Il 23 marzo è stata una grande giornata di lotta per gli stabilimenti Fiat Chrysler in Italia.
Lo sciopero convocato dal coordinamento intersindacale denominato Operai Autorganizzati FCA ha visto un’adesione parziale degli operai, ma il segnale che lancia è ad ogni modo d’importanza fondamentale.

Prima di tutto perchè in FCA a quasi 10 anni dall’affermazione del Piano Marchionne in nessuno degli stabilimenti vi erano state mobilitazioni dei lavoratori. Fa eccezione lo sciopero che 300 operai costretti al trasferimento da Pomigliano a Cassino hanno messo in atto nei mesi scorsi da soli, senza confrontarsi neppure coi sindacati presenti in fabbrica.

I manager aziendali, i team leader, i preposti, i vigilantes e le burocrazie sindacali per 10 anni hanno costruito un clima di terrore nelle fabbriche italiane di FCA. I livelli di pressione sono tali che spesso gli operai denunciano condizioni psicologiche precarie, costretti a rivolgersi alle cure per sopportare l’ansia quotidiana tra minacce, tempi cronometrati persino per andare al bagno e ritmi di lavoro insostenibili.

FCA non è un gruppo industriale qualunque in Italia. Rappresenta da oltre 100 anni il centro del capitalismo italiano e le sue decisioni influenzano le politiche dei governi imperialisti da sempre.
Pertanto, il fatto che centinaia di operai negli stabilimenti di Pomigliano, Melfi e Termoli siano scesi in sciopero è un fatto incoraggiante, che sommato allo sciopero spontaneo dei 300 trasfertisti ci dà un segnale di un malcontento che oramai cova e che presto potrebbe esplodere.

Marchionne, infatti, ha annunciato che il 1 giugno spiegherà il Piano Quinquennale per FCA in Italia e Europa, ma già allo scorso salone di Ginevra ha rilasciato dichiarazioni dove spiega che il gruppo ha intenzione di non considerare centrale la produzione in Europa e che vuole concentrarsi su altri mercati, come quello dell’America Latina. Tradotto ciò significherà che gli stabilimenti del gruppo di proprietà di Exor subiranno una ulteriore flessione in termini occupazionali: ancora licenziamenti.

Assieme agli operai del Si Cobas si sono fermati a bloccare i cancelli gli iscritti della FIOM.
Sin dalle prime ore dell’alba centinaia di operai hanno spento le automobili e sono scesi in picchetto assieme ai lavoratori della logistica accorsi da tutta Italia per portare manforte alla lotta degli operai Fiat.
Una dinamica che in parte è andata contro ogni rosea aspettativa, visti anche gli atteggiamenti ambigui della direzione FIOM del comparto.

Gli operai iscritti FIOM, contro il parere delle proprie dirigenze, hanno scioperato a seguito di un comitato iscritti che ha deciso di aderire allo sciopero, a Pomigliano. Anche a Melfi, dove in centinaia hanno scioperato coi compagni combattivi storici dello stabilimento iscritti alla USB, una RSA della FIOM ha pubblicato un comunicato di critica alle direzioni CGIL per non aver sostenuto questa mobilitazione. Allo stesso modo a Termoli hanno scioperato in centinaia assieme ai compagni del Sindacato Operaio Autorganizzato.

FCA sin dalle ore 9 del mattino ha rilasciato un comunicato dove affermava che lo sciopero fosse stato un flop, arrivando a dire che solo 1 o 2 operai vi avevano aderito. Affermazioni chiaramente false mosse da un evidente nervosismo da parte delle direzioni aziendali, perchè diffondere la notizia che in centinaia in tutti gli stabilimenti stavano partecipando allo sciopero avrebbe potuto infondere entusiasmo tra gli operai ed è ciò che FCA teme più di tutto.

Nelle prossime settimane le mobilitazioni proseguiranno e molto probabilmente vedremo un’esplosione delle contraddizioni nel periodo che va dal 1 giugno – data in cui Marchionne annuncerà i nuovi Piani industriali – e il mese di luglio – periodo in cui scadranno definitivamente gli ammortizzatori sociali senza possibilità di proroga.
Sono circa 8 mila, infatti, gli esuberi che i sindacati denunciano potrebbero esserci in tutti gli stabilimenti, come già abbiamo scritto in un articolo su LVDL: FCA pronta a licenziare migliaia di operai: il 23 marzo sciopero di tutti gli stabilimenti e mobilitazione a Pomigliano

Come Frazione Internazionalista Rivoluzionaria siamo parte integrante delle battaglie dei compagni operai del gruppo FCA. Assieme a loro abbiamo condiviso anni di mobilitazioni, studiato insieme strategie e battaglie da portare avanti. Per questo eravamo ai cancelli portando il nostro sostegno militante, ma pure delle rivendicazioni che andassero oltre la semplice difesa del posto di lavoro, di per sè centrale come battaglia.

Abbiamo ribadito che prima di tutto FCA va nazionalizzata, cioè va espropriata alla Exor e resa pubblica, perchè aspettare i piani industriali di Marchionne – come invece dicono le burocrazie sindacali – non può essere la soluzione, a maggior ragione se questi prevedono aumento dei ritmi, allungamento dell’orario di lavoro, abbassamento dei salari e migliaia di licenziamenti. D’altronde non c’è un altro piano industriale che il Capitale possa presentare: la sua natura è accumulare, non garantire occupazione.

In più, oltre la nazionalizzazione, la produzione stessa va messa in discussione: tempi, modalità e finalità dell’organizzazione del lavoro devono passare sotto il controllo del movimento operaio con l’istituzione di comitati di fabbrica. Questi comitati devono decidere democraticamente a cosa finalizzare il lavoro, perchè soltanto gli operai possono garantire per sè stessi e per tutto il resto della società un benessere, non avendo interesse per accumulazione di denaro da difendere.

Ma per raggiungere questo obiettivo è necessario unire il fronte dei lavoratori. Al di là della divisione tra burocrazie sindacali, ma pure al di là dei confini nazionali, poichè FCA, essendo una multinazionale, ha gioco facile nel ricattare gli operai col classico “bere o affogare” minacciando di delocalizzare la produzione altrove. Quindi, è necessario coordinare iniziative di scioperi e mobilitazioni tra gli operai di tutti gli stabilimenti d’Europa.

Il 23 marzo è solo il primo momento di una battaglia che nei prossimi mesi potrebbe vedere una sua acutizzazione. Pertanto è di fondamentale importanza che le intere forze militanti della sinistra di lotta sostengano questa battaglia in uno dei comparti dell’economia dove è nato il Jobs Act, una legge antiproletaria che ha massacrato le condizioni di vita di milioni di giovani e di lavoratori.

La partita è appena cominciata!

Douglas Mortimer

 

Nato a Cesena nel 1992. Ha studiato antropologia e geografia all'Università di Bologna. Direttore della Voce delle Lotte, risiede a e insegna geografia a Roma nelle scuole superiori.