Nel mondo della cosiddetta “cultura di massa” pare che il concetto di omosessualità sia stato del tutto omesso. Il concetto di “cultura di massa” nasce nell’epoca contemporanea con l’introduzione dei beni di consumo e, soprattutto, del tempo libero. Il 28 dicembre 1895, nasce il Cinematografo, grazie a Louis e Auguste Lumière. Nonostante la celebre frase degli imprenditori, che definirono il cinematografo come “un’invenzione senza futuro”, essa diventò ben presto non solo un pilastro del tempo libero delle masse e un’arte affermata, ma lo specchio della società, un riflesso della stessa storia dell’umanità.
Uno specchio, per l’appunto, che mostra ogni singolo aspetto della vita, dalla quotidianità alle guerre mondiali. Cosa accade quando ci si guarda allo specchio? Scopriamo ogni nostra imperfezione, ogni nostro dettaglio, nulla è più nascosto. L’obiettivo della macchina da presa ha il suo stesso effetto e svolge il suo stesso ruolo.
Per quanto la società cercasse, invano, di celare l’omosessualità, il cinema, fin dalle sue origini, ha trovato il modo di portare sul grande schermo questa realtà. Oggi si pensa che nella storia del cinema, non ci siano esempi di tale amore. Nulla di più sbagliato! Non dobbiamo aspettare Brokeback Mountain, dobbiamo solo avere pazienza, scoprire pellicole dal passato e spiare i piccoli gesti dei protagonisti che vivono la loro omosessualità.
“Dickson experimental sound film” ( Edison studio – 1895 )
Un breve frammento di cinema primitivo. Edison mostra due uomini intenti a ballare un Valzer, seguendo la dolce musica di un violinista.
“Charlotte macchinista” ( Charlie Chaplin – 1916 )
Chaplin bacia un uomo vestito da donna, pur sapendo che, dietro quel make-up, si nasconde un ragazzo.
“Lulù e il vaso di Pandora” ( Georg Wilhelm Pabst – 1929 )
Nonostante questo film sia noto per aver costruito lo stereotipo perfetto della “femme fatale”, nella pellicola è presente anche la prima attrazione lesbica tra due donne. Di fatti, la contessa Geschwitz, mostra senza alcun tipo di restrizione, l’attrazione per la giovane Lulù.
La svolta definitiva, arriverà proprio dalla Germania, o meglio, da quella che fu la Repubblica di Weimar. Nonostante la fame e la mancata rivoluzione degli Spartachisti, gli anni ’20, furono per la Germania anni febbrili, di immensa crescita culturale\artistica. Gropius apre la scuola Bauhaus, Thomas Mann scrive i suoi migliori romanzi, Kirchner da vita al movimento dei Die Brucke. Con l’arte, arriva anche la liberazione sessuale: di fatti, l’omosessualità era completamente accettata e quasi incitata.
“Marocco” ( Joseph Von Sternberg – 1930 )
Dopo il successo de “L’angelo azzurro”, Marlene Dietrich, approva ad Hollywood insieme al suo pigmalione: il regista Joseph Von Sternberg. Sternberg, e in seguito la stessa Dietrich, ignora completamente il Codice Hays, che proibiva i baci omosessuali. La pellicola non subì censura, perché il personaggio della Dietrich “pare” baciare una signora solo per provocare il giovane Gary Cooper.
“La regina Cristina” ( Rouben Mamoulian – 1933 )
Greta Garbo fu la nemesi di Marlene Dietrich: entrambe europee (la Dietrich tedesca, la Garbo svedese), studiarono teatro nella Berlino degli anni ’20. Entrambe, grazie alla loro sessualità disinibita, mostrarono sul grande schermo innocenti baci saffici. La regina Cristina è ben nota per la sua omosessualità, anche se, nel film, viene solo accennata.
“Mädchen in uniform” (Leontine Sagan 1931 – Géza von Radványi 1958 )
La prima vera storia d’amore omosessuale. Per la prima volta non ci si limita ai soli baci, ma c’è un’intera trama ai piedi delle due protagoniste. Una storia d’amore tra la giovane alunna Manuela e la sua insegnante, Fräulein von Bernburg. Il film fu un grande successo in patria. Tuttavia, non riuscì subito ad approdare negli USA. Fu Eleanor Rooselvet ad insistere con i censori, riuscendo, alla fine, a vincere questa causa.
Nel 1958 ci fu il remake del film del 1931. Le protagoniste, a differenza della versione del 1931, sono due attrici ben note al grande pubblico ( Romy Schneider e Lilly Palmer ) fattore che decretò da subito la curiosità ed il successo del film.
Si nota ben presto, che l’omosessualità femminile sembra essere più accettata rispetto a quella maschile. L’uomo gay è sempre raffigurato come una parodia del concetto di “mascolinità”. Sempre molto femminile, con voce sottile e delicato nei gesti.
“Nodo alla gola” ( Alfred Hithcock – 1948 )
Due uomini innamorati indagano su un omicidio. Vediamo solo effusioni tra i due protagonisti, mai un bacio.
Dovremo aspettare gli anni ’70 per avere sul grande schermo, figure di uomini omosessuali non stereotipati.
“Cabaret” ( Bob Fosse – 1972)
Musical ambientato nei cabaret della Berlino degli anni ’20: per la prima volta vediamo un uomo omosessuale vivere una vita normale, senza alcun bisogno di indossare make up o abiti molto femminili. Soprattutto, Michael York è padrone e fiero della propria sessualità.
Questi non sono che pochi esempi della presenza dell’omosessualità al cinema, che nel tempo si è sempre occupato di ogni tipo di personaggio che la società ci propone: dall’uomo d’affari, alla prostituta, alla donna di casa, alla femme fatale; quindi anche dell’omosessuale. Di certo, si è trattato di un processo più lento e graduale, essendo l’industria cinematografica un prodotto quella stessa società che cerca disperatamente di mettere a nudo. Il cinema si rivela, nuovamente, uno dei veicoli artistici e ideologici più forti di cui l’uomo dispone.
Sabrina Monno
Nato a Cesena nel 1992. Ha studiato antropologia e geografia all'Università di Bologna. Direttore della Voce delle Lotte, risiede a e insegna geografia a Roma nelle scuole superiori.