Sono passate settimane dallo sblocco di molte attività, riaperture dei bar e dei locali e il ritorno alla normalità per milioni di persone nel paese. I toni sensazionalistici e allarmisti sono spariti dai giornali come pure i bollettini di contagi e decessi a causa del Covid-19. Anche la notizie sugli eroi con il camice sono diventate molto più rari, come pure i tamponi.


È finita la crisi sanitaria? Il coronavirus non è più una minaccia di grave entità? Forse è passato il picco vero e proprio ma ancora esistono focolai e continuano ad aprirsi in tutta Europa, casi anche molto gravi, l’ultimo dei quali in Italia, a Bologna.

Nella filiale del gigante della logistica BRT di Roveri, in provincia di Bologna, in questi giorni si è aperto un nuovo focolaio: 65 operai contagiati, 130 in isolamento precauzionale, magazzino chiuso per sanificazioni e tamponi per tutti. Esattamente come denunciato dalle sigle sindacali maggiormente rappresentative nel settore questa è l’ennesima riprova che i lavoratori e in particolar modo gli operai della logistica sarebbero stati i più esposti al rischio contagio per condizioni e particolarità del lavoro che svolgono. La stessa AUSL di Bologna ha constatato la mancanza delle misure di sicurezza previste in termini di mascherine, distanze di sicurezza e sanificazioni dei locali dove gli operai lavorano.

BRT fu una delle aziende che fecero più resistenze per firmare protocolli di sicurezza con i sindacati maggiormente rappresentativi, Si Cobas e ADL Cobas, nel periodo delle astensioni di massa a lavoro. Ora quella resistenza si è allentata ma il pericolo è ancora presente. Quando ci si concederà un secondo per riflettere sul fatto che decine di aziende per mesi e ancora oggi hanno opposto resistenza alle misure di sicurezza? In quante aziende si è andati a controllare che tutti i protocolli fossero rispettati? Quando si potrà dire che i lavoratori sono stati sacrificati sull’altare del profitto e del rilancio dell’economia?

Oggi come due mesi fa sta venendo a galla la realtà: la sicurezza dei lavoratori è vista come un costo aggiuntivo, una zavorra della quale liberarsi prima e con meno spese possibili, non un valore assoluto quale dovrebbe essere, a prescindere dalle uscite del governo e dalle burocrazie sindacali riguardo l’attenzione verso le condizioni di sicurezza nei capannoni.

Oggi, come due mesi fa i lavoratori devono chiedersi se sia ancora il momento di dare fiducia ad aziende e politici e quanto sono disposti a rischiare che il contagio riprenda piede pur di mantenere in piedi un’economia che comunque va verso un rovinoso tracollo che non pagheranno le multinazionali, pagheranno i lavoratori, le lavoratrici e le loro famiglie.

 

CM