Nell’intervento di una giovane lavoratrice della ristorazione che ha dato il suo contributo all’assemblea dei lavoratori combattivi di sabato scorso a Torino, pubblicato dal SI Cobas Torino, emerge la difficoltà dei lavoratori e delle lavoratrici di un settore particolarmente colpito dalla crisi pandemica, dove la frammentazione e la poca organizzazione rendono ancora più urgenti una mobilitazione e una lotta unitarie, aldilà degli steccati di settore e di sigla.


Sono una lavoratrice di 29 anni.

Ho iniziato a lavorare nel 2010 per pagarmi gli studi universitari, prima come operatrice pluriservizio in Autogrill e poi come barista. Si trattava di lavori stagionali con contratti part-time che prevedevano 24 ore di lavoro settimanale. In realtà, i turni raggiungevano quotidianamente le 10 ore di lavoro e il giorno libero non era garantito: lavori letteralmente alienanti.

Ho terminato il percorso di studi laureandomi in Archeologia e Storia Antica, tuttavia, non sono ancora riuscita a inserirmi nel mio settore che ad oggi è fortemente precario. Attualmente, continuo a lavorare come barista, ma senza un contratto.

Oggi la prospettiva per noi lavoratori della ristorazione è nera. Il settore della ristorazione è, infatti, tra i più colpiti dalla crisi da Covid-19. La pandemia ha fatto emergere con ancora più forza quelle contraddizioni che erano già presenti prima, tra turni interminabili, contratti precari e salari da fame.

A questa situazione si aggiunge la difficoltà di organizzare i lavoratori della ristorazione, che, salvo le ipotesi in cui siano concentrati in grandi catene, lavorano in un contesto frammentario di piccole imprese spesso a conduzione familiare, come nel mio caso. La sopravvivenza dei piccoli proprietari passa anche per l’incremento del grado di sfruttamento dei dipendenti, per la riduzione dei loro diritti.

Il settore del turismo è un settore che storicamente non si è mai mobilitato; questo è dovuto a tanti fattori che non sviscereremo oggi, però ci da la cifra di quanto sia difficile muoversi in una prospettiva di settore. È per questo che un rilancio delle lotte dei lavoratori, su una base di unità tra queste, e non di veti incrociati tra organizzazioni può dare un impulso generale per far sviluppare il conflitto anche in quei settori che non lo hanno mai vissuto.

Pertanto, dobbiamo dire basta a questa frammentazione e unire le lotte per abbattere le attuali condizioni lavorative! Tuttavia non deve interessarci il ritorno “alla normalità”, perché essere sottopagati e sfruttati non può e non deve più essere la normalità. È tempo di organizzarci e lottare insieme per riconquistare con determinazione quello che ci hanno tolto e vogliono continuare a toglierci.

Non c’è più tempo da perdere.

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