In Germania, la polizia da giorni cerca di sgomberare il villaggio di Lützerath con la forza per aprire la strada alle ruspe per aprire una centrale a carbone del gigante dell’energia RWE. Il governo mantiene il suo piano mentre gli attivisti per il clima sono accorsi per resistere.


Da Lützerath passa la lotta internazionale contro la catastrofe climatica

Lo sgombero del villaggio renano di Lützerath da parte della polizia è già iniziato il 3 gennaio, circa una settimana prima della data di sgombero inizialmente prevista. Attivisti per il clima provenienti da Messico, Uganda e Germania, tra cui militante della nostra orgnizzazione sorella tedesca Klasse gegen Klasse, chiamano alla mobilitazione per sostenere una delle lotte più importanti del movimento internazionale per il clima. Perché la lotta a Lützerath è quella contro un possibile aumento di 1,5 gradi della temperatura a livello globale, che avrebbe ripercussioni sulla biodiversità della Terra.

La polizia è entrata nell’area di Lützerath già il 2 gennaio e ha demolito le prime strutture “abusive”, ad esempio il cancello di legno all’ingresso del villaggio. Il movimento per il clima ha intensificato i propri sforzi a difesa del villaggio: il tempo a disposizione per accorrere è stato improvvisamente tagliato dalla manovra della polizia. Mentre le occupazioni climatiche come quella di Dannenröder Forst avevano un significato simbolico più forte, l’impatto climatico diretto della lignite sotto Lützerath è più di un attraversamento simbolico dei confini. Il movimento riassume bene la questione appellandosi al fatto che il limite di 1,5 gradi è in gioco proprio sotto Lützerath.

 

I terreni e le case del villaggio sono stati acquistati dalla società energetica RWE, che ha i permessi necessari per iniziare i lavori di demolizione, mentre gli ultimi abitanti hanno già lasciato il villaggio. Dagli anni ’80 sono stati sfrattati circa 20 villaggi per far posto all’espansione della miniera, che da allora è stata oggetto di proteste ambientali. Secondo i piani attuali, la miniera cesserà le attività nel 2030, in linea con l’obiettivo climatico del governo di smettere di bruciare carbone entro il 2038.

Gruppi di attivisti – alcuni dei quali in case sugli alberi – si sono insediati nell’area per mesi per resistere allo sfratto della polizia. Il loro numero è aumentato con l’imminente demolizione e già lunedì 9 gennaio ci sono stati tafferugli con le forze di sicurezza dopo che queste hanno rimosso con la forza diversi attivisti incatenati alle strade di accesso al villaggio. La resistenza ha visto tra le sue fila anche la famosa giovane attivista Greta Thunberg, che è rimasta coinvolta negli scontri.

Greta Thunberg, al centro, durante gli scontri tra la resistenza ecologista e la polizia tedesca a Lützerath

Greta Thunberg, al centro, durante gli scontri tra la resistenza ecologista e la polizia tedesca a Lützerath

Con l’espansione della cava Garzweiler II, dove si trova il villaggio, potrebbero essere estratti 650 milioni di tonnellate di lignite: l’impatto sul cambiamento climatico sarebbe catastrofico, a fronte di un basso potere calorifico di questo materiale. L’obiettivo di limitare il riscaldamento globale a 1,5 gradi rispetto all’epoca preindustriale non verrebbe raggiunto. Secondo le stime attuali, questo limite, fissato alla conferenza sul clima di Parigi, potrebbe essere superato già nel 2026; se si continuerà a estrarre minerali combustibili dal sottosuolo, come a Lützerath, ciò sarà senz’altro più probabile. Le previsioni attuali parlano addirittura di un possibile riscaldamento globale compreso tra i 2,8 e i 4,1 gradi Celsius, senza che i paesi compiano grandi sforzi per ribaltare questa situazione.

La battaglia per Lützerath è diventata così un simbolo internazionale delle lotte sulla politica climatica del nostro tempo.

 

Il governo tedesco pseudo-verde sta dalla parte dei padroni delle miniere inquinanti

Il 20 ottobre dello scorso anno, il governo tedesco ha annunciato di aver raggiunto un accordo sul futuro della produzione di energia elettrica a carbone. La produzione di energia elettrica a carbone terminerà nel 2030, ma a condizione che il carbone sotto Lützerath venga estratto. In questo modo, tra l’altro, due centrali elettriche a carbone già chiuse continueranno a funzionare fino al 2024. Questo compromesso sul carbone promette un risparmio di 280 milioni di tonnellate di CO₂, mentre la combustione del carbone sotto Lützerath emetterà più del doppio di gas dannosi per il clima.

Il ministro federale dell’Economia del partito politico Bündnis 90/die Grünen (Alleanza 90/I Verdi), Robert Habeck, e il ministro dello Stato dello stesso partito, Mona Neubauer, hanno elogiato il compromesso sul carbone come “un buon giorno per la protezione del clima”, mentre il percorso verso il limite di 1,5 gradi è diventato completamente impossibile. Si tratta di un tradimento senza precedenti del movimento per il clima. La rabbia degli occupanti è diretta contro questo partito e il governo di coalizione tra Verdi, SPD (Partito Socialdemocratico Tedesco) e FDP (Partito Democratico Libero), che hanno già abbandonato la protezione del clima attraverso accordi sul gas con il Qatar e lo sviluppo di nuovi terminali LNG. Prevedibilmente, nemmeno questo governo “verde-progressista” rompe con la logica capitalista, estrattivista. La protezione del clima non può essere raggiunta seguendo le politiche delle grandi aziende energetiche e estrattiviste: la logica interna di appropriazione costante dell’ambiente e del lavoro umano la rende impossibile nel capitalismo.

Tuttavia, la pratica della protezione del clima non deve esaurirsi con le azioni di disobbedienza civile e le occupazioni. Dobbiamo organizzarci ovunque ci spostiamo e viviamo: nelle scuole e università, nei quartieri delle città, nei luoghi di lavoro.
Ora è necessaria un’organizzazione congiunta degli attivisti per il clima e dei lavoratori di RWE, Vattenfall e aziende del ramo. L’approvvigionamento energetico deve essere posto sotto il pieno controllo democratico dei lavoratori e dei consumatori, non può rimanere ostaggio di un pugno di ultraricchi.

 

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