Il sistema prussiano, la scuola di oggi e la coercizione del bambino in epoca capitalistica.

 

Intraprendendo la lettura del saggio Paideia di Werner Jaeger la mia mente è stata pervasa da molteplici questioni irrisolte. La tematica dell’educazione, analizzata in tutte le sue sfaccettature, ritengo che sia assai contemporanea, fulcro ancora oggi di accese discussioni. Se l’educazione era infatti un mezzo attraverso il quale l’ideale di una società giungeva alla sua più concreta realizzazione, è anche vero che tale ideale era, è stato ed è ancora, determinato dall’interesse privato della classe dirigente. Se per gli antichi greci tale ideale, l’areté, risultava da una nobiltà il cui significato albergava nel vivace coraggio e nell’onnipresente sacrificio dell’eroe in vista dello sviluppo fiorente della comunità, è anche vero che questi era generato non dall’insieme delle collettività che costituiscono una società, ma da una stretta cerchia appartenente ad una classe sociale privilegiata il cui fine era costituito dalla realizzazione di un interesse ad essa rivolto.

Un esempio lampante è visibile nell’attuale sistema educativo, derivante (o forse di più) dal sistema prussiano applicato durante il regime di Prussia nel XVIII secolo. Fu un sistema che appariva rivoluzionario per l’epoca, se si considera che l’istruzione era per la prima volta aperta a tutti i fanciulli del paese, permettendo un’alfabetizzazione non esclusivamente delle classi più agiate, ma anche di quelle più povere. Sì, ma a quale prezzo? Il motore cardine che spinse il governo prussiano all’attualizzazione di un tale sistema non era di certo l’aumento del tasso di alfabetizzazione, ma l’introduzione di un concetto che avrebbe plasmato la mente del bambino a favore del profitto della classe dirigente. Educare la mente all’obbedienza fu lo scopo ultimo di tale sistema educativo, l’annichilimento della fame di conoscenza che caratterizza la natura della specie umana a favore di una coercizione totalitaria. Ancora oggi il sistema capitalistico, all’interno del quale il sistema educativo prussiano vive(va) prosperoso, ci mostra come la scuola non è più il centro della cultura, ma un’estensione del mercato del lavoro il cui fine ultimo è la mercificazione delle competenze dell’individuo che hanno come scopo l’incoraggiamento del suo inserimento all’interno della società del Capitale e concretizzarne i suoi interessi. La coercizione del corpo che avviene all’interno degli edifici scolastici, dove il bambino è costretto a perpetuare ad oltranza una singola postura, è infatti uno dei sintomi di un sistema politico che opprime senza educare, come si presume, alla disciplina. Foucault parlava chiaramente di come il capitalismo svela le sue radici in quella dittatura corporale che alberga nei centri educativi. In questo caso, l’educazione si fa strumento attraverso il quale una definita classe politica manipola e ne opprime un’altra in nome di un profitto privato.

Ritornando ad analizzare il sistema prussiano, non bisogna dimenticare che uno dei suoi pilastri fondanti fu la religione. La fazione dei pietisti pensava infatti che l’alfabetizzazione potesse venire a compimento soltanto attraverso una lettura personale della Bibbia accessibile all’intera comunità. Il terrore, che rievoca quello ecclesiastico medievale, non è poi così estraneo al sistema educativo prussiano, che prevede l’obbligo scolastico e l’apprendimento a colpi di premi e castighi (l’utilizzo di una scala di votazione): elementi che rivelano una traiettoria meritocratica prestabilita. O ancora l’impossibilità di confronto tra diverse fette d’età espressa nell’omogeneità delle classi. E dove collochiamo, a questo punto, l’autonomia? Da nessuna parte. Non nel sistema prussiano, almeno. La pedagogia Montessori, ad esempio, si oppone all’attuale sistema educativo, benché quest’ultimo ne abbia rubato alcuni elementi fondamentali (tra i quali l’adattamento degli spazi alla taglia del bambino). Benché il sistema Montessori sia stato inizialmente approvato dal regima fascista, Mussolini realizzò rapidamente quanto questo potesse nuocere al suo potere politico totalitario. Egli, infatti, strumentalizzò la Montessori, la quale fu in seguito costretta a fuggire dal territorio italiano. Nessuna votazione, la distribuzione di classi eterogenee, l’individualizzazione delle attività scolastiche avrebbero fatto del bambino un soggetto autonomo non incline al rispetto delle coercitive regolamentazioni fasciste. È un errore se oggi pensiamo a tale pedagogia come ad un sistema elitario (pensiero probabilmente provocato dalla sua illegittima privatizzazione).

A questo punto, ripeto, è facile comprendere che il sistema educativo vigente non è in alcun modo al servizio della cultura delle classi popolari, ma di quelle dirigenti, che hanno il barbaro compito di plasmare le masse in vista di un profitto sempre più crescente. E lungi dal volere a tutti i costi difendere il metodo Montessori, non posso negare che questo costituisca un più valido percorso scolastico, atto non alla costruzione di una merce da scagliare con noncuranza nelle braccia del Capitale, ma di un individuo capace di costruire una solida autonomia che non dimentica il confronto, propenso all’auto-disciplina e al riconoscimento delle proprie capacità, nel rispetto e nel riconoscimento delle differenze.

 

Ilaria Fortunato

Nato a Cesena nel 1992. Ha studiato antropologia e geografia all'Università di Bologna. Direttore della Voce delle Lotte, risiede a e insegna geografia a Roma nelle scuole superiori.