Riceviamo e volentieri pubblichiamo questo report della recente assemblea pubblica organizzata da Non Una Di Meno transterritoriale Marche.


Martedì 18 febbraio come Non Una Di Meno Marche abbiamo costruito un’assemblea pubblica pensata e fatta per le lavoratrici, in vista della doppia giornata di mobilitazione e sciopero dell’8-9 marzo, avendo come ospite al nostro dibattito Eliana Como, sindacalista della CGIL e portavoce nazionale dell’opposizione “Il sindacato è un’altra cosa”.

Abbiamo scelto per questa assemblea regionale Fabriano, luogo simbolico dove il tessuto industriale mostra situazioni di sfruttamento estremo, mostra la vera faccia del capitalismo e del dominio padronale: una volta depredato il territorio, tutto si è polverizzato in una decina di anni, bruciati centinaia di posti di lavoro lasciando un picco di disoccupazione e macerie.

Questo evento ha voluto rimettere a fuoco ciò che rimane in un territorio dove per decenni tutto girava intorno al tessuto industriale, e da qui riprendere i fili guardando oltre effimere riprese che non si verificheranno se non cominciamo a vedere tutta una serie di assi di oppressioni che ci inchiodano ad una realtà che spesso viene spostata come mera questione di genere da trattare in un secondo momento, invece di fare un analisi approfondita di come la classe lavoratrice è composta e come si è trasformata combattere contro la violenza, le discriminazioni, il gap salariale diventa una battaglia a metà.

Dunque, sul piano dell’occupazione e della lotta, abbiamo sviscerato punto per punto ogni settore. Così, insieme a Eliana abbiamo spaziato a 360 gradi, partendo dal presupposto che sia fondamentale riprendere e ripensare la lotta di classe partendo dal femminismo e intrecciarli suoi luoghi di lavoro.

La violenza di genere, le discriminazioni, il sessismo, le molestie sessuali, le identità di genere, le soggettività Lgbtqia+, le/i migranti sono strettamente connessi e, se vogliamo avere gli stessi diritti, se vogliamo parlare di giustizia sociale, dobbiamo partire da chi non solo non gode di privilegi, ma non non riesce a godere nemmeno di pieni diritti. Qui i padroni fanno il loro sporco gioco ricattatore per annullare i conflitti da una parte ed ottenere il massimo profitto dall’altra.

In tutto questo le donne, ha argomentato la Como, sono il fulcro perché su di loro, sia che siano a regime produttivo o ne siano fuori, riproducono una funzione vitale nella riproduzione quotidiana della società, ossia il welfare familiare che sopperisce al vuoto dei servizi sociali.

Seguendo questo filone, abbiamo parlato dei part-time involontari che altro non sono un ulteriore passo per occuparsi della famiglia; lo stesso accade una volta finito il percorso lavorativo – la pensione tanto agognata: un periodo in cui dovrebbero riposarsi, spesso ammortizzano il carico familiare dei figli occupandosi dei nipoti.

La vita di una donna ricopre sia prima, durante e dopo il lavoro, quello riproduttivo, senza mai staccarsi da tale ruolo.

Pensioni che penalizzano ulteriormente le donne, redditi bassi e l’età pensionabile allungate con la nuova riforma, bassa qualità della vita: sono tanti i parametri misurabili, evidenti, che descrivono le differenze di genere nel nostro paese.

Un altro elemento di frammentazione in seno alla classe lavoratrice è quello dello spezzettamento delle condizioni salariali e contrattuali, con la contrattazione collettiva sostanzialmente ferma da anni, con aumenti che, quando ci sono, sono solo di poche decine di euro, lasciando tutte le tipologie “atipiche” al palo. Nella stessa azienda, a parità di mansione, troviamo spesso diverse forme di contratto e diverse condizioni lavorative: noi ostinatamente rivendichiamo un salario uguale per tutt*, anche come leva contro ulteriori ribassi di diritti e redditi, contro le fregature di false cooperative, appalti e subappalti.

