Pubblichiamo la parte conclusiva del testo della Zetkin “Lenin e il movimento femminile” (la prima parte è leggibile qui).
Abbiamo voluto pubblicare questo testo per alcune delle sue complesse sfumature, come l’ importanza del movimento delle donne in Russia e sulla necessità che da esso nasca un movimento internazionale delle donne.
Ci sembra particolarmente interessante per l’attualità di questo splendido dialogo che va a toccare ancora punti spinosi per il movimento femminile odierno, come quello della prostituzione, della propaganda tra le donne e dei punti d’incontro che esistono tra il movimento delle donne e quello giovanile.


Due settimane dopo ebbi con Lenin un altro collo­quio sul movimento femminile. Lenin era venuto a trovarmi. Come al solito la sua visita fu inattesa, fu una sosta improvvisa nel mezzo del lavoro schiacciante che doveva poi abbattere il capo della rivoluzione vittoriosa. Lenin appariva molto stanco e preoccupato. La scon­fitta di Wrangel non era ancora sicura e il problema di rifornire le grandi città si ergeva di fronte al governo sovietico come una sfinge inesorabile. Lenin si informò sulle direttive o tesi. Gli dissi che tutte le compagne di­rigenti che si trovavano a Mosca si erano riunite e ave­vano esposto le loro opinioni. Le loro proposte venivano ora esaminate da una commissione ridotta. Lenin si rac­comandò di non dimenticare che il III Congresso mon­diale avrebbe trattato la questione con tutta l’attenzione necessaria. «Questo solo fatto avrà ragione di molti pre­giudizi delle compagne. Per il resto le compagne debbono mettersi al lavoro e lavorar sodo. Non mormorando a fior di labbra come vecchie zie, ma parlando ad alta voce, chiaramente, da combattenti — esclamò Lenin con fo­ga. — Un congresso non è un salotto dove le donne scintillano con la loro grazia, come dicono i romanzi. È l’arena dove impariamo ad agire da rivoluzionari. Dimo­strate di saper lottare. Prima di tutto contro il nemico, naturalmente, ma, se è necessario, anche in seno al par­tito. Abbiamo a che fare con milioni di donne. Il nostro partito russo sarà favorevole, a tutte le proposte e mi­sure che contribuiranno ad attirarle nel nostro movi­mento. Se non sono con noi, la controrivoluzione po­trebbe condurle contro di noi. Dobbiamo sempre pensare a questo. Dobbiamo conquistare le masse femminili quali che siano le difficoltà.»

Qui, nel mezzo della rivoluzione, in quel rigoglio di attività, in quel rapido e forte ritmo di vita, avevo elaborato un piano d’azione internazionale tra le masse delle lavoratrici.

«L’idea mi è stata data dai vostri grandiosi congressi e riunioni di donne senza partito. Trasporteremo quest’idea dal piano nazionale a quello internazionale. È innegabile che la guerra mondiale e le sue conseguenze hanno colpito profondamente tutte le donne dei vari ceti e classi sociali. Esse hanno vissuto un periodo di fer­mento e di attività. Il problema che le assilla oggi è di conservarsi in vita. Come vivere? La maggior parte di esse non aveva mai pensato che si potesse giungere a questo punto e solo poche hanno compreso il perché. La società borghese non può dare una risposta soddisfa­cente a questi problemi. Solo il comunismo può farlo. Dobbiamo portare le donne dei paesi capitalisti a com­prendere questo fatto e per questo appunto organizzeremo un congresso internazionale delle donne senza di­stinzione di partito»

Lenin non rispose subito. Con lo sguardo fisso, profondamente assorto, le labbra compresse, il labbro inferiore leggermente sporgente, pesava la mia proposta. Poi disse:

«Sì, dobbiamo farlo. È un buon piano. Ma i buoni piani, anche i migliori, non valgono nulla se non sono attuati bene. Avete pensato come attuarlo? Qual è il vo­stro punto di vista sulla questione?».

