanto più si trova spostato a ‘sinistra’. Questo non significa però che i lavoratori debbano fare pressioni sul sindaco di Campi Bisenzio. Perché anche volendo, questi è del tutto impotente di fronte a quanto succede. La vertenza non può che avere un carattere nazionale e il governo è la sola e unica controparte politica possibile.

Quello in carica, lo sappiamo bene, è a tutti gli effetti un governo confindustriale. Lo è chiaramente nella persona che lo guida, ma lo è altrettanto nella composizione dei partiti che lo sostengono: sfumature diverse della stessa tinta padronale. Un esecutivo così può forse spendere parole di finto sdegno per la modalità con la quale il licenziamento è stato condotto, ma nei fatti si trova assolutamente allineato sulle posizioni dell’azienda. Al motto di ‘libero padrone in libero stato’, il governo ritiene pienamente giusto e legittimo quanto i vertici di GKN hanno fatto. Cosa può quindi convincere un tale esecutivo che la fabbrica di Campi non debba chiudere?

In un pezzo largo di quanti in questi giorni sono accorsi a portare solidarietà ai lavoratori in lotta permane al momento un approccio fortemente inter-classista. Si ritiene ciò che si debba creare un movimento popolare di sostegno ai lavoratori che coinvolga, potenzialmente, l’intero territorio. In questo, ovviamente, non vi è niente di sbagliato. Anzi, una lotta operaia che ha la forza di coinvolgere pezzi ampi di società acquista visibilità e forza. E vi saranno anche momenti, già a partire dal corteo nazionale di sabato 24, nei quali la lotta dei lavoratori GKN misurerà la propria forza anche e soprattutto nel mero numero di quante persone riuscirà a portare in piazza. Eppure, tutto questo non sarà sufficiente per vincere.

Questo movimento largo e popolare deve avere al centro una componente strettamente di classe. Perché l’unica condizione che possa costringere l’esecutivo a prendere decisioni che non vorrebbe prendere è l’emergere di una situazione di conflitto aperto su tutti i luoghi di lavoro del territorio fiorentino, e auspicabilmente anche oltre – a partire proprio da quelle fabbriche Fiat (ora Stellantis) dalle quali la GKN deriva e per le quali continua a produrre circa l’80%delle merce. Una situazione nella quale, insomma, il clima di insubordinazione metta in pericolo i profitti delle aziende e la pace sociale. Solamente se la vertenza GKN diventerà un fardello troppo grande per le istituzioni e i padroni, il governo centrale può essere tentato di risolverla a favore dei lavoratori. Questa soluzione non può essere però l’ennesima elargizione di ammortizzatori sociali, oppure il passaggio ad altre proprietà finanziato da fondi pubblici. La soluzione politica da rivendicare in questo conflitto è che la fabbrica sia espropriata senza indennizzo per i padroni di GKN, se non la vogliono più tenere. Lottare in partenza per meno, significa di fatto delegare il programma di lotta alle centrali sindacali. Quanto queste abbiano a cuore le sorti dei lavoratori pensiamo che sia già emerso chiaramente con l’accordo sullo sblocco dei licenziamenti: proprio quello che ha precipitato la situazione in GKN.

Quanto ipotizzato qui, si noti bene, è una situazione opposta a quella che molti giornali, anche a sinistra, si sono prodigati a descrivere in questi giorni. Non è una battaglia morale per spingere chi governa a rivedere le proprie decisioni. È una lotta di classe che crea contraddizioni sistemiche che costringono la controparte a cedere. Ma come si può contribuire a creare una situazione di questo tipo?

I lavoratori GKN hanno lanciato una parola d’ordine corretta e che rimanda ad una lotta radicale, per quanto in sé generica: insorgiamo.

L’invito è stato raccolto da varie realtà politiche e singoli che hanno dato vita ad un’assemblea di sostegno agli operai. Questa non si è data alcuna forma di strutturazione per il momento ed agisce come mero raccordo tra gruppi politici. Per quanto normale e logico sia in una fase iniziale, questo carattere ibrido dell’assemblea deve essere presto superato. Pena, la sua scarsa utilità. Ciò deve essere fatto, in primo luogo, allargando i confini oltre ‘i soliti noti’. Non in modo generico però, ma con la precisa volontà di includere nell’assemblea i lavoratori più avanzati e rappresentativi delle altre aziende del territorio fiorentino.

Se l’assemblea di sostegno smetterà di essere un inter-gruppo e evolverà verso un comitato d’azione, centrato attorno a lavoratori attivi e rappresentativi di fabbriche e posti di lavoro della provincia, allora si potrà dire che è stato fatto un grande passo avanti nella costruzione di un movimento di classe a fianco dei lavoratori della GKN.

Questo però significa che alla logica interclassista della mobilitazione popolare subentri un approccio di classe che guardi a tutti i lavoratori del territorio come il soggetto principale della vertenza.

Hanno fatto bene gli operai GKN a non ripiegare subito sul piano della solidarietà ‘mediatica’ e sull’apertura immediata di una cassa di resistenza come unici mezzi di appoggio esterno: si tratta in questo momento di lottare insieme, a partire dallo sciopero provinciale convocato per il prossimo lunedì, con ritrovo alle 9.00 in piazza S. Croce a Firenze, e dal corteo nazionale a Campi Bisenzio di sabato 24 luglio.

È innanzitutto con la partecipazione attiva a queste iniziative di lotta, così come ad altre che verranno nelle prossime settimane, che dobbiamo dimostrare a padroni e governo che la GKN è diventata una questione centrale per tutti noi, che questa è una lotta di classe.

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