Pubblichiamo la prima traduzione in italiano, a cura di Angelo Fontanella, di un estratto da En la selva. (Los estudios desconocidos del Che Guevara. A propósito de sus Cuadernos de lectura de Bolivia) di Néstor Kohan, intellettuale argentino di ispirazione marxista, studioso della figura di Ernesto “Che” Guevara che ha esplorato in questo volume gli studi sconosciuti del Che, cioè il contenuto dei suoi quaderni di studio redatti durante la tragica lotta guerrigliera in Bolivia. Il testo integrale in spagnolo è disponibile online in formato pdf.

Il passaggio riportato, El Che Guevara lector de Trotsky en Bolivia, fa parte del capitolo León Trotsky, el profeta como historiador.


Dalla rivoluzione permanente inserita da Wright Mills nella sua antologia, Guevara riproduce nei suoi taccuini di lettura quattro lunghi frammenti. Non li commenta, li segna soltanto nel suo taccuino. Richiama l’attenzione su quattro idee chiave e sulle formulazioni centrali del pensiero politico di Trotsky:

(1) nella rivoluzione permanente, il processo non si ferma alla fase democratica, ma si muove ininterrottamente verso le rivendicazioni di natura socialista;

(2) secondo l’internazionalismo, la rivoluzione socialista impiantata in un paese non è fine a se stessa, ma soltanto un anello della catena internazionale. La rivoluzione internazionale rappresenta, nonostante tutti i riflussi temporanei, un processo permanente;

(3) nei paesi con uno sviluppo capitalista arretrato, coloniali e semicoloniali, l’emancipazione nazionale può essere conquistata solo attraverso la dittatura del proletariato, ma allo stesso tempo per risolvere il problema agrario e nazionale durante la rivoluzione, si devono intrecciare alleanze democratiche tra proletariato e contadini;

(4) la rivoluzione socialista non riguarda solo un paese isolato, ma è una questione internazionale, deve necessariamente spingersi oltre il paese in cui il proletariato ha preso il potere inizialmente.

Per un lettore che si sforza di mettere da parte i pregiudizi, le tradizioni sedimentarie e stagnanti, la montagna di insulti abituali e altri simili ostacoli epistemologici, non è difficile capire che quei nuclei teorici sulla rivoluzione permanente che Guevara riproduce nei suoi quaderni di lettura in Bolivia, coincidono con la prospettiva che ha sempre difeso nei suoi proclami politici all’interno della rivoluzione cubana, nei suoi saggi, nei suoi discorsi e articoli, nonche’  nei suoi interventi negli eventi Internazionali.

Sempre all’interno dell’antologia del Wright, riguardo il libro di Trotsky Letteratura e rivoluzione (che nella versione originale è stata accompagnata da una lettera da Antonio Gramsci sul Futurismo italiano), Guevara estrasse da lì solo un frammento. Si riferisce al legame tra arte e natura. In esso Trotsky scrive che “il godimento passivo della natura sarà bandito dall’arte”. Probabilmente ciò attrasse l’ attenzione di Guevara, poiché si ritrova una critica al realismo socialista per lo più basato sul naturalismo ottocentesco adottato come standard universale, che egli stesso aveva messo in discussione nel suo saggio “il socialismo e l’uomo a Cuba.”

Infine, sempre all’interno dell’antologia del Wright Mills, il Che riproduce tre frammenti sulla rivoluzione tradita, basata sulle seguenti formulazioni di Trotsky:

(1) essendo una figura di secondo livello sia per masse che perla rivoluzione, Stalin si rivelò come il capo indiscusso della burocrazia;

(2) In base al criterio marxista di classe, la burocrazia sovietica deve essere definita come “l’unico strato sociale privilegiato e dominante” nel regime sovietico (poiché assume usanze borghesi senza avere una borghesia nazionale), segnando le Differenze specifiche con la burocrazia nel fascismo e nelle società del capitalismo occidentale;

(3) il regime sociale e politico dell’Unione Sovietica costituisce una fase intermedia tra il capitalismo e il socialismo, in questo quadro, quale sarà il futuro della burocrazia?, chiede Trotsky, rispondendo che a lungo termine, essa entrerà in contraddizioni con la Classe operaia sovietica sulle cui spalle vive.

In questi tre casi di frammenti sulla rivoluzione tradita, estratti e riprodotti da Che Guevara, non ci sono commenti. Li riproduce soltanto nei suoi libri di lettura in Bolivia. Questi frammenti possono servire come prova delle preoccupazioni del Che, che dal 1965, se non prima, elaborò una riflessione meditata e ampia sulla società sovietica come specifico di Ibrido e società di transizione che, secondo la sua ottica, stava tornando ad essere capitalista.

