Nella notte è terminata la conta dei voti dopo il ballottaggio tra Fernando Haddad (candidato del PT, Partito dei Lavoratori) e Jair Bolsonaro (candidato di una coalizione di destra) per l’elezione a presidente federale del Brasile. Bolsonaro ha ottenuto 55 milioni di voti contro i 44 milioni di voti di Haddad: il primo ha guadagnato 6 milioni di voti e il secondo 13 milioni di voti rispetto al primo turno. Su 27 Stati federali brasiliani, Bolsonaro ha vinto in 16 Stati, mentre Haddad in 11. Proponiamo un’analisi a caldo di un compagno brasiliano del MRT, che alle elezioni ha presentato candidature indipendenti nelle liste del PSOL e al ballottaggio ha dichiarato il suo voto critico per Haddad.


Il trionfo di  Bolsonaro su Haddad per dieci punti percentuali non significa che l’ultra-reazionario abbia il via libera per attuare tutto il suo programma.

 

Bolsonaro ha incassato il 55% dei voti contro il 45% dei voti di Fernando Haddad. 

Bolsonaro ha vinto le elezioni più manipolate della storia recente del paese; ha capitalizzato la radicalizzazione del sentimento anti-PT e del tracollo della destra tradizionale (specialmente della catastrofe del PSDB di Fernando Herique Cardoso), nel quadro di una serie di manovre giudiziarie orchestrate e sotto la tutela delle Forze Armate, così che queste elezioni si sono svolte in continuità e approfondendo il golpe istituzionale del 2016.

Bolsonaro ha espresso una radicalizzazione della retorica religiosa [specie dei cristiani evangelici, ndt], promettendo attacchi ai diritti democratici. Nel suo primo discorso dopo il risultato del secondo turno, ha reso grazie pubblicamente [alle chiese] e ha fatto vari riferimenti religiosi, giurando in nome di Dio di realizzare le riforme contro i lavoratori che il mercato finanziario desidera. Nei suoi discorsi precedenti già aveva annunciato una chiara campagna di radicalizzazione anti-sinistra, promettendo di carcerare ed espellere i “rossi” dal paese.

Sarà l’ottavo presidente brasiliano dal tempo della transizione dalla dittatura: si apre un nuovo ciclo nel paese. La borghesia cercherà di alterare i rapporti di forza tra le classi tramite il programma di Bolsonaro contro i lavoratori e la popolazione povera. Il suo programma continua in forma più violenta le riforme di Temer, approfondendo l’attacco ai diritti tramite la riforma del lavoro, un attacco alle pensioni e le privatizzazioni di tutte le imprese statali per favorire l’imperialismo.

Tuttavia, ciò non significa che abbia via libera per mettere in pratica tutto il suo programma. Bolsonaro ha vinto al secondo turno, ma le masse che hanno accumulato esperienza politica con gli attacchi di Temer, e associano il peggioramento delle loro condizioni di vita al golpe istituzionale, non accetteranno pacificamente le politiche di austerità. È necessario che ci organizziamo per affrontare questa prosecuzione violenta del golpe.

Il distacco di 18 punti percentuali che Bolsonaro vantava dopo il primo turno è calato nell’ultima settimana riducendosi a 10 punti, diminuendo il margine della sua vittoria. Se è vero che la situazione politica si evolve ulteriormente a destra con un presidente reazionario che personifica la prosecuzione violenta degli attacchi di Temer, ugualmente è certo che questo declino nel tratto finale indica che la lotta di classe sarà presente già nei primi momenti del suo mandato.

Le borse hanno già risposto al trionfo di Bolsonaro con vari rialzi. Gli applausi della banca statunitense Goldman Sachs rivelano che i capitani del capitale finanziario mondiale, i proprietari del debito pubblico brasiliano che ogni anno prelevano mille miliardi di reais [moneta brasiliana che equivale a un quarto di euro, ndt] dal paese – il capitale straniero, primo fra tutti quello statunitense – prevedono di super-sfruttare la classe operaia, saccheggiare la ricchezza nazionale e le sue principali compagnie, come Petrobras, Banco do Brasil , Caixa Econômica e Correos.

