Il 24 di ottobre, finalmente uniti dopo l’assemblea di Bologna, le forze afferenti al Patto d’Azione per un fronte unico di classe e all’assemblea dei lavoratori combattivi, sono scese in piazza in diverse città d’Italia di fronte alle sedi di Confindustria.


A Roma il corteo, scortato da quattro camionette della polizia con digos al seguito si è diretto direttamente sotto la sede di Confindustria. A Milano e Bologna le manifestazioni sono state molto partecipate, mentre a Napoli, a causa delle continue provocazioni della polizia, sono sfociate in scontri fra manifestanti e forze dell’ordine. Si è scesi in piazza anche a Brescia, Torino, Piacenza, Palermo e in altre città, dal nord al sud.

Le manifestazioni hanno visto schierate dopo molto tempo unite in piazza varie realtà che rivendicano di fatto la lotta di classe come prassi politica. Gli interventi in tutte le città hanno fatto spiccare le varie sfumature che la sinistra di classe ha assunto nel nostro paese, dagli interventi degli operai dei sindacati combattivi, agli interventi di varie organizzazioni sindacali e politiche, a quelli di studenti liceali e non. Quello che si evince dalle piazze è che sebbene non ci si trovi d’accordo su qualche cavillo teorico o interpretativo comincia a ritornare in mente che oltre alla teoria vi è anche la prassi e dei movimenti reali con cui fare i conti.

Il concentramento a Roma, davanti la sede di Confindustria

Ebbene riguardo quest’ultima sembra che tutti i compagni inizino a capire che dal punto di vista tattico, se davvero l’obbiettivo è quello di contrastare il ben organizzato, armato capitale, bisogna condividere lo stesso terreno e almeno la stessa base ideologica di azione a breve termine. La situazione pandemica attuale e ancor di più le risposte disorganizzate dello Stato nei suoi confronti, mostrano più che mai che la guerra è in atto, ed è sempre presente, e al momento il capitale è in vantaggio, quei pochi che coscientemente difendono il loro interesse di profitto dirigono con l’inganno le masse incoscienti. Eppure le contraddizioni di un sistema sociale finalizzato al profitto e non al benessere di tutti cominciano a trapelare sebbene in maniera grezza anche negli strati di lavoratori e studenti non politicizzati.

I lavoratori, in particolare, primi produttori della ricchezza e protagonisti in prima linea delle poche ma significative esplosioni di lotta attuali, hanno ancora bisogno di focalizzare l’obiettivo logico della propria rabbia: il capitale. Ebbene il capitale non sarebbe al disopra di noi tutti se qualcuno non lo sostenesse, le idee camminano sulle gambe degli uomini, uomini che lavorano ai piani alti di confindustria e delle altre confederazioni dei padroni. Bisogna squarciare il velo della menzogna, incominciare a capire come trasmettere al meglio le idee di base che tutto il fronte anticapitalista condivide e portarle dalla teoria alla prassi esercitandosi nelle “palestre” di manifestazioni, scioperi e vertenze, trovare un denominatore comune per tutti coloro che condividono le frustrazioni e le difficoltà alle quali il capitalismo ci mette di fronte.

Immagine della manifestazione di Milano

 

Le organizzazioni politiche e i gruppi dirigenti delle organizzazioni di classe hanno oggi una possibilità: uscire dal proprio steccato ideologico, rifiutare il settarismo ed incominciare tramite la prassi a decidere un reale programma di azione a breve e medio termine e confrontarsi con questo con la sinistra di classe in generale e con la realtà, se un’organizzazione classista, sia essa un sindacato o un partito, si chiude autoreferenzialmente su se stesso, se diventa troppo avanguardista o, per mancanza di audacia, si ritira nelle retrovie , commette un errore politico grave. L’unico modo per non perire agli attacchi del grande capitale in questo momento storico è creare appunto un fronte unico di classe con dei principi fondanti condivisi che sia in continuo dibattito, crescendo senza escludere nessuno e che si concentri su obiettivi precisi e comprensibili.

Le manifestazioni che si sono svolte in diverse città, per quanto numericamente contenute, hanno mostrato che gli elementi di base, ancora embrionali, per formare un polo anticapitalista di questo tipo sono presenti, quello che avverrà dipenderà dal modo in cui ci si approccerà alla realtà e, con il tempo, si raccoglierà ciò che si sarà seminato.

 

Arek

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