Esposi a Lenin i particolari. Per prima cosa si do­veva costituire un comitato di compagne dei vari paesi che avrebbe dovuto mantenere stretti contatti con le se­zioni nazionali e preparare, elaborare, indire il congres­so. Rimaneva da decidere se per ragioni di opportunità il comitato avrebbe cominciato a lavorare subito ufficialmente e pubblicamente. Comunque, i suoi membri per prima cosa dovevano mettersi in contatto con le di­rigenti dei movimenti sindacali e politici, delle organiz­zazioni borghesi femminili d’ogni specie (dottoresse, giornaliste, insegnanti, ecc., incluse) e costituire in ogni paese un comitato nazionale organizzativo apartitico.

Il comitato internazionale, composto da membri dei comitati nazionali, avrebbe stabilito il tempo, il luogo e il programma dei lavori del congresso.

Il congresso, secondo me, avrebbe dovuto per pri­ma cosa trattare il diritto delle donne al lavoro profes­sionale. In questo punto si sarebbero inserite le questioni della disoccupazione, dell’eguale salario per eguale lavo­ro, della giornata legale di otto ore, della legislazione pro­tettiva della donna, del sindacato e delle organizzazioni professionali, delle previdenze sociali per la madre e il bambino, delle istituzioni sociali per aiutare la donna di casa e la madre, ecc. L’ordine del giorno avrebbe dovuto includere il seguente tema: «La situazione della donna nel diritto matrimoniale e familiare e nel diritto pubbli­co politico». Una volta elaborate queste proposte, sug­gerivo che i comitati nazionali conducessero tra le donne attive e lavoratrici di tutti gli strati sociali una campagna sistematica, a mezzo della stampa e dei comizi, per pre­parare il congresso e assicurargli la presenza e la coope­razione delle rappresentanti di tutte le organizzazioni con le quali si erano presi contatti e anche delle delegazioni di pubblici comizi di donne.

Il congresso avrebbe dovuto essere una «rappre­sentanza del popolo», ma ben diversa dal parlamento.

Naturalmente le donne comuniste dovevano essere non soltanto la forza motrice ma anche la forza direttiva del lavoro di preparazione, nelle attività del comitato in­ternazionale e nel congresso stesso e, infine, nell’appli­cazione delle decisioni. Al congresso si dovevano presen­tare, su tutti i punti all’ordine del giorno, tesi e risolu­zioni comuniste informate a princìpi unici e basate sul­l’esame scientifico delle condizioni esistenti. Queste tesi sarebbero state poi discusse ed approvate dall’Esecutivo dell’Internazionale. Parole d’ordine comuniste é propo­ste comuniste dovevano essere al centro dei lavori del congresso, richiamando l’attenzione generale. Dopo il congresso queste stesse parole d’ordine sarebbero state diffuse tra le più vaste masse femminili per stimolare un’azione internazionale di massa da parte delle donne.

La condizione indispensabile per svolgere un buon lavoro nei comitati e al congresso era, per le donne comuniste, di mantenersi saldamente unite, di lavorare collettiva­mente e sistematicamente su principi chiari e ben deter­minati. Nessuna comunista doveva uscire dalla linea trac­ciata. Mentre parlavo Lenin approvava con cenni del capo o pronunciava brevi commenti di consenso.

«Mi pare, cara compagna — egli disse — che avete studiato molto bene l’aspetto politico della faccenda e anche i problemi organizzativi fondamentali. Sono fer­mamente convinto che in questo momento un simile con­gresso può svolgere un lavoro molto importante. Può con­quistare alla nostra causa larghe masse di donne: masse di professioniste, di lavoratrici dell’industria, di massaie, di insegnanti e altre ancora. Bene, molto bene. Pensate: in caso di gravi dissensi tra i gruppi industriali o di scio­peri politici, quale aumento di forza rappresenta per il proletariato rivoluzionario l’apporto di donne che si ribel­lano coscientemente. Naturalmente tutto ciò avverrà se sapremo attrarle e mantenerle nel nostro movimento.

Il vantaggio sarà grande, immenso. Ma ci sono alcune questioni. È verosimile che le autorità governative non vedranno di buon occhio i lavori del congresso, che ten­teranno di impedirlo. Non credo che cercheranno di sof­focarlo con mezzi brutali. Quel che faranno non vi dovrà spaventare. Ma non temete che nei comitati e nel con­gresso le comuniste si faranno controllare dalla maggio­ranza numerica degli elementi borghesi e riformisti e dalla forza innegabile della loro routine? E finalmente e soprattutto avete realmente fiducia nella preparazione marxista delle nostre compagne a tal punto da farne un plotone d’assalto che uscirà dalla lotta con onore?»

