Se per molti italiani il tempo sembra essersi fermato durante questa pandemia, lo stesso non vale per i profitti. Le istituzioni borghesi infatti, se da un lato si presentano come protettrici della salute pubblica, con l’immagine di Conte come padre della patria, dall’altro non si tirano indietro quando in ballo ci sono i profitti. Questo lo si vede bene dal fatto che, anche di fronte all’attuale situazione critica (come definita dai decreti stessi), si è deciso di dare la totale disponibilità per l’inizio dei lavori TAV per la tratta alta velocità Brescia est-Verona. Il 21 aprile infatti, in pieno lockdown, è stata abbattuta la prima palazzina presente sulla tratta. Per il governo, evidentemente, la TAV è un’attività economica essenziale, questo nonostante la fine effettiva dei lavori e gli eventuali benefici si avranno non certo a breve termine.

Ovviamente a pagare per questa scelta sono in primis gli operai, tanto più che ci sono seri dubbi che nei cantieri si rispettino quelle norme di sicurezza che stanno tanto a cuore al nostro primo ministro. Alcune fotografie, inviate come segnalazione al Coordinamento del comitato No TAV, mostrano infatti operai dei cantieri di Desenzano, nella tratta Treviglio-Brescia, al lavoro senza mascherina e, secondo alcune segnalazioni, nei cantieri non sarebbero rispettate neanche la distanza di sicurezza e altre misure di prevenzione.

È bene precisare, a questo proposito, che in Lombardia le mascherine sono d’obbligo anche nei casi in cui non sarebbero previsti dalle normative generiche dei cantieri.

In ogni caso, quanto la salute degli operai stia a cuore nei cantieri della TAV salta subito all’occhio quando consideriamo gli altissimi livelli di inquinanti (NOx, CO, SOx, C6H6, IPA, diossine e furani) e di polveri sottili (PTS, PM10 e PM2.5) presenti nei siti dove sono collocati i cantieri. Questo non è affatto un dato trascurabile se consideriamo che, come abbiamo spiegato in un precedente articolo, l’Italia detiene il record europeo per morti da polveri sottili con circa 45600 decessi l’anno.

Ma l’apertura dei cantieri non fa scalpore solo per ragioni di sicurezza sul lavoro. In piena emergenza COVID-19, di fronte a una sanità con l’acqua alla gola e a lavoratori che si sono ritrovati in molti casi privati della loro fonte di reddito, per questa fase di lavori sono stati stanziati dall’Italia la bellezza di 514 milioni di euro oltre ai 2,5 miliardi circa per il lotto precedente, a cui si aggiungono gli 814 milioni dati dall’Unione Europea e un’ulteriore quota messa dalla Francia (circa il 25% del totale), per un totale di 1.915 miliardi di euro.

Il totale dei costi dell’intero progetto della così detta TAV, o più propriamente ferrovia Torino-Lione, è d’altra parte molto più alto: 9,6 miliardi secondo la stima effettuata nel 2017 dalle società Tractebel Engineering e Tuc Rail dopo un significativo ridimensionamento del piano originario.

Di certo sarebbe difficile valutare in questa sede i pro e i contro di questa grande opera; quello che è certo è che le voci di dissenso, dal movimento No TAV a varie organizzazioni ambientaliste, sono molte. Oltre al grande impatto sul territorio interessato alcuni, come Paolo Beria, professore associato di Economia dei trasporti al Politecnico di Milano, ritengono il progetto sovradimensionato rispetto alla reale richiesta di trasporto su ferro (cioè ferroviario e non “su gomma”), in calo negli ultimi anni. Anche sul versante della salute preoccupano l’aumento di particolato e polveri sottili legato ai cantieri ma anche la presenza di uranio e amianto nelle Alpi occidentali, come sottolinea Massimo Zucchetti, docente universitario presso il Politecnico di Torino.

Difficile insomma sfuggire all’impressione che si tratti in realtà di un grande giro di affari e speculazioni ai danni dell’ambiente, della salute e della stessa economia, il che giustifica l’ampio fronte di dissenso e di lotta che si è sviluppato negli ultimi 15 anni attorno alla ferrovia Torino-Lione.

In questo come in altri casi, del resto, l’emergenza legata al COVID-19 non ha fatto altro che rendere più evidenti le contraddizioni di una società e di un modello economico che ci sono continuamente propagandati come i migliori o, comunque, come gli unici concretamente applicabili. Di contraddizioni poi, a ben vedere, non ce ne sono: se la vera molla di questo sistema è il profitto di pochi, è chiaro che per i bisogni della stragrande maggioranza della popolazione non rimarranno che briciole.

Questo ovviamente non vuol dire che la pandemia non possa innescare nuovi processi; saper osservare e comprendere, ad esempio, i suoi effetti sui vari settori della borghesia e della piccola borghesia e sulla competizione tra questi. Che effetti avrà il balzo in avanti di Glovo e Deliveroo sulla ristorazione, o quello di Amazon sui piccoli negozi? O, ancora, l’enorme crescita di Netflix, favorita dalla pandemia, darà la spallata definitiva a molti cinema e teatri? Lo scenario, specialmente se questa crisi si prolungherà, potrebbe essere quello di una competizione che favorirà i colossi strangolando parte della piccola borghesia.

Certo è che l’avanguardia rivoluzionaria di tutti i paesi deve interpretare questi processi e far comprendere innanzitutto che la devastante crisi economica che si profila ricadrà sulla testa della classe operaia internazionale, costretta a pagare sia la crisi che il tentativo di rilancio che ne seguirà con tasse, tagli ai salari, licenziamenti, precariato e meno diritti sul lavoro.

