Nella giornata di venerdì 30 ottobre i rider daranno vita ad una iniziativa di sciopero, l’ennesima negli ultimi anni, della rete RiderXiDiritti con lo scopo di sabotare, per una giornata intera, i profitti delle piattaforme sfruttatrici, e protestare contro il CCNL truffa firmato recentemente dalle multinazionali con il sindacato di comodo UGL.


Muniti di borsa termica, cellulare sempre in mano, solitamente in bici o in moto, ma anche in macchina, con ritmi sempre frenetici; si chiamano rider, sono uno dei settori che rappresentano una delle forze motrici del capitalismo odierno, e svolgono un compito fondamentale: quello di consegnare cibo e oggetti vari nell’epoca dell’esplosione della logistica e dell’E-commerce. Lavoratori precari, inquadrati come autonomi, sono parte della classe operaia, di quella grande massa di lavoratori che ogni giorno butta sangue e sudore rischiando la propria vita per portare a casa un misero salario. Etichettati, al pari di altri lavoratori dei settori “essenziali”, come eroi durante la quarantena, questa categoria si differenzia dalle altre nel fatto che non ha diritti, non ha né orari né salari dignitosi; tuttavia, sono lavoratori al pari di altri e sempre al pari di altri corrono anch’essi grossi rischi durante il loro turno di lavoro.

Finalmente lo scorso 16 settembre, dopo agitazioni e scioperi, sembrava fosse arrivata una ventata di aria fresca anche per i riders, in quanto l’associazione Assodelivery, di cui fanno parte Glovo, Just Eat, Deliveroo, Uber Eats e Social food, ha raggiunto un accordo con il sindacato UGL per inquadrare in un contratto nazionale anche i rider. Ma cosa prevede il contratto? In primo luogo che i rider rimangano lavoratori autonomi, percependo un minimo di 10€ lordi per ogni ora di consegna (2,50€ a quarto d’ora), un minimo di 7€ l’ora per i primi quattro mesi in zone o città nuove anche senza ordini, a patto che il fattorino li accetti, un’indennità del 10/20% per lavoro notturno, festività o maltempo, un premio di 600€ ogni duemila consegne e coperture Inail contro gli infortuni. L’accordo infine prevede anche diritti di rappresentanza sindacale e il formale divieto di discriminazioni.

Per alcune piattaforme come Deliveroo questo accordo quadro è già entrato in vigore alcune settimane fa, mentre per i rider di Just Eat entrerà in vigore a partire dal 3 novembre. La comunicazione inviata ai lavoratori non ha lasciato nessun margine di scelta: o firmi o smetti di lavorare, e se critichi pubblicamente l’accordo quadro, come recita testualmente una delle sue clausole, l’azienda può tranquillamente licenziarti.

Per le piattaforme dell’Assodelivery, il fatto di aver raggiunto un accordo capestro con un sindacato, che tra l’altro non è nemmeno rappresentativo nella realtà, per i rider, è stata sicuramente un’occasione d’oro per legalizzare lo sfruttamento del cottimo seguendo un modello quasi ottocentesco, e sfuggire alle accuse di caporalato riducendo il meno possibile i profitti. Analizzando questo accordo punto per punto, si può dire innanzitutto che i 10€ lordi minimi ad ora lavorata incidono in maniera assai insignificante sugli attuali guadagni del lavoratore. In un’ora di consegna, solitamente, si possono fare in media 3 consegne che possono far guadagnare 13,50€, e quel minimo farebbe guadagnare persino di meno, tra l’altro, se durante il resto del turno non arrivassero altre consegne da effettuare. Non cambierebbe di molto l’attuale situazione, visto che, ora come ora, alcuni turni hanno incentivi di simile cifra, i quali, con ogni probabilità, verranno tolti. Il tutto rientrerebbe sempre nel losco e meschino marchingegno che induce i rider a lavorare sino allo sfinimento, pur di ottenere qualche euro in più al giorno. Il guadagno minimo di 7€ solo per nuove zone o nuove città, per i primi 4 mesi, a patto che il rider accetti le richieste di consegna, è lo stesso ricatto utilizzato per tenere i lavoratori sotto il giogo dello schiavismo del cottimo, e indurli a consegnare senza tregua e senza limiti di zona; infatti, capita che le app utilizzate dalle aziende assegnino delle consegne dove il locale si trovi in tutt’altra zona rispetto alla quale si sta consegnando, e il guadagno per la distanza non valga comunque la fatica e il tempo per il chilometraggio percorso. Che dire, poi, del premietto di 600€ ogni 2000 consegne? 2000 consegne, considerando di lavorare tutti i giorni, con una media di 4 o 5 consegne al giorno, in bicicletta, non si raggiungono nemmeno in un anno: quindi, a leggere tali cifre, viene veramente da ridere, e chiedersi di cosa si stia parlando. Briciole evidentemente! Briciole difficili da raggiungere, ma utili per illudere i rider della possibilità di avere compensi più dignitosi. Sulla rappresentanza sindacale, poi, bisognerebbe discutere su quanto di formale e pochissimo di reale ci sia, d’altronde nello stesso contratto è palesemente evidenziato il divieto di criticare il CCNL: dunque, quale trattativa sindacale e quale miglioria, potrebbero apportare l’organizzazione e la rappresentanza sindacale “tradizionale”, restano un mistero. Nella realtà, nessuna azienda permetterà mai la presenza di lavoratori realmente sindacalizzati, o che si avanzino pretese contrattuali senza una lotta decisa e sabotatrice contro il profitto dell’azienda stessa.

Serve continuare ad organizzarsi, e scioperare contro la schiavitù del cottimo, che tutt’oggi vede sfruttate anche altre categorie di lavoratori; contro l’attuale concezione delle Partite IVA e per l’ottenimento di un Contratto Collettivo Nazionale vero. Serve che la lotta dei rider si inserisca in una prospettiva di lotta più ampia di tutta la classe lavoratrice per ottenere salari migliori, garanzie e tutele, e ponga fine allo strapotere delle multinazionali del settore della logistica, come di tutti gli altri.

 

Redazione – La Voce delle Lotte

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