Risposi che indubbiamente le autorità non avrebbe­ro fatto ricorso alla violenza contro il congresso. Espedienti e misure brutali avrebbero solo servito a far pro­paganda per il congresso stesso. Il numero e il peso degli elementi non comunisti sarebbe stato affrontato da noi comuniste con la forza superiore che ci derivava da una comprensione e da una delucidazione scientifica dei pro­blemi sociali alla luce del materialismo storico, dalla coe­renza delle nostre rivendicazioni e proposte e, infine, ultimo ma non meno importante, dalla vittoria della ri­voluzione proletaria in Rùssia e dalla sua azione d’avan­guardia per la liberazione della donna. Le debolezze e le deficienze delle singole compagne per quanto riguar­dava la loro educazione e la loro capacità di comprendere le situazioni, potevano essere superate con il lavoro col­lettivo e la preparazione sistematica.

Mi attendo molto dalle compagne russe che dovran­no essere il centro d’acciaio della nostra falange. Con esse oserei assai più che lotte congressuali. Inoltre, anche se fossimo state battute dal voto, la nostra stessa lotta avrebbe spinto il comunismo in primo piano, con un ec­cellente risultato propagandistico e avrebbe servito a creare nuovi legami per il nostro lavoro futuro.

Lenin rise di cuore: «Sempre lo stesso entusiasmo per le donne rivoluzionarie russe! Sì, sì, il vecchio amore non è ancora spento. E credo che avete ragione. Anche la sconfitta dopo una buona lotta segnerebbe un vantaggio e una preparazione a successi futuri tra le lavoratrici, tutto considerato, vale la pena di rischiare. Tuttavia, naturalmente, io spero con tutto il cuore nella vittoria. Sarebbe un importante contributo di forze, un grande sviluppo e rafforzamento del nostro fronte, apportereb­be nuova vita, movimento e attività nelle nostro file. E ciò è sempre utile. Inoltre il congresso provocherebbe e accrescerebbe l’inquietudine, le incertezze, le ostilità e gli urti nel campo della borghesia e dei suoi amici rifor­misti. Immaginate i tipi che s’incontreranno con le “iene della rivoluzione” e — se tutto andrà bene — dovranno porsi sotto la loro guida: placide e bennate socialdemocratiche del campo di Scheidemann, Dittmann e Legien, pie cristiane benedette dal papa o ligie al verbo di Lutero, figlie di consiglieri privati, consigliere gover­native appena sfornate, pacifiste inglesi di illustre casato e femministe francesi. Che quadro del caos e della de­cadenza della borghesia offrirà questo congresso. Che ri­flesso della sua futilità e nullità! Un simile congresso ac­celererà la disintegrazione delle forze controrivoluzionarie e perciò le indebolirà. Ogni indebolimento delle forze del nemico rappresenta al tempo stesso un rafforzamento del nostro potere. Approvo il congresso…».

…Disgraziatamente il congresso andò a monte a causa dell’atteggiamento delle compagne tedesche e bulgare che a quel tempo costituivano il miglior movimento femminile comunista al di fuori della Russia. Esse respin­sero la proposta di organizzare il congresso. Quando lo dissi a Lenin, esclamò: «Peccato, un vero peccato! Le compagne si sono lasciate sfuggire una brillante occasione di aprire uno spiraglio di speranza alle masse lavoratrici e di portarle nella lotta rivoluzionaria della classe operaia. Chi sa quando si ripresenterà un’occasione cosi favore­vole? Bisogna battere il ferro mentre è caldo. Il com­pito resta. Dovete trovare il modo di raggiungere le donne che il capitalismo ha gettato nella miseria più spaven­tosa. Dovete trovarlo, dovete. Non ci si può sottrarre a questa necessità. Senza un’attività organizzata di massa sotto la direzione dei comunisti non ci può essere vitto­ria sul capitalismo né edificazione del comunismo. Ecco perché le donne finiranno col ribellarsi…».

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