La squadra di banchieri e imprenditori milionari che formerà il gabinetto di Bolsonaro avrà una funzione speciale: attaccare tutti i diritti dei lavoratori, farla finita coi contratti collettivi, schiavizzare la popolazione tramite la terziarizzazione dell’economia, specialmente riguardo alla popolazione nera e nativa, la quale è particolarmente in odio a Bolsonaro e al suo vice Hamilton Mourão. Jorge Paulo Lemann, l’uomo più ricco del Brasile, proprietario di Abev; Alexandre Bettamio, presidente esecutivo di Bank of America per l’America Latina; Juan Cox, presidente del consiglio d’amministrazione di TIM, e Sergio Eraldo de Salles Pinto, di Bozanno Inversiones: questi sono alcuni dei capitalisti che insieme ai latifondisti e ai finanzieri si adopereranno perché siano i lavoratori a pagare la crisi che loro hanno generato.

Nonostante faccia uso oggi di una retorica con un volto democratico, Bolsonaro ha affermato sistematicamente in precedenti interviste che se fosse stato eletto presidente avrebbe chiuso il Congresso, sostenendo la dittatura militare e la tortura, in un odio ripugnante per le donne, i neri, gli indigeni, alla comunità LGBT. Da parte sua, il suo vice Mourão non mente quando dice che vuole porre fine alle tredicesime. Anche Bolsonaro non mente mentendo quando dice che vuole porre fine a tutte le compagnie statali e flessibilizzare tutti i diritti del lavoro molto più di quanto non abbia già fatto Temer.

Senza dubbio i lavoratori non hanno alcun interesse in comune col programma economico ultra-neoliberale di Bolsonaro e Paolo Guedes, i quali già hanno promesso di privatizzare le Poste statali, attaccare i salari, ridurre il “costo del lavoro” a favore degli imprenditori.

La vittoria di Bolsonaro stato per stato.

 

Alcuni limiti per il programma ultra-neoliberale di Bolsonaro

Un sondaggio di DataPoder360 del 17 e 18 ottobre 2018 indica che solo il 37% degli elettori di Bolsonaro pensa che “il governo deve vendere in tutto o in parte” le imprese statali. Per il 44% dei bolsonaristi è meglio mantenerle sotto controllo statale. Solo il 30% sono a favore della vendita di Petrobras [la colossale azienda statale petrolifera brasiliana, ndt]. Un altro 60% afferma che Petrobras debba rimanere sotto controllo statale.

D’altro canto, in un sondaggio di inizio anno, uno schiacciante 86% della popolazione era contro la riforma delle pensioni che Bolsonaro e il suo vice, Hamilton Mourão, hanno indicato come la “priorità numero uno” del loro governo.

Non c’è dubbio che Bolsonaro affronterà innumerevoli contraddizioni per poter governare, e che ciò sarà un’opportunità perché le lotte dei lavoratori emergano e affrontino i capitalisti e la destra; contraddizioni che si manifesteranno nonostante tutte le alleanze che Bolsonaro potrà fare fare in parlamento, come ha già annunciato con i partiti più corrotti del paese, come il DEM di destra di Rodrigo Maia, campione della riforma delle pensioni.

1) Nella settimana precedente al secondo turno, Bolsonaro ha visto ridursi il distacco e aumentare l’opposizione alla sua figura a seguito delle sue dichiarazioni fasciste contro i “rossi”, e la minaccia di suo figlio Eduardo sulla chiusura del Tribunale Supremo Federale. Potendo contare alla fine solo con un vantaggio del 10%, avrà maggiori difficoltà ad applicare i tagli desiderati.

