Venerdì scorso, il 10 maggio, gli ex lavoratori dell’azienda logistica SGT, chiusa da diverse settimane (e di cui abbiamo già parlato qui e qui) si sono ritrovati nuovamente sotto al Ministero dello sviluppo economico per continuare a chiedere chiarezza sulle circostanze di una chiusura che ha lasciato a casa, senza salario né ammortizzatori sociali, centinaia di famiglie in tutta Italia e per pretendere soluzioni dal Ministero stesso.

Al tavolo, il primo ufficialmente organizzato dal Ministero dopo le pressioni fatte dai lavoratori più attivi tutti organizzati nel Si Cobas (che lo avevano richiesto con presidi sotto le prefetture di diverse città e sotto i ministeri stessi delle politiche sociali e dello sviluppo economico) hanno presenziato e parlato anche i sindacati confederali, l’azienda SGT e rappresentanti dei vari fornitori di forza lavoro oltre che, ovviamente, le istituzioni nazionali e locali come descritto sul comunicato del Si Cobas che è possibile leggere sul sito dell’organizzazione sindacale.

A prescindere dall’esito del tavolo e dell’intera vertenza, che continuerà ancora nelle prossime settimane, tutta la vicenda è densa di considerazioni generali sul mondo del lavoro: la precarietà insita nel sistema cooperativistico che sta spopolando anche fuori dal mondo della logistica ed il ruolo della CGIL CISL e UIL e delle istituzioni dello Stato borghese.

Iniziando dal sistema delle cooperative il tavolo al ministero ha reso evidente che da tale sistema i padroni hanno tutto da guadagnare e i lavoratori tutto da perdere. Le stesse istituzioni che condannano le cooperative e i vari contratti di appalto e subappalto che spopolano da sempre nei colossi del trasporto merci ammettono di avere un controllo relativo quando non nullo della selva di società che prendono appalti, società che si riducono spesso a meri esecutori della volontà dei padroni committenti, giocando sulla pelle dei lavoratori, conquistando appalti grazie a contrattazioni al ribasso delle tariffe e, di conseguenza, pagando stipendi miseri, spesso sotto la soglia minima teoricamente garantita dal CCNL di riferimento. La zona grigia dove si muovono tali tipi di aziende gli permette, inoltre, di agire sul filo sottile che divide legalità e illegalità, spesso trasformando intere aziende (o consorzi di aziende) con fatturati milionari, in simil caporali e assolvendo da ogni responsabilità le aziende committenti che possono, nel caso venissero alla luce notizie “scomode” riguardo irregolarità (come spessissimo succede), giocare allo scaricabarile con le aziende a cui hanno concesso ruoli operativi.

Il comportamento dei sindacati confederali è stato ancor più chiaro sul ruolo che spesso prendono le burocrazie sindacali soprattutto in ambiti in cui nella classe lavoratrice si innesca una dinamica di lotta più o meno radicale. La Filt CGIL ha tenuto a precisare, ancor prima che parlare della situazione dei lavoratori suoi associati che lavoravano in SGT, il fatto che il Si Cobas non avrebbe dovuto presenziare non essendo firmataria di contratto nazionale rovesciando del tutto la realtà dei fatti essendo quello l’unico sindacato che ha organizzato una resistenza di un qualche peso prima e dopo la chiusura dei cancelli dell’azienda nonostante un minimo di diritti i lavoratori se li siano conquistati solo ed esclusivamente quando si sono organizzati nella sigla sindacale di base e hanno iniziato a scioperare.

Infine le istituzioni che dovrebbero tutelare i lavoratori, quando scendono in campo, sempre ed esclusivamente  obbligati dalle pressioni delle lotte reali, hanno un controllo sulla situazione e assumono un ruolo del tutto marginale. Le istanze dei lavoratori e quelle dei padroni sono inconciliabili, solo la lotta paga.

CM