Esprimiamo massima solidarietà ai molti compagni, lavoratori disoccupati, dirigenti locali e nazionali del Si Cobas che in queste settimane stanno subendo l’ennesimo attacco repressivo da parte dello Stato, in questo caso relativo alla lotta operaia all’Alcar Uno in provincia di Modena.


Lacrimogeni, manganellate, denunce, misure cautelari, fogli di via, teoremi giudiziari; in questi anni, le Procure e le Questure di tutta l’Italia hanno cercato in ogni modo di fermare e intimidire le lotte dei lavoratori e dei disoccupati organizzati col SI Cobas che con duri picchetti, scioperi, manifestazioni, hanno messo in discussione il sistema di clientele e di sfruttamento, contro il quale tutti noi veniamo obbligati a scontrarci ogni giorno.

La vertenza Alcar Uno è emblematica, rispetto al ruolo di garante che procure e questure hanno assunto nel sistema di sfruttamento e repressione che proprietari d’azienda, favoreggiati da conoscenze istituzionali, hanno instaurato per monopolizzare settori strategici dell’economia italiana. Gli apparati repressivi dello Stato, infatti, per difendere “il diritto di impresa libero” non si sono limitati a massacrare di botte i lavoratori che rivendicavano diritti minimi, sindacali e umani, non si sono limitati ad intimidire i compagni che sostenevano le lotte: hanno prima cercato di delegittimare i compagni che rappresentavano i lavoratori durante le trattative ed ora stanno cercando di criminalizzare i lavoratori che hanno scioperato per i propri diritti e che hanno manifestato per la difesa dei propri rappresentanti sindacali.

 

Il caso Alcar Uno e le accuse al coordinatore nazionale del SI Cobas

L’azienda Alcar Uno seziona e commercializza carne proveniente dall’Europa e dall’Estero, si trova a Castelnuovo Rangone, in provincia di Modena ed è di proprietà della famiglia Levoni. L’azienda conta circa 200 dipendenti ed ha un fatturato annuo che supera i 100 milioni di euro.

Nel 2016 la proprietà decide di chiudere un certo tipo di lavorazione, un nastro di lavoro in appalto presso Global Carni, e di licenziare oltre 30 lavoratori iscritti al SI Cobas che avevano denunciato le loro condizioni durissime di sfruttamento a cui erano sottoposti.

Nel 2018 fallisce e cessa l’attività Planet, una cooperativa operante in Alcar Uno; una parte dei lavoratori rimane senza busta paga, senza parte dei salari maturati, senza il pagamento del TFR, delle ferie e dei permessi mai avuti. L’azienda impone a 54 lavoratori le ferie forzate e per mesi rinvia le trattative sindacali. I lavoratori esausti della situazione, si riuniscono in assemblea e decidono di scioperare.

Nello stesso periodo il Si Cobas vede imputato per estorsione – secondo una maldestra e infame montatura giudiziaria – il suo coordinatore nazionale Aldo Milani. In questi anni tutto il sindacato ha organizzato le lotte dei lavoratori delle cooperative dedite al caporalato e al più selvaggio sfruttamento nella filiera di lavorazione carni nella provincia di Modena.

Quest’anno Aldo Milani è stato assolto con formula piena dal tribunale di Modena che ha chiarito: “esigere i diritti dei lavoratori non è estorsione. ” Il teorema giudiziario accusava Milani di aver esorto denaro alla famiglia Levoni durante una trattativa sindacale, così come mostrato in un video-farsa – ripreso dalle telecamere della polizia – trasmesso senza audio sulle reti televisive nazionali che mostra un uomo, presentato dai media come mediatore e dirigente del SI Cobas, col volto oscurato, seduto accanto Aldo Milani ricevere una presunta tangente.

L’uomo in questione, come si è poi chiarito anche in Tribunale, non è un esponente del SI Cobas, bensì Daniele Piccinini, professionista a libro paga del gruppo Levoni. Aldo Milani, diversamente da ciò che millantava il video-farsa, non stava estorcendo denaro in cambio della pace in fabbrica, bensì rivendicava che le cooperative in appalto per Levoni versassero i contributi INPS che non avevamo mai versato, per far sì che i lavoratori licenziati potessero richiedere l’assegno di disoccupazione.

