Dopo la Seconda Guerra Mondiale varie nazioni dell’Est Europa vennero inglobate nell’orbita delle politiche staliniste. In Ungheria però, uno di questi paesi inglobati, i lavoratori misero in discussione il potere della burocrazia stalinista con una rivoluzione che instaurò la democrazia sovietica.


La Seconda Guerra Mondiale
Durante la Seconda Guerra Mondiale, Hitler ordinò l’occupazione del paese nel marzo del 1944 e consegnò il governo ad un fascista alleato coi tedeschi. Il paese si trasformò così in un campo di battaglia contro gli eserciti dell’Asse in ritirata ed i sovietici. Il 23 di ottobre infatti, in direzione Berlino, l’esercito sovietico entrò in Ungheria recuperando antichi territori. Occupata completamente nelle primavera del 1945, essa rimase devastata.

Nel dicembre del 1944 i sovietici avevano già creato un governo parallelo con il Generale Bela Miklòs, installando così in Ungheria una “democrazia popolare”: l’unità del Partito Comunista (PC) con membri e partiti della borghesia. Tra il 1947 ed il 1948, con l’inizio della “guerra fredda”, lo stalinismo infine cacciò via i partiti borghesi (strattonando comunque per i loro interessi e la pressione imperialista) dai vari governi, e diede vita ai nuovi “Stati operai deformati”.

I trotskisti ritengono che l’URSS fu uno stato operaio degenerato, che nacque rivoluzionario ma che degenerò con la formazione dell’apparato burocratico. Il resto dei paesi invece, anche se nati da processi rivoluzionari, furono controllati sin dall’inizio dallo stalinismo o dalle direzioni piccolo borghesi che per condizioni eccezionali finirono al di là di quello che loro stesse volevano. Si formarono così gli “Stati operai deformati”. Gli stati dell’Europa dell’Est si convertirono così in una sorta di “pendio”, di “scudo protettivo” attorno all’URSS.

La rivoluzione contro lo stalinismo
La rivoluzione ungherese rappresentò il punto culminante di una serie di processi che cominciarono con il grande sciopero generale di Berlino Est nel 1953 e continuarono con l’insurrezione della città polacca di Poznan nel 1956. Tutte furono selvaggiamente represse dall’esercito russo.

Nonostante ciò, però, gli ungheresi ribadirono due aspetti fondamentali: la lotta contro l’oppressione nazionale da parte dei russi e la lotta per la democrazia operaia contro la burocrazia stalinista ungherese, satellite di quella moscovita.

Il processo ebbe inizio tra il 21 e 23 di ottobre del 1956,  con un profondo verso le truppe russe che faceva da sfondo. Nelle fabbriche sorsero assemblee per discutere di problemi riguardanti la mensa, il salario e la democrazia sindacale. Gli studenti delle superiori e delle università iniziarono a mobilitarsi. Le rivendicazioni riguardarono l’abolizione della pena di morte e l’istituzione della libertà di stampa fino al ritiro delle truppe sovietiche e la sostituzione di Matyas Rakosi con Imre Nagy nella segreteria generale del PC.

Nagy, riformista nazionalista, alla fine di ottobre formò un nuovo governo considerato come una conquista dai movimenti di massa. La classe lavoratrice, a differenza di Nagy, cercò di approfondire invece il processo rivoluzionario. In seguito le mobilitazioni di massa, gli attacchi alle sedi del PC, i giudizi popolari contro i dirigenti stalinisti e gli attacchi contro le truppe russe portarono ad uno sciopero generale insurrezionale che mise paura al regime stalinista. I consigli operai si estesero per tutto il paese e iniziarono a formare le funzioni di un potere di fabbrica e territoriale.

Di fronte alla pressione delle masse, Nagy dichiarò l’abbandono del Patto di Varsavia, che subordinava l’Ungheria all’URSS e per questo sarà arrestato dalle truppe russe. Il nuovo governo fantoccio di Janos Kádar finse di negoziare con i consigli, ma in realtà aprì la porta alla brutale repressione dell’esercito russo.

