Nel quadro dell’ascesa dell’estrema destra in Brasile, in vista del ballottaggio delle elezioni politiche, pubblichiamo la traduzione di un’intervista a Leticia Parks, redattrice del giornale online militante Esquerda Diario Brasil e militante del MRT, sezione brasiliana della Frazione Trotskista. Da San Paolo, Leticia commenta la situazione politica brasiliana.


Benché nelle ultime settimane i sondaggi avessero già annunciato il trionfo di Bolsonaro, come vedi il risultato delle elezioni del 7 ottobre?

L’avanzata di una destra con queste caratteristiche è questione molto importante per tutta l’America Latina. Come abbiamo potuto vedere dai suoi discorsi, Bolsonaro è un uomo che promuove l’odio contro le donne, i neri e le popolazioni indigene del Brasile. Questo risultato è parte di un processo elettorale caratterizzato da una massiccia manipolazione da parte dei media e deve essere visto in continuità con il golpe istituzionale che abbiamo subito in Brasile nel 2016 e che ha destituito Dilma Rousseff dalla presidenza. Già nel 2016, il MRT aveva dichiarato che il golpe era un tentativo di attaccare apertamente gli operai e imporre la crisi che qui in Brasile stiamo iniziando a sperimentare in maniera molto forte. Le elezioni presidenziali sono state segnate dalle manipolazioni. Lula era il candidato preferito dalla popolazione. Godeva del 40% delle intenzioni di voto, ma il sistema giudiziario ha usato metodi fortemente autoritari per impedirgli di partecipare, arrivando fino alla sua detenzione arbitraria. I brasiliani non hanno potuto votare per il loro candidato preferito, e questo è il primo elemento da considerare per capire il successo di Bolsonaro. Preso atto dell’impossibilità di Lula a candidarsi alle elezioni, il PT ha candidato Fernando Haddad che sfiderà Bolsonaro al secondo turno e c’è stato un tentativo da parte del PT di trasferire i suoi voti ad Haddad. Questa strategia tuttavia non ha dato i risultati sperati perché alcuni di quelli che avrebbero votato per Lula hanno deciso di votare per Bolsonaro, che ha ottenuto così il 46% dei voti. Le elezioni sono state brutalmente manipolate dalla magistratura, con la crescente partecipazione delle Forze Armate alleate di Bolsonaro. Bisogna anche tener conto del fatto che Geraldo Alckmin, candidato di regime in continuità con il golpe e favorito della borghesia, ha subito una pesante sconfitta: partito con un’intenzione di voto del 18% ha ottenuto solo il 4% dei voti. Parte della popolazione che avrebbe votato per Alckmin ha deciso di votare per Bolsonaro ritenendolo il candidato migliore per guidare il paese e combattere la corruzione.

Anche se Bolsonaro esprime posizioni fasciste contro donne, neri e soprattutto contro la sinistra, continua a guadagnare consensi per la crescente rabbia della popolazione contro la corruzione politica e la violenza diffusa nel paese a causa della crisi. C’è un desiderio di cambiamento che purtroppo viene intercettato dall’estrema destra.

Se guardiamo ai diversi media internazionali, è curioso notare come la maggior parte di essi ignori che questo processo è in continuità col golpe istituzionale del 2016. Perché, come dice lei, un golpe c’è effettivamente stato, anche se è stato portato avanti attraverso l’impeachment e non alla vecchia maniera, cioè attraverso il ricorso ai militari. Come valuta il fatto che i media internazionali si occupino delle elezioni in Brasile senza tener conto del contesto in cui si svolgono?

Senza dubbio si tratta di un’operazione mediatica. I media ufficiali non riconoscono che c’è stato un golpe e su quello che è successo nel 2016 si confrontano diverse versioni. I media della borghesia non dicono che si tratta della continuazione del brutale attacco che la classe operaia ha subito nel 2016, con la destituzione di una presidente eletta con il 54% dei voti.

