Abbiamo intervistato un’operaia del settore metalmeccanico di Piacenza per comprendere come l’emergenza sanitaria influisce sulle condizioni di lavoro del settore.


Come è cambiato il tuo lavoro alla luce della nuova emergenza sanitaria?

In pratica non è cambiato assolutamente nulla. Sono apparsi vari cartelli in giro per lo stabilimento che avvisavano i dipendenti di mantenere una distanza di sicurezza di 1,5 metri ,di arrivare alle macchinette per il caffè uno alla volta e di evitare assembramenti. C’è un operatore all’entrata che ci misura la febbre… senza mai mostrarci lo schermo del termometro! Quasi dieci persone si sono ammalate nella nostra fabbrica, ma a noi non è dato sapere nulla. Hanno trovato mille scuse diverse per giustificare la loro assenza per evitare di creare allarmismo tra gli operai, ma noi sappiamo bene di cosa si sono ammalati. Questo non è allarmismo, noi abbiamo paura per le nostre vite.

Siete stati dotati di sistemi di protezione individuali per evitare il contagio sul posto di lavoro?

Calcolando che l’emergenza qui al Nord Italia esiste da ormai più di un mese, noi siamo stati dotati dei dpi solo dal 18 marzo in poi quindi fondamentalmente se dovevamo ammalarci lo abbiamo già fatto, e a nostra volta abbiamo contagiato parenti, amici, colleghi. Inoltre dovrebbero essere disposte delle sanificazioni periodiche degli ambienti lavorativi,cosa che nella nostra azienda non è assolutamente avvenuta,l avoriamo(come sempre) nello sporco e nella polvere,ambiente malsano già in situazione normale figuriamoci in una situazione di emergenza sanitaria! A che servono i dispositivi di protezione individuale in queste condizioni?

Sono stati attivate delle disposizioni speciali per i lavoratori più deboli? (esempio: madri con figli e/o anziani malati a carico, lavoratori con patologie pregresse che sono più esposti al rischio di contagio)?

No, assolutamente nessuna. Alcune persone che hanno scelto di stare a casa lo hanno fatto utilizzando le ferie accumulate dagli anni passati. Ma nessuno dei dirigenti ha minimamente pensato di fare delle turnazioni per evitare che ci fosse troppa gente a lavorare (il che rende impossibile mantenere sempre le distanze necessarie), né di lasciar stare a casa le persone più anziane, quelle più a rischio per condizioni di salute o quelle con bambini a carico.
Anzi, per paura di un’imminente chiusura “per decreto”, a molti di noi (me compresa) è stato chiesto di fare ulteriori ore di straordinario. Insomma, evidentemente la soluzione di questi padroni per prevenire il contagio tra gli operai, è quella di farli lavorare per più ore, in condizioni pessime. Tanto per loro che cambia? Non sono i nostri parenti, non sono i nostri amici. Se uno di noi si ammala, se muore, se ne trova un altro che prende il nostro posto a lavoro, e tutto continua a funzionare. Noi siamo matricole, matricole che servono a produrre profitto. Per loro, è chiaro, non siamo persone.

Quale è la tua valutazione sulla gestione dell’emergenza nei posti di lavoro?

Sinceramente è quanto di peggio sia stato fatto negli ultimi anni. Nessuna tutela se non per i padroni!
Se io, operaia, mi voglio tutelare,devo rimettermi ferie e permesso (che sono un mio sacrosanto diritto,al pari della salute) quindi poi rinunciare alle mie libertà future per tutelare me e la mia comunità.
Ma alla fine che ci aspettavamo? Lo Stato concede alle fabbriche di restare aperte e di continuare a produrre. E’ tutto affidato al “buon senso” dei padroni. Ma quando mai hanno avuto buon senso? E’ chiaro che se al padrone viene concesso legalmente di continuare a produrre, perché dovrebbe rinunciare ai suoi profitti per noi? E chi saremmo noi? Un numero, sostituibile da un giorno all’altro. Le fabbriche e gli stabilimenti qui al Nord sono diventati dei veri e propri lazzaretti. Ogni giorno ci sono operai contagiati, ricoverati in terapia intensiva. Ma la produzione continua senza sosta. Anzi, per timore che la situazione cambi improvvisamente a loro svantaggio e che siano costretti a chiudere, stanno provando anche ad aumentarla per quanto possibile.

Quali soluzioni pensi che andrebbero adottate?

Andava data la possibilità, come minimo, di usufruire della cassa mutua per fare almeno 15 giorni di isolamento per tutelare se stessi e gli altri. Ma ancora meglio sarebbe stato decretare la chiusura di TUTTE le aziende e garantire la cassa integrazione dal primo giorno senza il consumo delle ferie e dei permessi dato che è una situazione di emergenza mondiale.
Non chiediamo di restare a casa per farci una vacanza.
Noi chiediamo di restare a casa per non continuare a morire.

 

Intervista a cura di Ilaria Canale

 

Nata a Napoli nel 1993. Laureata in infermieristica all'Università "La Sapienza" di Roma, lavora nella sanità nella capitale.. È tra le fondatrici della corrente femminista rivoluzionaria "Il pane e le rose".