Il via libera dell’Ungheria apre alla Svezia l’entrata nella NATO dopo due anni di trattative. Il militarismo del paese scandinavo è già all’avanguardia nel clima generale di rilancio della spesa militare europea.


Come già riportato in altre occasioni, l’attacco russo all’Ucraina del 24 febbraio 2022 ha avuto un effetto notevole sull’opinione pubblica svedese la quale, stando alle statistiche, è passata da un’opinione sfavorevole all’ingresso della Svezia nella NATO a voler entrare tutti i costi nell’alleanza atlantica.

La Svezia cede ai ricatti di Erdoğan

Sul fronte della politica estera i politici borghesi di tutti gli schieramenti (il governo dei Socialdemocratici prima, e quello di destra dall’ottobre 2022 in poi) si sono dedicati con costanza a negoziare le modalità di ingresso nella NATO. I due grossi ostacoli a questo processo sono stati la Turchia di Erdoğan e l’Ungheria di Orban che hanno minacciato di mantenere indefinitamente il veto contro l’ingresso della Svezia. In particolare, nel corso degli ultimi anni due anni di trattative la Turchia ha utilizzato la promessa di un voto favorevole come merce di scambio per ottenere concessioni geopolitiche e militari: prima l’espulsione e la consegna da parte della Svezia di alcuni ”terroristi” (attivisti del PKK rifugiati in Svezia) e poi la modifica di alcuni paragrafi della legge antiterrorismo svedese (per cui in Svezia, per esempio, è stato reso illegale esporre la bandiera del PKK).

Questi rivolgimenti interni al Paese hanno incontrato un’opposizione estremamente marginale, limitata per lo più alla associazione dei curdi svedesi e ad alcune ale della così detta ”sinistra radicale”. In parlamento, Vänsterpartiet (il “partito della sinistra”, che pure ha votato contro la modifica della legge antiterrorismo) ha mantenuto un profilo relativamente basso sulla vicenda, temendo di perdere ulteriori consensi tra il loro ceto elettorale, composto per lo più da classe media ”intellettuale” urbanizzata il cui pragmatismo frammisto a confusione ideologica alimenta la convinzione che non ci sia alternativa all’ingresso nella Nato.

Un’ulteriore richiesta di Erdoğan , culminata infine in una vittoria, e non solo simbolica, è stata quella dell’acquisto di una partita di caccia F-16 dagli Stati Uniti per un valore di 23 miliardi dollari. Dopo queste peripezie, il parlamento turco ha infine votato a favore dell’ingresso della Svezia nella NATO. Si è presto aggiunto il semaforo verde anche da parte dell’Ungheria, dopo aver rimandoto il voto favorevole non solo per la linea decisamente meno anti-russa del governo ungherese rispetto alla UE, ma anche per motivi prestigio e di immagine: nel partito di Orban, infatti, ci sono mal di pancia dovuti a un documentario uscito in Svezia alcuni anni fa dove l’Ungheria viene dipinta come un Paese retrogrado e semi-dittatoriale. Molti, da Stoccolma a Bruxelles, ritengono che la Svezia dovrebbe finalmente riuscire a diventare membro della NATO entro la fine dell’estate.

Prove generali di militarizzazione del prossimo socio NATO

Sebbene la Svezia non sia ancora parte della alleanza atlantica, il processo di integrazione è stato accompagnato da una massiccia militarizzazione del Paese e, di fatto, dall’abbandono storico della politica di non-alleanza (in svedese alliansfrihet, termine da preferire a quello più fuorviante di ”neutralità”), una politica che era stata difesa persino nei momenti più spinosi della guerra fredda, quando il pericolo rappresentato dai sottomarini sovietici nel Baltico era a due passi da casa.

In un contesto in cui i media hanno non solo deliberatamente ignorano le voci contrarie all’ingresso nell’Alleanza atlantica (rappresentate in parlamento dai Verdi e dal Partito della Sinistra), ma spesso accusano di essere filorusso chiunque sia incline anche solo a problematizzare la campagna militarista, sulla tv nazionale e sui giornali vengono quotidianamente diffuse immagini e servizi sul bisogno di aumentare la produzione di armi – ”la produzione verrà triplicata!” e ”obbligheremo al servizio militare anche coloro che sono reticenti!” è stato dichiarato durante la conferenza ”popolo e difesa” a Sälen -, la necessità di rafforzare le ferrovie (al fine di trasportare armi!), la vita in caserma e le operazioni militari congiunte. Il governo svedese ha stretto nel frattempo numerosi accordi bilaterali prima con gli altri Paesi nordici e, il mese scorso, con gli Stati Uniti, coi quali è stato firmato un trattato che permetterà agli americani di installare basi militari, anche dotate di testate nucleari, su territorio svedese (e persino sull’isola di Gotland, situata a poche centinaia di chilometri da Kaliningrad, la vecchia Königsberg, l’exclave russa tra Polonia e Lituania).

A sinistra il comandante in capo delle forze armate svedesi Micael Bydén, recentemente coinvolto in uno scandalo per via della sua relazione col capo della polizia Linda Staaf.

Subito dopo capodanno l’intervista al comandante in capo delle forze armate svedesi, il generale Micael Bydén, è suonata come una bomba tra gli svedesi:

voglio dire agli svedesi che devono prepararsi mentalmente alla guerra!

Matteo Iammarrone

Nato a Torremaggiore, in Puglia, nel 1995, si è laureato in filosofia all'Università di Bologna. Dopo un master all'Università di Gothenburg (in Svezia), ha ottenuto un dottorato nella stessa città dove tuttora vive, fa ricerca e scrive come corrispondente de La Voce delle lotte.