I consigli operai e la dualità di potere
Lo sviluppo dei consigli operai fu il momento più avanzato del processo rivoluzionario. Nati per iniziativa della burocrazia per conservare il controllo sugli operai si trasformarono ben presto in organismi centralizzatori della lotta operaia.

I delegati operai delle distinte sezioni composero il consiglio di fabbrica e si coordinarono per distretti. Così nel giro di poco sorse il Consiglio Centrale della Grande Budapest, che svolse un ruolo di primo in assenza di un vero organismo governativo nazionale. Le rivendicazioni dei consigli, oltre alla reintroduzione di Nagy nel governo, furono: ritiro delle truppe sovietiche, elezioni mediante scrutinio segreto in base al sistema multipartitico, formazione di un governo democratico, fabbriche sotto controllo operaio, mantenimento dei consigli operai, ristabilimento dei sindacati indipendenti […], rispetto del diritto di sciopero, libertà di stampa, di riunione, di religione, in sintesi tutti i principali obiettivi della rivoluzione(1).

Kádar rispose furioso dicendo: “allora quello che veramente vogliono è un contro-governo”(2).
Effettivamente i consigli continuarono sul metodo della lotta e mantennero la produzione nelle fabbriche rappresentando così tutta l’Ungheria operaia e popolare, e ascoltando tutte le sue rivendicazioni. Nagy non poté contenerli e Kádar decise di schiacciarli con l’aiuto dei carri armati russi.

Sebbene i consigli agissero come organizzazioni del potere dei lavoratori, i loro delegati in realtà fecero pressione innanzitutto su Nagy affinché la burocrazia del CP ungherese cambiasse. Più tardi, inoltre, con il governo di Kádar, premettero per negoziare con i russi il ritorno di Nagy e il ritiro delle truppe.

Così i consigli si dimostrarono assolutamente incapaci di risolvere la dualità dei poteri a favore del proletariato. A quell’epoca, inoltre, non esisteva nemmeno un partito rivoluzionario che potesse proporre una strategia indipendente dall’intera burocrazia, promuovere l’estensione e centralizzazione nazionale dei consigli dei lavoratori, e la conquista del potere per ripristinare la democrazia dei lavoratori sulla base di un’economia pianificata (processo che Trotsky chiamò rivoluzione politica, necessario per promuovere la rivoluzione internazionale).

Nonostante la sconfitta, la rivoluzione ungherese fu comunque un colpo molto duro per la burocrazia moscovita e i suoi satelliti. Essa fu l’ennesima dimostrazione storica della correttezza politica del programma di Trotsky per l’URSS (applicabile a tutti i paesi del cosiddetto “socialismo reale”): “[…] il principale compito politico dell’URSS rimane comunque il rovesciamento della burocrazia termidoriana. Ogni giorno aggiunto al suo dominio contribuisce a minare le fondamenta degli elementi socialisti dell’economia e ad aumentare le possibilità della restaurazione capitalista”(3).

E la stessa burocrazia confermò infatti le analisi di Trotsky, passando armi e bagagli alla restaurazione del capitalismo alla fine degli anni ’80 con l’obiettivo di trasformarsi in una nuova classe sfruttatrice. Solo una serie di sconfitte (Ungheria 56, Polonia 56, Sorgente di Praga 68, Polonia 80- 81, deviazione e sconfitta delle rivolte degli 89) ottenne di aprire questo corso apertamente pro-capitalista contro contro il movimento operaio e di massa.

Note
(1) Ernst Mandel, Controllo operaio, consigli operai, autogestione (antologia), Messico DF, Ed. Era, 1974, p. 349.
(2) Ernst Mandel, op. cit., p. 352.
(3 )León Trotsky, Il programma di transizione, Bs. As., Ed. CEIP, 2008, pp. 103 -105.

Gabriela Liszt

Traduzione di Lorenzo Montanari da La Izquierda Diario

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