Anche dopo l’abbandono del ruolo di segretario generale FIOM e l’entrata in Segreteria nazionale CGIL anzi, a maggior ragione, Maurizio Landini continua a essere presenza fissa sui media nazionali, specie in televisioni, dove tante volte ha infiammati i cuori di tutti i sinceri democratici italiani “di buon senso”, che non chiedono certo alla direzione dei sindacati di mettere in campo grandi scioperi generali per rispedire al mittente tutte le leggi anti-operaie, le (contro)riforme fatte a misura di industriali e banchieri, il taglio senza fine del welfare, eccetera. Anche ieri a LA7, nel programma L’aria che tira, Landini ha voluto darci un’altra iniezione del suo “buon senso di sinistra” che ha portato, tra le molte altre cose, la FIOM-CGIL a fare nulla o quasi contro mazzate epocali come il ritiro dell’Articolo 18 e l’introduzione del Jobs Act (salvo lamentarsi dopo, a cose fatte), la firma del TUR (Testo Unico sulla Rappresentanza del 2014) che ha imposto un regime anti-democratico e anti-sciopero nelle aziende, il nuovo contratto dei metalmeccanici (giudicato unanimemente peggiore di quello “irricevibile” del 2012).

Vediamo di seguito che dice Landini:

“Se ci sono 120 miliardi di evasione fiscale, non sono né i lavoratori dipendenti, né i pensionati a evadere“

“Quello che mi fa girare le scatole è che quelli che non pagano le tasse spiegano a quelli che le pagano che bisogna togliere i diritti a coloro che pagano le tasse. Capite che qualcosa non funziona?
Ricordo che dal 1970 al 2008 il Paese era in crescita, eppure c’era l’articolo 18. Ora l’hanno tolto, insieme alle pensioni.
Come siamo messi? Meglio?”

“Un Paese civile degno di questo nome deve considerare un diritto il fatto che una persona possa lavorare, senza essere ricattato da nessuno. E questo non è né di destra, né di sinistra.  I diritti nel lavoro sono necessari per permettere alle persone di realizzarsi nel lavoro. Se questo principio viene messo in discussione, si arriva alla mercificazione del lavoro.
Se io ti licenzio, anche se non ho ragione, e se lo posso fare dandoti un po’ di soldi, vuol dire che si possono comprare e vendere a piacimento le persone”.

 

Ricaviamo dunque qualche tesi dal discorso del Maurizio nazionale:

1)la crescita economica di un paese nei decenni dipende principalmente da quanti diritti ha la classe operaia, non c’entra nulla lo sviluppo della produzione, lo stato del commercio internazionale, le politiche industriali dello Stato, dei singoli capitalisti, delle multinazionali e dei cartelli industriali, del sistema bancario e finanziario. Quindi non solo noi marxisti non capiamo nulla, ma nemmeno gli economisti borghesi, di qualsiasi corrente siano!

2)i paesi si dividono in “civili” e “non civili” dove i primi (che non esistono) hanno disoccupazione zero e fanno realizzare le masse attraverso il lavoro. Andasse Landini a chiedere agli iscritti FIOM (visto che evidentemente si è scordato che vuol dire lavorare in fabbrica) quanto si “realizzano” in 8 ore di catena;

3)la forza-lavoro NON è una merce, però la si compra e la si vende… come una merce! L’importante è che ci sia il licenziamento “per giusta causa” – come se i padroni prima non riuscissero mai a licenziare nessuno. I licenziamenti di massa pure nelle aziende “sane” pre-2014  (pre-Jobs Act) com’erano possibili, allora? Mistero della fede.

Così come per noi rimane un po’ un mistero il fatto che la direzione Camusso-Landini tergiversi ancora di fronte alla conferma, da parte del governo, di aumenti dell’età pensionabile. Va bene che ormai la maggioranza degli iscritti alla CGIL sono persone già pensionate, ma è così necessario cavalcare verso l’abisso di condizioni di lavoro e pensionistiche sempre più disumane, senza mai dare una seria battaglia? Noi pensiamo di no, e (non solo lì) al Congresso generale della CGIL del prossimo anno, tutti i lavoratori CGIL che non hanno a che fare con questa politica di finta lotta ai padroni e al loro governo, dovrebbero riflettere bene sulla situazione di scatafascio generale, e su quali metodi e quali programmi è possibile oggi fare realmente sindacato, contro ogni politica di accordo a perdere con la controparte. Andare avanti così è un suicidio e non è più possibile.

 

Giacomo Turci

Nato a Cesena nel 1992. Ha studiato antropologia e geografia all'Università di Bologna. Direttore della Voce delle Lotte, risiede a e insegna geografia a Roma nelle scuole superiori.