Durante le fasi processuali è stata resa pubblica una intercettazione in cui il capo della Digos di Modena, Marco Barbieri, a telefono con Lorenzo Levoni, proprietario di Alcar Uno e Global Carni, esultava per aver devastato il Si Cobas grazie alle loro false accuse. Si evince chiaramente il rapporto instaurato tra Digos e famiglia Levoni nel comune interesse di eliminare il Si Cobas e le loro lotte.

In questi giorni 86 lavoratori scritti al Si Cobas sono stati imputati, per aver preso parte agli scioperi davanti ai cancelli dell’azienda Alcar Uno nell’autunno scorso, dove denunciavano contratti a chiamata giornaliera e lo sfruttamento selvaggio con orari di oltre 12 ore continuative, oltre che buste paga fasulle, grazie alle quali le cooperative riuscivano ad evadere parte delle tasse. I lavoratori sono accusati anche di aver partecipato alla manifestazione del 4 febbraio 2017, vietata dal questore di Modena a poche ore dell’inizio del corteo, in solidarietà ad Aldo Milani che in quel periodo li rappresentava durante i tavoli di contrattazione.

Denunciamo l’avanzata repressiva dello Stato contro i lavoratori in lotta e le organizzazioni sindacali combattive che non hanno accettato i vincoli imposti dal Testo Unico sulla rappresentanza sindacale (firmato dai sindacati confederali ma anche da USB nel sindacalismo “di base”) che in primis riduce la funzione dei sindacati a semplici mediatori, tra i padroni che decidono in base ai loro interessi di profitto e i lavoratori che devono obbedire alle loro “esigenze” aziendali e, inoltre, criminalizza gli scioperi dei lavoratori organizzati dai sindacati che rifiutano la concertazione dei licenziamenti o degli accordi al ribasso.

 

Continuiamo la lotta per il lavoro, organizziamo la lotta contro la repressione

Sosteniamo i lavoratori e i compagni del SI Cobas sotto attacco, che di fatto con la loro lotta hanno scoperchiato “il sistema delle cooperative”, gestite in gran parte dalla criminalità organizzata che ha lo scopo di fornire alle aziende, manodopera a basso costo attraverso lo sfruttamento dei lavoratori, e di aver messo alla luce il fitto sistema di collusioni e complicità tra istituzioni e sistema delle cooperative.

Sosteniamo da anni fattivamente le lotte dei lavoratori e dei disoccupati e continueremo a stare al loro fianco per rivendicare e ottenere un lavoro, una casa, diritti e servizi sociali per tutti.

Riteniamo per questo necessario rilanciare i lavori di costruzione del Fronte Anticapitalista, proprio per organizzare la controffensiva politica all’attacco padronale che le organizzazioni sindacali, di lotta e di movimento, stanno subendo per aver spezzato l’ampolla di cristallo chiamata pace sociale, nella quale la sinistra borghese e i sindacati confederali avevano condannato milioni di lavoratori, precari, disoccupati, immigrati che stanno abbandonando la paura di lottare e di organizzarsi contro i padroni.

STRALCIARE IL TESTO UNICO SULLA RAPPRESENTANZA SINDACALE!

ARRESTI, DENUNCE E LEGGI ANTISCIOPERO NON CI FERMERANNO!

LAVORARE TUTTI PER LAVORARE MENO!

AUMENTARE I SALARI E RIDURRE GLI ORARI!

 

Giuseppe Perozziello

Nato a Salerno nel 1994, vive Mercato San Severino dove ha partecipato al movimento dell'Onda col Collettivo d'Avanguardia Operaia e Studentesca nato in seno al liceo Virgilio.
In seguito, partecipa alle lotte e alle esperienze di autorganizzazione operaia in Campania.
Lavoratore precario e studente di filosofia all'Università di Salerno (Fisciano), è tra i fondatori de La Voce delle Lotte e della Frazione Internazionalista Rivoluzionaria.
Attivista sindacale indipendente.