Un mancato accordo fra 5 Stelle e Partito Democratico per un nuovo governo Conte garantirebbe il ritorno alle urne: in entrambi i casi, preconizzare l’avvento imminente del fascismo è assurdo.


L’accordo per un governo basato su un patto PD-M5S, con l’appoggio di LeU e altri piccoli gruppi in parlamento, è in forse per lo scontro tra i punti programmatici prioritari, diversi per i due partiti, che rischiano di dover rinunciare all’impresa e chiedere a Mattarella che sciolga le camere e indica nuove elezioni.

Ampi settori della sinistra riformista (“ampi” per modo di dire) subito si sono schierati energicamente per un governo a tutti i costi, di modo da frenare il pericolo del fascismo alle porte e da “salvare” la Costituzione repubblicana.

Una teoria, quella dell’instaurazione di un regime fascista in caso di vittoria della formula Lega+FdI (con o senza Forza Italia), tanto sensazionalistica quanto inconsistente, che viene fatta circolare nel momento in cui l’alternanza democratico-borghese scaturisce governi per così dire destrorsi, già i risultati delle Europee (ed anche delle amministrative) sono stati il pretesto per profetizzare scenari apocalittici.
Eppure negli ultimi 15-20 anni si sono insediati governi apertamente di destra, con forti elementi reazionari, governi in cui Berlusconi guidava l’allora partito di riferimento di Confindustria (Forza Italia) e lo faceva assieme ad Alleanza Nazionale e la Lega Nord. Non si registrarono in quei frangenti né marce su Roma né straordinari processi volti all’autoritarismo; persisteva al massimo un mutamento del senso comune dovuto in ultima istanza al crollo dell’URSS, un fenomeno epocale globale, e al trionfo del neoliberismo che a tale crollo si accompagnava.
All’atto pratico, definire fascista la Lega di Salvini o il 5 Stelle non contribuisce affatto al dibattito nel movimento operaio e nella sinistra, è al contrario un’elaborazione superficiale e pure deleteria, poiché i sopraccitati non faticano a smontarla. Il capo della Lega, per quanto odioso, più che un gerarca ricorda Leonard Zelig del celebre film di Woody Allen: un soggetto capace di cambiare idee e identità da un giorno all’altro. Difatti, svestiti i panni di ministro “sceriffo”, è tornato il complottista intransigente… ma stiamo parlando appunto di una recita momentanea, da accantonare alla prima occasione utile come l’ennesima campagna elettorale nella quale potrà di nuovo sfoggiare rosario e vangelo come un patriarca ortodosso; sarebbe quindi troppa grazia inquadrare politicamente in modo così “pesante” un qualunquista di professione.
Mentre il Partito Democratico è pronto a tornare riprendere il ruolo di forza responsabile e repressiva, che affiderebbe volentieri al capo della polizia Gabrielli la poltrona di ministro dell’Interno, lo stesso segretario Zingaretti, accettando il nome di Conte come presidente del Consiglio afferma:

Vale la pena tentare questa esperienza, non possiamo sottrarci a questa responsabilità. Vogliamo mettere fine alla stagione dell’odio, del rancore e della paura. C’è un’Italia che studia, bella, a cui vogliamo dare voce che sconfigge la paura con la speranza e oppone all’odio la concordia e la condivisione.

Un messaggio rivolto in particolare ai fedeli gregari del nuovo “Fronte Democratico” promosso dallo stesso PD: col nostro eventuale rientro non serve più evocare il fascismo, potete riaccomodarvi.
Il Movimento 5 Stelle
invece proseguirà con la sua politica cerchiobottista che l’ha reso ormai a tutti gli effetti una formazione post-democristiana con la sola aggiunta di quel simulacro di democrazia diretta che risponde al nome di Piattaforma Russeau, che nel concreto serve a deresponsabilizzare i capi politici pentastellati tramite un mandato popolare falsato e grottesco. Anche in questo caso filosofare di fascismo è un discorso più sentimentale che politico, e tutto fa anziché darci gli strumenti analitici e tattici per fronteggiare questi partiti.

In assenza di una sinistra politica operaia di massa, e persino di un movimento operaio che si possa reputare tale per dimensioni e qualità, è necessario respingere una volta per tutte concezioni pleonastiche sul fascismo, magari approfondendo in modo serio la fase cruciale successiva alla fine della Grande Guerra; le devastazioni alle Case del Popolo, alle Camere del Lavoro, alle sedi del Partito Socialista e del Partito Comunista d’Italia, unite agli omicidi e alle umiliazioni inflitte ai capi delle leghe contadine ai militanti politici e all’intero proletariato non sono nemmeno lontanamente paragonabili alla fase che stiamo vivendo oggi, un secolo dopo. La borghesia italiana neanche lontanamente “punta tutto” sui “pieni poteri” a personaggi come Salvini, e sta dimostrando di avere molte carte in mano prima anche solo di pensare di inquadrare in massa, fosse anche con forme reazionarie, una società nel suo complesso passiva: perché rischiare seriamente di risvegliare prima del tempo il gigante della classe lavoratrice?

Roger Savadogo

Nato a Venezia nel 1988, vive a Brescia. Operaio, è studioso e appassionato di sottoculture giovanili, ultras e skinhead in particolare.