Nel tentativo di portare avanti la narrazione della natura “anti-establishment” del governo, Di Maio e Salvini hanno espresso nelle scorse settimane il loro sostegno ai Gilet Gialli, suggerendo un’analogia tra il movimento che da oltre un mese prosegue in Francia e i “populisti” nostrani (anche se badando bene a condannare “la violenza”… Ovviamente dei manifestanti e non dei poliziotti responsabili della morte, o del gravissimo ferimento di decine di persone).

Addirittura, Di Maio si è spinto a chiedere un’alleanza per le imminenti elezioni europee a Les Emergents, il partito politico annunciato da un’ attivista della prima ora del movimento attivo oltralpe: Jacline Mouraud. Quest’ultima, rappresentante della fazione dei Gilets più incline al compromesso con le istituzioni e prona alla retorica governativa sulla violenza dei manifestanti, ha però categoricamente rifiutato ogni coinvolgimento con i 5Stelle, agitando argomenti nazionalisti: “gli italiani si facciano gli affari propri”.

Il “barricadero” e intransigente protagonista dei colloqui con l’Eliseo, Eric Drouet – già arrestato e poi rilasciato ad inizio Gennaio – ha invece dapprima accolto positivamente il sostegno dei vicepremier italiani, salvo poi ritrattare rivendicando l’indipendenza politica dei “giubbotti”. Altri esponenti hanno invece apprezzato le parole di Di Maio e Salvini, fra cui Ingrid Levavasseur, Yvan Yonnet e Patricia Saint Georges; gli ultimi due, sia detto di passata, hanno anche raggiunto l’Italia per un dibattito intitolato “Solidarietà coi gilet gialli”, svoltosi a Roma con la presenza di “Sinistra Patriottica”, altre associazioni di orientamento sovranista e Mariano Ferro, leader del movimento “I Forconi” – in auge nel 2013 e più volte erroneamente accostato a quello in atto ora in Francia, ma molto diverso poiché circoscritto geograficamente e socialmente ad alcune province del Nord, alla Sicilia e a settori di piccoli proprietari terrieri, imprenditori e camionisti, oltre ad diretto da personaggi legati a Forza Nuova e Casa Pound. Sorprende un po’ la partecipazione a un evento con ospiti così “ambigui” del sindacalista CUB Fabio Frati, membro di un’organizzazione che rivendica la sua natura classista.

Tornando a noi: al netto delle aperture di vari leaders dei Gilets al “nostro” governo, le analogie tra questi ultimi, Lega e 5Stelle sono del tutto fuori asse. Per quanto riguarda il partito di Salvini la questione può essere liquidata velocemente: si tratta di una forza politica che ha governato per vent’anni, nei quali ha potuto intessere legami con la medio-grande imprenditoria e i circoli finanziari del nord; i quali rappresentano la vera base sociale del Carroccio, indipendentemente dal fatto che il discorso populista e protezionista del Ministro degli Interni abbia consolidato la presa elettorale della lega tra settori piccolo borghesi… E financo proletari, in un contesto di massacro sociale portato avanti dalle forze social-liberiste eredi del PCI e in assenza di alternative a sinistra, figuriamoci di classe o rivoluzionarie.

Più azzeccato sembrerebbe invece il paragone tra Gilets Gialli e 5Stelle, entrambi infatti impugnano una retorica anti-estabilshment e fanno appello alla democrazia diretta, ma le somiglianze si fermano qui. I primi, infatti, hanno sempre irregimentato la sfiducia nei confronti delle istituzioni borghesi di settori sociali compositi in un’utopia digitale passivizzante e in una prospettiva elettoralista. I secondi invece rompono la cerimonialità delle mobilitazioni promosse dai partiti borghesi, della sinistra riformista e delle burocrazie sindacali, proponendo metodi di azione diretta come blocchi stradali e barricate, in grado di esercitare pressioni economiche e politiche reali.

I 5Stelle con il pretesto dell’ “assenza di ideologie” e grazie a una struttura fortemente verticistica caratterizzata dall’assenza di canali di partecipazione e di selezione dei quadri che non siano “piattaforme internet” (saldamente controllate dalla Casaleggio), hanno portato in parlamento una manica di ex-notabili, professionisti, burocrati di medio rango e carrieristi vari. Il cuore attivo del movimento dei Gilets Jaunes, al contrario, è rappresentato dei dimenticati della “società civile”: lavoratori dipendenti, operai, disoccupati, artigiani, liberi professionisti senza dipendenti, pensionati che contestano “Macron e il suo mondo”, cioè la realtà quotidiana di precariato, sfruttamento, disoccupazione. Queste categorie, inoltre, sono rappresentate da una grande componente femminile, che irrompe sulla scena in quanto maggiormente colpita dalla Loi Travail (l’equivalente del nostro Jobs Act) e da tutte le leggi – accumulatesi nei decenni – volte ad incentivare la precarietà del lavoro e le privatizzazioni del settore pubblico, in particolare quello dei trasporti ferroviari.

Ancora: se i pentastallati sono il puntello delle politiche securitarie e razziste della lega, oltre che dell’ illusione- forte tra larghi settori di massa – secondo cui per cambiare le cose basti cambiare chi appoggia il culo a Montecitorio e Palazzo Chigi, i Giubbotti hanno rivitalizzato il movimento studentesco e creato contraddizioni tra i lavoratori sindacalizzati e le burocrazie di CGT, Force Ouvrière etc., responsabili – non avendo mai chiamato uno sciopero generale – della sconfitta dei Ferrovieri la scorsa estate, e prima ancora di quella della lotta alla contro-riforma del lavoro del 2016.

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Da un lato abbiamo insomma, una forza politica che proclama di voler “aprire il parlamento come una scatola di sardine”, per poi accettare il paradigma di governo portato avanti negli ultimi otto anni (inclusi i salvataggi di banche, rinnovi delle concessioni ad Autostrade per l’Italia, oltre ai soliti attacchi ai lavoratori e ai settori popolari nell’ultima finanziaria). Dall’altro centinaia di migliaia di persone che bloccano le strade e si prendono le piazze, anche se – lo ribadiamo – l’esito delle proteste d’oltralpe dipenderà in maniera decisiva dal coinvolgimento della grande massa dei lavoratori e dalla loro capacità di coordinarsi scavalcando le burocrazie sindacali, che cercano continuamente di dividere i loro iscritti dai settori mobilitati dai Gilets.

Ah stavamo dimenticando la differenza fondamentale: in due mesi di lotta vera i Gilets Gialli hanno ottenuto il ritiro degli aumenti sulla benzina, mentre affidandosi in bianco a Lega e 5Stelle i lavoratori e gli italiani poveri cos’hanno ottenuto?

Filippo Buonarroti

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