Pochi giorni fa la Corte di Cassazione ha sentenziato che d’ora in poi l’assegno di divorzio sarà calcolato sulla base del criterio di autosufficienza economica dell’ex coniuge che lo richiede e non sul “tenore di vita matrimoniale” .
Secondo Gian Ettore Gassani, presidente dell’Associazione degli avvocati matrimonialisti italiani, si tratta di un cambiamento storico: “E’ una sentenza, che rivoluziona il diritto di famiglia in tema di riconoscimento dell’assegno divorzile e dei criteri per la sua quantificazione. L’assegno divorzile potrà essere riconosciuto soltanto se chi lo richiede dimostri di non poter procurarsi i mezzi economici sufficienti al proprio mantenimento. Viene spazzato via un principio sancito nel 1970 dalla legge 898 che ha introdotto il divorzio in Italia.”

Con questa sentenza non si “spazza via solo un principio” conquistato con anni di lotte femminili, ma si aggrava la disastrosa situazione delle condizioni della donna in Italia.

Spesso il divorzio con l’obbligo di sostentamento alla parte “debole” (che nel 99% dei casi è la donna) è l’unica possibilità per uscire da un matrimonio degradante o violento. Non assicurare un mantenimento economico adeguato in caso di divorzio, insieme a un altissimo tasso di disoccupazione femminile, significa far diventare il divorzio un lusso e non un diritto.

La violenza di genere è nella maggior parte dei casi alimentata dalla dipendenza economica della donna dall’uomo; ciò significa che tantissime donne non denunciano o non lasciano un uomo violento perchè non hanno la possibilità materiale si sopravvivere senza. Questa condizione non è solo causata della morale cattolica – che in Italia spingere ancora le donne a dedicarsi alla cura dei figli e della casa e non ad immettersi nel mondo del lavoro -, ma soprattutto perchè pur volendolo cercare troverebbero solo un panorama di precarietà e sfruttamento. Condizione che rende estremamente difficile, se non impossibile, una sicurezza economica. Situazione che riguarda sí anche gli uomini, ma che nel caso delle donne si aggrava, perchè queste non vengono assunte o tutelate in caso di parto e sono considerate più lente ed improduttive a causa del ciclo mestruale.

Quindi, per tutelare la libertà di divorzio alle donne bisogna assicurare un mantenimento economico, che le permetta di poter vivere lontano dal ex coniuge e con una propria indipendenza.

In questi ultimi mesi in Italia attraverso la polarizzazione del movimento NonUnaDiMeno si sono organizzate forti manifestazioni contro la violenza di genere, anche se spesso limitate alla parte sovrastrutturale del problema e non a quella strutturale, cioè che il patriarcato è indissolubilmente legato al capitalismo.

È quindi necessario andare  nel profondo per combattere non solo la violenza fisica dell’uomo sulla donna, ma quella quotidiana fatta di discriminazioni lavorative, mobbing sul sul lavoro, precarietà salariale, stipendi medi più bassi degli uomini, condanna al lavoro di cura. La battaglia per un divorzio che garantisca parità di diritti é essenziale, poiché con questa sentenza viene in sostanza delegittimato per la donna.

Scilla Di Pietro

Nata a Napoli il 1997, già militante del movimento studentesco napoletano con il CSNE-CSR. Vive lavora a Roma. È tra le fondatrici della corrente femminisa rivoluzionaria "Il Pane e Le Rose. Milita nella Frazione Internazionalista Rivoluzionaria (FIR) ed è redattrice della Voce delle Lotte.