Anche per quanto riguarda il tema “sicurezza e salute”, una discriminazione di genere operata dalle aziende è riscontrabile, per fare un esempio, nell’abbigliamento “neutro”, bisex, ma progettato e pensato per i soli operai maschi, a partire dalle tute alla FIAT.

La riflessione che Eliana ha toccato anche il percorso in itinere dal lavoro a casa e viceversa: donne che devono fare i conti con il tempo che non basta mai, divise fra famiglia e lavoro; una statistica interessante che ha riportato, ad esempio, sono gli incidenti negli spostamenti riguardano le donne.

La situazione nella grande distribuzione non va meglio: scaffaliste, cassiere con turnazioni frammentate ritmi sostenuti, sabato e domeniche incluse, stress psico fisico.

Il settore delle pulizie, gestito dalle multiservizi, è completamente svuotato di diritti e impiega quasi prevalentemente manodopera femminile, con una paga oraria di 5/6 €, turnazioni in pacchetti ore settimanali di 15/18 ore, semi part/time che richiedono una costante reperibilità e spostamenti da un cantiere all’altro. I “dipendenti perfetti” sono donne che provengono da altri paesi :questo permette la ricattabilità costante, senza aumenti e scatti dovuti a continui cambi di appalti: parliamo di centri commerciali, pulizie industriali, uffici pubblici e privati. Posti di lavoro dove le donne, oltre che sfruttate senza tanti complimenti, sono esposte a molestie sessuali: un vero far West dove esporsi, denunciare la violenza significa perdere il posto di lavoro.

In chiusura, ma non per questo meno importante, abbiamo toccato il tema dei luoghi femministi sotto attacco a Roma, Lucha y Siesta e la Casa Internazionale delle Donne, così come dei consultori svuotati dai servizi o chiusi, dei centri antiviolenza in affanno, dei luoghi fondamentali da difendere se mettiamo al centro autonomia e sostegno alla donna.

Abbiamo infine presentato Non Una di Meno Transterritoriale Marche le due giornate di lotta internazionale dell’8-9 marzo, che si articoleranno ad Ancona l’8 con il corteo alle 16:30 ed il 9 a piazza Roma lo sciopero, per passare alle Università e per le vie della città dove lanceremo le nostre rivendicazioni.

Nonostante ci siamo ritrovate con l’indizione dello sciopero della scuola il 6 marzo ed ancora una volta un nulla di fatto dalla CGIL che ignora per la quarta volta lo sciopero globale femminista: con o senza la burocrazia CGIL lo faremo e lo continueremo a costruire questo percorso di lotta nei nostri territori: sappiamo che la strada è lunga, ma non siamo sole.

Per noi essere dentro la lotta di classe significa scardinare il machismo non solo e soltanto in quanto donne, ma rivendicando un antisessismo e un femminismo che riguardino chiunque si riconosca in tutte le declinazioni e identità di genere, per superare la concezione di una classe operaia maschile, bianca, muscolare: è il tempo di mandare in soffitta questo immaginario collettivo anacronistico.

Riprendere la parola sulla questione di classe è fondamentale partendo dai luoghi di lavoro; ragionare sulle complessità che ha visto negli ultimi 20 anni la trasformazione della classe lavoratrice ci permette di capire le sfide che abbiamo come movimento operaio e femminista.

Lo sciopero include tutto questo e unisce lavoratrici dei settori più disparati; come Non Una Di Meno dobbiamo continuare a interloquire con ampie fasce di lavoratrici oltre le date dell’8 e 9 marzo: sono loro il tessuto sociale che sorregge un sistema patriarcale parassitario da cui estrae lavoro gratuito.

Per questo, cari padroni, siete in debito con noi e ora vi chiediamo il conto per tutto quello che stiamo facendo da millenni gratuitamente senza il nostro consenso.

Burn patriarchy!

Non Una Di Meno transterritoriale Marche

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