Ma anche se il Che legge ed estrapola queste opere di Trotsky dall’antologia di Wright Mills, in Bolivia la sua più grande attenzione è dedicata alla lettura, dove studia dettagliatamente ed estrapola numerosi frammenti e passaggi dai due volumi della storia della rivoluzione russa.

Il Che la legge in una edizione Argentina che è la stessa di quella boliviana. Fu pubblicata negli anni 1962 e 1963 dalla Tilcara editozioni (che aggiunge all’edizione spagnola sette nuovi capitoli, tradotti da Jorge Enea Spilimbergo). Il libro è composto da due volumi: il primo ha 553 pagine, il secondo 764. La premessa di questa edizione fu dello scrittore argentino Jorge Abelardo Ramos (capo saggista della sinistra nazionalista argentina che, negli ultimi anni di vita, finì per essere ambasciatore in Messico del neoliberista Carlos Saúl Menem). Il Che non menzionò nè scrisse nulla del prologo di Ramos nei suoi quaderni.

Che Guevara lesse i due volumi separatamente, intervallati tra loro dalla lettura di altri libri, come quella del professore sovietico Rosental sul materialismo dialettico e quello dell’intellettuale boliviano Jorge Ovando sul problema nazionale e coloniale della Bolivia. Una volta che questi due testi finirono, continuò ancora con la storia della rivoluzione russa, leggendo ancora e studiando il secondo volume.

Da questa lunga storia della rivoluzione russa di Trotsky, Che Guevara mette in evidenza lunghi paragrafi e numerosi passaggi che si concentrano principalmente sui seguenti nuclei concettuali:

(1) la legge dello sviluppo disuguale e combinato, chiave nella concezione materialistica della storia;

(2) la dualità dei poteri, che Trotsky definisce come un fatto rivoluzionario, non giuridico o costituzionale;

(3) il gioco delle misure moderate e radicali, sottolineato secondo la radicalità del progetto rivoluzionario;

(4) la formulazione teorica secondo cui il materialismo dialettico non ha nulla in comune con il fatalismo;

(5) il ruolo di Lenin e la sua personalità prominente e “insostituibile” nella rivoluzione (forse aveva in mente in questo passaggio, il parallelo tra Lenin e Fidel, da un lato, come i principali condottieri della rivoluzione russa e cubana e Trotsky e se stesso, come principali compagni e collaboratori radicali…?);

(6) la descrizione delle posizioni “ortodosse” di Plekhanov contro l’acquisizione del potere;

(7) la valutazione della forza stessa (soggettiva) nell’ambito di un’analisi sulla correlazione delle forze (obiettivo);

(8) la tesi secondo cui l’atmosfera della rivoluzione crea canali di trasmissione ideologici e culturali, anche se l’apparato rivoluzionario di propaganda è piccolo e debole;

(9) la tesi politica che la prudenza rivoluzionaria è un freno, non un motore. Gli insorti devono essere avventati, ma senza abbandonare l’analisi della correlazione delle forze;

(10) l’ipotesi “sociologica” e storiografica secondo cui nelle rivoluzioni si produce una combinazione di compiti dovuta allo sviluppo combinato delle relazioni sociali interne alle formazioni sociali: da cui si deduce che le tappe vengono saltate, quindi il Proletariato deve liberare la nazione oppressa (qui Che Guevara si lascia scappare un commento, accanto al paragrafo riprodotto nel suo libretto.): “bisogna dire che questo è tipico dell’imperialismo;” “i lavoratori avanzati sono partii del proletariato occupato da una tecnica straniera”);

(11) l’analisi politica secondo cui tutte le borghesie sono solidali, comprese quelle delle nazioni oppresse: Trotsky analizza l’intera gamma delle gerarchie di dipendenze e il sistema delle subordinazioni;

(12) la valutazione di Trotsky su Stato e Rivoluzione di Lenin, secondo Trotsky ciò che aratterizza il principale dirigente bolscevico, dietro la gamma di citazioni dei classici che riunisce, è la preparazione  al combattimento. Ecco perché la chiave principale di questo libro sarebbe l’interpretazione classista dello stato;

13) l’invito a comprendere esattamente il rapporto tra insurrezione e cospirazione, ciò che li oppone e ciò che li integra. Secondo Trotsky, l’insurrezione popolare può ancora avere successo senza bisogno della cospirazione;

(14) l’analisi di Trotsky del “momento” rivoluzionario, intesa come “la situazione” (anche analizzata all’epoca da Lenin e Gramsci). In questo brano riprodotto dal Che, Trotsky suggerisce di ricordare che l’insurrezione, così come la guerra, è il prolungamento della politica, solo con altri mezzi;

