Uno dei capi storici delle FARC colombiane, Ivan Marquez, ha lanciato unilateralmente il riarmo e la riorganizzazione come formazione guerrigliera dopo il breve periodo di “pacificazione” seguito al disarmo delle FARC.
Inizia una nuova fase per la storica formazione guerrigliera colombiano delle FARC (Fuerzas Armadas Revolucionarias de Colombia). Lo annuncia, nella mattinata del 29 a, uno dei leader storici della formazione, Ivan Marquez, che si aggiunge, insieme a centinaia di suoi sostenitori, ai già 2.300 dissidenti contrari al processo di pace cominciato nel 2016, col disarmo di 7.000 miliziani dopo 53 anni di lotta armata. Cause del riarmo, stando ad una dichiarazione rilasciata in un video pubblicato (e in seguito rimosso) sul sito ufficiale del gruppo, sarebbero la “persecuzione mediante l’uso di finti capi di imputazione legati allo spaccio internazionale a danno di militanti” (chiaro riferimento al processo che si sarebbe dovuto tenere in questi mesi ad un’altra figura di rilievo, Jesus Santrich) e l’escalation di violenza a danno di numerosi attivisti indigeni, umanitari e progressisti di vario genere da parte delle forze governative del paese, dei gruppi narcos attivi nelle aree rurali e dei gruppi paramilitari.
I dati ufficiali delle Nazioni Unite, in particolare dell’ufficio dell’Alto Commissariato per i Diritti Umani, parlano chiaro: dal 2017, sono morti oltre 500 attivisti, incluso l’omicidio di Yisella Trujillo avvenuto lo scorso 29 luglio, a Caquetà: era appena tornata a casa da una marcia in difesa proprio dei diritti degli ex militanti FARC e dei rifugiati della guerra decennale che ha sconvolto il paese dal 1964 al 2017. I casi di violenza aumentano ogni giorno, e la realtà colombiana, nella sua complessità, ha sempre trasposto un dato chiaro: pur nelle loro difficoltà, nelle loro scelte problematiche (per non dire talvolta aberranti), e nelle circostanze che le hanno portate ad essere malviste in vastissimi settori della popolazione, le FARC, per decenni, sono state un deterrente in molte zone del paese agli attacchi nei confronti degli attivisti locali. Alla luce dei rinnovati interessi del capitale finanziario internazionale nelle riserve petrolifere colombiane, interessi riemersi con ferocia a seguito della firma dell’accordo di pace sottoscritto dalle FARC e dal Governo Duque, la possibile acutizzazione della lotta di classe, partire dalla questione ambientale e del supersfruttamento delle risorse naturali colombiane, potrebbe ridare spazio alle nuove FARC come componente della resistenza popolare al capitale internazionale e alle politiche di Duque.
Tutta una serie di problematiche, però, non viene considerata abbastanza nelle analisi di alcuni dei settori più vicini a quelle formazioni di stampo post-stalinista della sinistra extraparlamentare, a partire dal dato politico che emerge della natura di questa prospettiva di riarmo: non si tratta, infatti, di una decisione collettiva condivisa dal partito (perché le FARC si sono costituite in un vero e proprio partito formale, all’inizio del percorso di pace), per cominciare un percorso di lungo termine, il quale abbia come obbiettivo rivoluzione proletaria e la transizione al socialismo: trattasi, invece, di una reazione istintiva presa da un membro che, per quanto importante, divide la formazione che stava cercando di riabilitarsi agli occhi di una popolazione rancorosa e, quantomeno in parte, comprensibilmente sfiduciata. Rodrigo Londono, il leader de facto delle FARC, si è infatti distanziato da Marquez, ribadendo come “l’unica arma imbracciata dal nostro gruppo, oggi, è la parola”. Questo ha portato, inoltre, a un’ondata di preoccupazione per centinaia di ex-miliziani che stavano faticosamente cercando di ricostruire una vita civile in un paese che avrebbe fatto di tutto per vederli fallire. Intanto, Duque promette la repressione, e, per una nazione che, dallo scioglimento del Partito Comunista, non vede una sinistra politica e di classe forte ed organizzata, il fatto che questa fazione consistente delle FARC decida di riprendere in mano il fucile e la strategia fochista, rende incerta l’instaurazione di un dibattito reale nei luoghi di lavoro, nelle scuole, nei campi e in qualsiasi luogo dove un movimento di massa possa venirsi a costituire.
Inutile dire che le forze della reazione vadano a nozze con la notizia: mentre sempre più persone restano col fiato sospeso, per ragioni diverse, il governo e le milizie paramilitari fasciste si organizzano ancora una volta per riprendere da dove si era lasciato con gli arresti, le violenze, e gli omicidi che hanno caratterizzato in precedenza il periodo della guerra civile. In questa fase di incertezza, la speranza è che le compagne e i compagni colombiani possano effettivamente arrivare all’elaborazione di una strategia rivoluzionaria comune, per non dover assistere, ancora una volta, allo scenario sanguinoso di un conflitto che dopo mezzo secolo, duole ammetterlo, ha visto un esito strategico solo per i capitalisti e per la destra borghese, e non per la cassa della classe lavoratrice e dei contadini poveri.
Luca Gieri
Nato a Toronto nel 1998, studente di scienze politiche all'Università di Bologna presso il campus di Forlì, militante della FIR e redattore della Voce delle Lotte. Cresciuto a Bologna, ha partecipato ai movimenti degli studenti e di lotta per la casa della città.