Tre giorni di guerra alla FedEx-TNT con epicentro nel magazzino di Milano per il licenziamento di sessanta lavoratori precari svelano nella maniera più brutale possibile tutte le linee guida di padroni e governo per il prossimo futuro.
FedEx è la prima grande multinazionale che fa vedere plasticamente cosa significherà la fase 2 (ma, siamo pronti a scommettere, tutte le prossime “fasi”) per i lavoratori e le lavoratrici. Dopo aver fatto resistenze alla richiesta di cassa integrazione per i lavoratori dei fornitori, ovvero le tristemente note cooperative della logistica, schiera l’esercito delle forze dell’ordine statali per difendere il proprio privilegio, il proprio “diritto” a fare profitti anche contro la vita di centinaia di persone.
La prima battaglia si svolge nella settimana scorsa nel magazzino di Peschiera Borromeo, in provincia di Milano. A sessanta lavoratori precari, per cui il sindacato Si Cobas aveva già stretto un accordo di stabilizzazione essendo raggiunti i limiti temporali per nuovi contratti a termine, viene detto che perderanno il lavoro. Inizia lo sciopero al quale non segue alcuna apertura dell’azienda, la merce viene dirottata su altri magazzini in maniera che si riducano le perdite e si spingano i lavoratori all’angolo.
La notte tra domenica 3 maggio e lunedì 4 maggio gli operai di Milano occupano il magazzino con l’appoggio di tutti i lavoratori in forza all’impianto e chiamano i propri colleghi in tutta Italia a scioperare. Tra il 4 e il 6 maggio si scatenano scioperi in tutti gli altri impianti, Brescia, Bergamo, Bologna, Piacenza, Parma, Modena, Ancona, Como, Firenze, Roma, Napoli e altri ancora rispondono incrociando le braccia per salvaguardare i sessanta posti di lavoro e per chiedere che i fornitori concedano ai lavoratori in difficoltà un anticipo sulla cassa integrazione, che tarda ormai da due mesi ad arrivare.
A questo punto l’unica risposta che può dare l’azienda senza mettere in discussione i licenziamenti è quella repressiva, dieci camionette di polizia e carabinieri e numerose volanti entrano nel magazzino e spingono fuori le decine di lavoratori in sciopero a Milano, nel resto d’Italia gli operai sindacalizzati subiscono minacce e ritorsioni da parte delle aziende in appalto o dagli stessi dirigenti di FedEx, oltre che l’intervento delle forze dell’ordine nelle situazioni più tese.
Quello che sta facendo FedEx è quello che sarebbe stato lecito aspettarsi: sta scatenando una guerra contro i lavoratori per difendere il proprio profitto privato, utilizzando le misure di contenimento del contagio che permettono ai padroni di ammassare i lavoratori nelle proprie fabbriche e magazzini ma negano a quegli stessi lavoratori di protestare per difendere il proprio diritto al salario e alla salute.
Quello di questi giorni è solo il primo round di uno scontro che esploderà sempre con maggiore violenza nei prossimi mesi. Non bastasse la gestione del governo a renderlo chiaro, ci pensano anche gli industriali, come il nuovo presidente di Confindustria, Vincenzo Bocci e il suo attacco frontale sui contratti collettivi nazionali e sulla flessibilità del lavoro e “smart working” e le istituzioni, che da settimane fanno aleggiare lo spettro di ribellioni popolari in risposta alle condizioni di privazione che loro stessi stanno costruendo.
Si entra in una fase in cui, se non si radicalizzeranno ed estenderanno le lotte degli sfruttati, si andrà incontro ad un impoverimento diffuso e al peggioramento delle condizioni di vita per milioni di persone. Per questo motivo la lotta degli operai di FedEx-TNT è la lotta di tutti i lavoratori e gli sfruttati contro un sistema che già sta provando a fargli pagare la crisi economica del periodo post lockdown.
CM