È un’usurpazione del voto della maggioranza.

I media danno un’altra storia: dicono che il problema è la corruzione che saccheggia l’economia. Presentano le attuali elezioni come un processo normale, mentre la magistratura decide anche chi può o non può candidarsi, come se fosse una parte normale del sistema democratico. Sappiamo, naturalmente, che non è così.

Questa manovra mediatica è parte di una tattica che mira a normalizzare la situazione e raccontare che nel 2016 non c’è stato alcun golpe e che la democrazia brasiliana è salda. Al contrario, la popolazione ritiene che non ci sia niente di normale. Non è normale che le persone decidano di votare per un uomo che non ha partecipato ai dibattiti perché è stato pugnalato. La stragrande maggioranza degli elettori non conosce l’agenda politica o economica di Bolsonaro, solo una !avanguardia reazionaria! la conosce. Va detto che la stragrande maggioranza della popolazione vota contro la corruzione: questo sentimento popolare contro la corruzione ha preso forza in concomitanza con l’operazione Lava Jato (o scandalo Petrobras) ed i media non hanno perso occasione per cavalcare la questione, imputando alla corruzione politica i problemi economici che esistono oggi in Brasile. Questo fa parte di una narrazione che cerca di assicurare la continuità con il golpe del 2016 e spingere verso l’austerità.

La borghesia sta compiendo enormi sforzi per imporre l’austerità, perché con il golpe del 2016 non è stata in grado di completare i propri piani. Il presidente Temer, che riscuote il 95% del dissenso, non ha potuto portare avanti la riforma delle pensioni, cioè l’obiettivo più alto cui puntava la borghesia brasiliana: per la borghesia si tratta di privatizzare tutto e lasciare il campo all’austerità.

Hai messo l’accento sulla divergenza di giudizi in merito al golpe istituzionale in Brasile. C’è un altro elemento messo in luce dai media e dai social network, l’idea cioè che con il risultato del primo turno emerga la figura dell’“uomo forte contro la corruzione”. Molti vedono in Bolsonaro un Donald Trump dei tropici. Come definiresti Jair Bolsonaro?

Bolsonaro fa certamente parte di questo fenomeno internazionale che vede emergere una destra estrema xenofoba e razzista, fenomeno che non si manifesta solo con la figura di Trump, ma anche attraverso altre figure politiche ampiamente citate da Benicio Himes e altri media.
Ciò che è importante dire è che oltre all’odio contro le minoranze e gli attacchi contro gli immigrati e le donne, Jair Bolsonaro in Brasile è estremamente violento anche contro la sinistra e per questo possiamo dire che la sua figura politica manifesta tratti marcatamente fascisti. In un programma televisivo, ha detto ad esempio che il PT era destinato a diventare in Brasile un partito comunista e che i comunisti e i “rossi” dovevano essere sconfitti. Questo è un elemento caratteristico della comunicazione di Bolsonaro che non si trova, ad esempio, in Trump. Bolsonaro vuole rimuovere dalla coscienza della gente la fiducia verso il PT e cambiare il modo con cui gli elettori si sono sentiti rappresentati da questo partito. Si tratta di una identificazione molto forte quella tra il PT ed il suo elettorato, legata al modo in cui PT è nato. Oggi in Brasile ci sono toni estremamente violenti contro il PT e la sinistra in generale.

Inoltre Bolsonaro distilla nel suo programma l’odio contro la popolazione nera e rurale per emergere come figura di riferimento della destra. Il Brasile è un paese che ha sperimentato 300 anni di schiavitù e dove c’è un’enorme differenza di salari e condizioni di vita e lavoro tra lavoratori bianchi e neri, dove le donne nere ricevono il 60% in meno di paga rispetto ai lavoratori bianchi. Per diventare una figura di riferimento agli occhi della borghesia nazionale, Bolsonaro deve mettere in circolo un forte odio razziale, odio che si esprime bene con le aggressioni e gli omicidi che si sono verificati nelle ultime settimane.