Riportiamo, in conclusione, la lettera che il movimento No TAV ha inviato all’Unione Europea per chiedere la cancellazione dei finanziamenti alla Torino-Lione.

 


 

Siamo cittadini e cittadine europei e vogliamo mettere in guardia le Istituzioni europee e il Governo italiano sul rischio che politiche sbagliate potranno causare danni maggiori della stessa Pandemia COVID-19 in atto.

Nel giro di poche settimane la Pandemia si è diffusa rapidamente in Europa e nel mondo, con immediate gravi conseguenze: milioni di persone si sono contagiate e più di centomila sono morte.

Ma, accanto alla diminuzione di contagiati e di morti, assistiamo al rapido e violento indebolimento delle economie a livello planetario e il conseguente aumento delle diseguaglianze, della disoccupazione e delle povertà.

Molti scienziati e la Banca Mondiale affermano l’esistenza di una evidente correlazione tra la Pandemia e il Cambiamento Climatico che è provocato dalle politiche della crescita infinita tra le quali gli investimenti senza ritorno nelle Grandi Opere che devastano il Pianeta e assorbono ogni anno circa l’8% del PIL mondiale. 

La Carta di Tunisi del 2013, che unisce associazioni e movimenti popolari che si battono contro la costruzione di Grandi Opere Inutili e Imposte, ha indicato nei Mega Progetti una delle cause del disastro ecologico con rilevanti conseguenze negative per l’umanità.

Le politiche neoliberiste attribuiscono alla realizzazione di Mega Progetti infrastrutturali il ruolo di “strumento ideale” per la crescita dell’economia e per l’aumento del benessere degli abitanti del Pianeta.

Siamo cittadini e cittadine europei e da trent’anni lottiamo contro la Torino-Lione, un mega progetto ferroviario che costerebbe € 26 miliardi, imposto ai contribuenti in Italia, in Francia e in Europa, inutile, senza ritorno economico, un vero crimine climatico.

Dinnanzi alla catastrofe sociale ed economica generata dalla Pandemia siamo quasi imbarazzati a voler ostinatamente difendere la nostra lotta, ma di fronte agli appelli sconsiderati dei promotori delle Grandi Opere da loro definite “la soluzione” per il dopo Pandemia, sentiamo l’urgenza, la responsabilità e l’obbligo di essere ancora più determinati nella nostra opposizione.

La Torino-Lione, un Crimine Climatico, è una delle opere volute dall’Unione Europea per creare sviluppo e coesione degli Stati membri nell’ambito TEN-T finanziato dal fondo CEF. In realtà si tratta di progetti di linee ferroviarie che minacciano l’ambiente con l’arroganza dei loro costi e dimensioni, rappresentano un modello di “sviluppo” sbagliato e un sistema di trasporti disomogeneo e inefficace secondo la Corte dei conti europea che non crea benessere e coesione ma diseguaglianze sociali.

È dimostrato che il progetto Torino-Lione, un Crimine Climatico, contribuisce pesantemente al cambiamento climatico.

Ma, nonostante la presente drammatica situazione, la Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha affermato il 2 aprile scorso che “Il bilancio europeo 2021-2027 è il più forte e più importante strumento di risposta alla crisi generata dalla Pandemia per la ripresa a lungo termine”.

La sua dichiarazione è superba e temeraria: il Bilancio pluriannuale dell’Unione Europea (QFP) redatto dalla Commissione europea nel 2018 rappresenta la continuazione della normalità ed è la sintesi delle politiche neoliberiste che hanno contribuito allo squilibrio generale delle economie mondiali e allo stesso Cambiamento Climatico, deve essere profondamente modificato.

Affermiamo che di fronte alla volontà di “ritorno alla normalità” espresso dalla Commissione europea, la “normalità è la causa dei problemi”, mentre il cambiamento e la solidarietà sono la soluzione.

Denunciamo la campagna delle lobby delle Grandi Opere che pretende di fare partire centinaia di cantieri definiti “il toccasana per il rilancio dell’economia dell’Unione europea”.

Chiediamo l’approvazione di un emendamento CO2 alla Legge Europea sul Clima affinché, nello spirito dell’Accordo di Parigi, ogni opera infrastrutturale sia sottoposta a valutazione indipendente dell’impronta di carbonio nelle fasi di costruzione e di esercizio per l’ottenimento del finanziamento della UE.

Chiediamo la cancellazione del finanziamento europeo della Torino-Lione, un Crimine Climatico, un progetto inutile, senza ritorno economico, che sottrae preziose risorse economiche ai bilanci dell’Unione europea, dell’Italia e della Francia.

Chiediamo la creazione di un Fondo di Solidarietà finanziato dal Bilancio 2021-2027 per l’immediato sostegno dei cittadini poveri che sono 112 milioni nell’Unione Europea e il loro numero è in aumento a causa della pandemia.

Per finanziare il Fondo di Solidarietà chiediamo che siano cancellati dal QFP:

– tutti gli investimenti CEF nelle infrastrutture di trasporto  (oggi previsti in €33,5 Mld) che non dimostrino di avere una impronta di carbonio nulla, sia in fase di costruzione che a lungo termine, e una analisi costi/benefici positiva,

–  tutte le spese militari europee previste in circa 35 miliardi di euro.

 

Arechi La Salvia

Giornale militante online fondato nell'aprile 2017.
Sito informativo della Frazione Internazionalista Rivoluzionaria (FIR).