(15) lunghi paragrafi e passaggi di Trotsky sulla “situazione” e il gioco dialettico delle condizioni oggettive e soggettive. Sottolinea: “l’incapacità manifesta di liberare il paese del pantano, le classi dirigenti perdono fiducia in se stesse, i vecchi partiti si scompaginano, si arriva ad una feroce lotta tra gruppi e cricche, tutte le speranze sono depositate in un Miracolo o in un taumaturgo. Qui viene posta una delle premesse politiche dell’insurrezione, fondamentale ma passiva. In Trotzky spicca l’idea che la cosa più difficile da raggiungere, sia la costruzione di un partito e di un avanguardia, in modo che l’insurrezione possa avere successo. Allora che Guevara scrive un commento al testo di Trotsky: “nel primo comma c’è una contraddizione teorica: come può nascere l’incapacità di liberare il paese di cui si parla, nel contesto di una rottura dell’armonia tra rapporti di produzione e forze produttive, che include necessariamente, la classe antagonista e sviluppata”.

[16] l’ultimo paragrafo si riferisce alla lotta della socialdemocrazia e di tutto il riformismo istituzionale contro il “blanquismo”, denominazione sotto la quale, secondo il capo bolscevico e autore dell’ Immensa Storia della Rivoluzione russa, è racchiusa “l’essenza rivoluzionaria del pensiero marxista.”

Nella rivisitazione di questa vasta enumerazione di brani riprodotti dal Che nei suoi libri di lettura in Bolivia, si può notare come i suoi interessi non siano strettamente limitati al dibattito storiografico sulla rivoluzione d’ottobre. Il suo sguardo ovviamente, non è accademico. I soggetti sono molto variegati, ma dietro la loro apparente eterogeneità, hanno un ordine, formano un quadro generale. Il Trotsky descritto dal Che, pensa, parla e scrive delle società capitalistiche, delle nazioni oppresse e delle borghesie subordinate all’imperialismo. Quindi, di una rivoluzione radicale-anti-capitalista e anti-imperialista, effettuata alle estremità del sistema capitalista mondiale.

Che Guevara è interessato a quanto successo nella Russia bolscevica, ma soprattutto richiama l’attenzione sullo sguardo radicale di Trotsky sull’ordine sociale, le relazioni sociali eterogenee, le combinazioni e le articolazioni della stessa formazione sociale, il flusso dialettico delle fasi del processo rivoluzionario, l’analisi e la valutazione della situazione e il gioco delle condizioni (tra quelle oggettivi e quelle soggettive, nazionali e internazionali, il ruolo della soggettività politica e della consapevolezza organizzata; La valutazione sulle borghesie dipendenti e subalterne all’imperialismo).

Quello che Trotsky riconosce come cosiddetto “blanquismo” (insulto abituale proferito dalle correnti moderate verso quelle radicali), costituisce “l’essenza rivoluzionaria del pensiero marxista”, secondo le sue parole. Sì, se si sostituisce “blanquismo” con un insulto un po’ più moderno, (ma dello stesso tenore e orientamento, usato nei dibattiti in America Latina contro l’insurrezione da parte dei marxisti radicali che si spinsero al di là della contesa elettorale) si ottiene la stessa equazione.

In termini generali, con l’eccezione di quei pochi commenti critici marginali che il Che aggiunse all’analisi di Trotsky, egli nella stragrande maggioranza di ciò che lesse in quei paragrafi, ottenne dei suggerimenti che avrebbe messo a frutto nella rivoluzione latinoamericana.

A che conclusione arrivò dopo aver terminato di leggere Trotsky? Come valutò l’intero libro, che deve aver impiegato parecchio del suo tempo per studiare, dal momento che ha più di 1.000 pagine in totale ( tra l’altro letto e studiato non in una libreria confortevole o in una poltrona morbida, ma nel bel mezzo della giungla e nei campi dei guerriglieri)?

La conclusione del Che sulla storia della rivoluzione russa di Trotsky che appare dai libri di lettura della Bolivia è la seguente: “è un libro entusiasmante a cui non si può fare una critica perché è la qualità dell’attore che fa la storia.” Tuttavia, getta luce su tutta una serie di eventi della grande rivoluzione che sono stati mascherati dal mito. Allo stesso tempo, fa affermazioni isolate la cui validità è totale al giorno d’oggi. In breve, questa va considerata come una fonte di primo ordine per lo studio della rivoluzione russa.

 

Nato a Cesena nel 1992. Ha studiato antropologia e geografia all'Università di Bologna. Direttore della Voce delle Lotte, risiede a e insegna geografia a Roma nelle scuole superiori.