È importante notare che queste personalità di destra che emergono oggi sulla scena politica sono parte di un fenomeno internazionale, ma che in Brasile hanno caratteristiche del tutto particolari. Bolsonaro rappresenta una tendenza ancora più reazionaria. In questo senso rappresenta una minaccia per l’intera America Latina: la borghesia sta sperimentando qui in Brasile un modello politico e sociale. Se questo modello uscirà vincente in Brasile, sarà l’occasione per cambiare gli equilibri di potere a svantaggio della classe lavoratrice in tutta l’America Latina.

Leticia, ci hai spiegato l’ascesa e il successo di Bolsonaro, la sua retorica caratterizzata dall’odio razziale e dagli gli attacchi contro la sinistra, contro le donne e le persone LGBT, contro i movimenti dei contadini e dei lavoratori. Hai anche parlato di questa situazione in Brasile come di un esperimento regionale. In risposta agli attacchi fascisti, abbiamo assistito a reazioni e prese di posizione. In che modo l’MRT e le diverse organizzazioni intendono affrontare l’estrema destra?

Si tratta di un unico problema. Il profilo di Bolsonaro è fascistizzante, ma è importante dire che alla borghesia non interessa una “retorica di Stato” contro donne, contadini o neri. Ciò che è veramente importa alla borghesia è sconfiggere la sinistra ed è per questo che Bolsonaro insiste su questo punto. I fascisti hanno assassinato il maestro e compositore Moa do Katendêche che combatteva il razzismo. La borghesia e lo stesso Bolsonaro hanno dovuto prendere le distanze da questa violenza sostenendo che non fa parte della loro politica. Hanno detto di non aver mai sostenuto pestaggi e torture. Questa è pura demagogia, perché Bolsonaro sta facendo discorsi che incoraggiano questi attacchi brutali. E tuttavia una polarizzazione così profonda della popolazione non è nell’interesse della destra e della borghesia. È accaduto qualcosa che la borghesia non voleva: dopo l’omicidio di Moa, il popolo ha iniziato a mobilitarsi e ha organizzato una marcia di protesta contro questo assassinio.

Noi del MRT saremo a fianco delle persone che vogliono sconfiggere Bolsonaro in queste elezioni, ma diciamo anche che questi attacchi fascisti e il rafforzamento dell’estrema destra devono essere combattuti per strada e sui posti di lavoro e di studio. Per questo motivo chiediamo ai sindacati di mobilitarsi con gli scioperi.

Dobbiamo formare migliaia di comitati per canalizzare il bisogno di rivolta che c’è tra il popolo, perché dopo ogni attacco, dopo ogni omicidio, la gente vuole alzare la testa e reagire, protestare e scendere in piazza. Ma per fare questo bisogna organizzarsi. E anche se Bolsonaro perderà le elezioni, il che è improbabile, l’estrema destra ne uscirà più forte e potrà essere affrontata e battuta solo con i nostri metodi: la mobilitazione della classe operaia organizzata nei luoghi di lavoro.

La sinistra convoca in massa gli elettori per votare Haddad. Votiamo Haddad con spirito critico e siamo critici verso quei settori di sinistra che portano avanti una strategia puramente elettorale, chiedendo di votare Haddad per sconfiggere la destra. Sosteniamo che le elezioni del 28 ottobre non porranno fine al rafforzamento della destra e che anzi la destra continuerà ad attaccare la nostra classe attraverso misure economiche improntate all’austerità. Ciò che conta davvero è come la classe lavoratrice si organizzerà per resistere a questi attacchi.

Traduzione di Ylenia Gironella da Révolution Permanente

Nato a Cesena nel 1992. Ha studiato antropologia e geografia all'Università di Bologna. Direttore della Voce delle Lotte, risiede a e insegna geografia a Roma nelle scuole superiori.