2) Dovrà occuparsi di ciò che esprime la fine della sua demagogia “anti-sistema” e “anti-corruzione”, che ha già messo da parte per stringere accordi con i partiti parlamentari più corrotti per garantire una base per il suo governo. Sono le stesse bande mafiose e corrotte che sostengono il governo  Temer delegittimato, e che hanno usufruito del sistema di favori tra governo e parlamento che Bolsonaro tanto ha criticato al PT.

3) Una parte importante della sua base elettorale non è consapevole del fatto che il suo governo sarà molto peggiore di quello di Temer in termini di attacchi, distruzione dei diritti e peggioramento delle condizioni di vita. Una contraddizione che tende a diventare ancora più acuta con l’escalation della demagogia che ha fatto nel secondo turno, per non perdere gli elettori lulista conquistati al primo turno sulla base delle promesse di mantenere la tredicesima, la Bolsa Familia [programma di welfare per le famiglie povere istituito dal PT di Lula, ndt], e che non aumenterà le tasse per i più poveri.

4) Gli zigzag di Bolsonaro, che è passato dal dire che privatizzerebbe tutte le imprese pubbliche a riconoscere che avrebbe mantenuto il loro “nucleo strategico”, sono un assaggio dei conflitti che esistono nel programma ultraliberale di Paulo Guedes e negli interessi strategici delle industrie militari e della borghesia brasiliana.

Non è possibile combattere il governo Bolsonaro, che rappresenta i “padroni del paese” e la sottomissione all’imperialismo straniero, senza un’enorme forza organizzata, in ogni posto di lavoro e di studio, con un programma anticapitalista e socialista che influenzi i settori di massa che si sono scontrati con Bolsonaro negli ultimi mesi.

Sappiamo che il PT non è assolutamente in grado di affrontare questa dinamica. Dopo aver governato per anni coi capitalisti, assimilando i loro metodi di corruzione e vantandosi di avergli garantito profitti inauditi, ha voluto mostrare che poteva ancora servirli inaugurando il secondo mandato di Dilma Rousseff con l’applicazione dei tagli contro la classe operaia, e con ciò ha finito col demoralizzare la propria base sociale, aprendo il cammino al golpe che ha portato Temer al governo per procedere più rapidamente con gli attacchi. La strategia puramente elettorale del PT, il suo contenimento della lotta di classe al fine di incanalare lo scontento verso le urne, si è rivelata incapace di offrire una pur minima resistenza al golpe istituzionale. Una volta all’opposizione, la sua politica di risposta all’odio scatenato da Lava Jato e diffuso dalla Red Globo con illusioni nella magistratura e nelle elezioni, si è dimostrata completamente impotente nel frenare l’avanzata dell’estrema destra.

Per combattere seriamente l’avanzata del colpo di stato e dell’estrema destra, dobbiamo esigere che sindacati, sindacati, organizzazioni studentesche e popolari promuovano comitati di base per organizzare la resistenza e preparare un grande sciopero nazionale unito a mobilitazioni di piazza in tutto il paese. In questi comitati e in questa organizzazione della classe operaia e dei giovani dobbiamo lottare per abbattere tutte le riforme reazionarie del governo Temer e creare un grande movimento per non pagare il debito pubblico, perché ci siano risorse per i lavori pubblici, la salute e l’istruzione pubblica.

Possiamo combattere seriamente Bolsonaro solo con un programma che risponda in modo radicale ai veri bisogni della maggioranza sfruttata e oppressa del paese. L’unica risposta radicale e realistica è quella che difende la mobilitazione dei sindacati e dei movimenti sociali per respingere l’avanzata autoritaria e imporre che siano i capitalisti a pagare la crisi. Il MRT e Esquerda Diario hanno combattuto indipendentemente dal PT giorno per giorno il golpe, mettendo tutte le nostre energie nella lotta contro Bolsonaro, l’estrema destra, il golpe e le riforme.

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André Barbieri

Traduzione da Esquerda Diario

Scienziato politico brasiliano, milita nel Movimento Revolucionário de Trabalhadores (MRT) e fa parte della redazione di Esquerda Diario.