2 febbraio 1999, Hugo Chávez, presidente del Partito Socialista Unito del Venezuela, diventa presidente del Venezuela e, a parte il breve colpo di stato del 2002 organizzato delle destre reazionarie, rimarrà in carica fino alla morte nel marzo 2013. Il suo successore è l’attuale presidente Nicolás Maduro, in carica dal 5 marzo 2013 ed ex presidente dello stesso partito. Seguendo le orme di Chavez ha intrapreso anch’egli la strada del cosidetto “socialismo bolivariano” (da Simòn Bolivar). La politica di Chávez e Maduro riprende in sintesi istanze di compromesso storico tra il movimento operaio e la borghesia nazionale. Una formula sperimentata dalle socialdemocrazie e dagli stalinismi durante tutto l’arco del ‘900 coi fronti popolari e rivelatasi non soltanto fallimentare, ma persino deleteria.

 

Una politica di compromesso per un fallimento annunciato

Il chavismo non ha risolto i problemi del movimento operaio, nonostante alcune politiche di aumento salariale frutto della lotta di classe. Nonostante la sinistra europea ne faccia un esempio di “socialismo senza rivoluzione”, i governi bolivariani sono, in realtà, in crisi politica in tutta l’America Latina. Hanno disinnescato il conflitto sociale, provando a tenere insieme salari e profitti. Un’operazione impossibile, che ora mostra tutte le sue contraddizioni.

Il governo Maduro ha subito un forte calo di appoggio popolare dovuto a una crisi economica, che non accenna a fermarsi. La disoccupazione è alle stelle e in molte regioni i salari non bastano neanche a garantire cibo per un mese intero. Condizioni sociali che ora il chavismo non può più ammorbidire con l’aumento relativo dei salari, come ha fatto per tutta una fase grazie al commercio del petrolio.

Dinanzi al crescere delle proteste sociali, il governo Maduro ha assunto una linea repressiva e autoritaria facendo sì che i partiti di destra si presentassero alle masse come garanti della “democrazia” e delle istanze popolari. Una dinamica comune a tutta l’America Latina, con le socialdemocrazie in crisi e le destre ad approfittare delle contraddizioni dei partiti di massa del movimento operaio.

Non a caso, il governo Maduro ha risposto a tutto ciò con limitazioni della democrazia e repressione delle sommosse sociali, che però non han tardato a scatenare di contro le proteste anche dei marxisti rivoluzionari. Questi han da sempre seguito, criticato e denunciato aspramente la vicenda e lo scandalo di tutti quei partiti che si dichiaravano socialisti, ma che assieme appoggiavano e continuano ad appoggiare con i governi bonapartisti di Chavez e Maduro. Ciò non ci impedisce, però, di vedere come l’attuale mobilitazione sia incalzata e strumentalizzata dalle destre e della borghesia filo imperialista. Dietro le false premesse democratiche e populiste preparano la loro ascesa al potere, impostando, in realtà, politiche totalmente antidemocratiche e ancora più repressive di quelle attuali.

 

La reazione dei governi è la repressione nel sangue

Chávez, al contrario di Maduro, poté contare su un forte appoggio operaio e della maggioranza della popolazione, che gli consentì non solo un successo elettorale, ma anche un appoggio per le mobilitazioni militari dinanzi ai continui tentativi statunitensi di spodestarlo. Questo elemento fece del caudillo Chávez un bonapartista piccolo borghese con una 

base di consenso di massa tra gli operai e i lavoratori. Verrebbe da chiedersi perché, dunque, Maduro, nonostante appartenga allo stesso filone politico, non goda della stessa popolarità. Con il governo Maduro la situazione si è aggravata e la crisi economica si è inasprita ulteriormente andando a delineare sempre più il confine fra le classi sociali. Il PSUV è incapace di gestire una situazione del genere, perché non ha una soluzione di rottura definitiva con gli interessi capitalistici (sia con gli USA che con Russia e Cina). Non può far altro che amministrare in senso sociale le macerie della sua propria economia, potendo ancora contare sull’appoggio delle FF.AA. (forze armate).

È la contraddizione storica tra classe operaia e classe borghese, tra Stato di quest’ultima e prospettiva socialista. Pensare di risolvere i problemi delle masse povere, dei lavoratori, governando lo Stato borghese è una mera illusione. Ciò che accade oggi in Venezuela è il frutto di queste contraddizioni.

 

Gli alleati dell’opposizione

L’opposizione a Maduro, però, non si trova su un binario progressivo del conflitto. Al contrario sviluppa una dinamica reazionaria, che potrebbe portare le classi capitaliste e imperialiste a mettere le mani nelle tasche del proletariato venezuelano. Gli attuali partiti d’opposizione hanno già dimostrato storicamente quale sarà il modello di società a cui aspirano, quando nel 2002-2003 fecero un colpo di stato antidemocratico grazie all’appoggio degli USA, spodestando per un breve periodo il governo Chavez e negando ogni diritto democratico. In America Latina abbiamo già visto situazioni analoghe con un colpo di stato del 2009 in Honduras, uno recente di tipo istituzionale in Brasile. Situazioni tutte appoggiate dall’opposizione di destra in Venezuela. Questo ci rivela il vero carattere antidemocratico e golpista dell’opposizione di destra e anche di quei partiti; appoggiati dagli industriali e dalle classi capitaliste nordamericane, che hanno tutto l’interesse a mettere alla guida del Venezuela un governo che rinegozi gli accordi sul petrolio a vantaggio dell’imperialismo e di altri Stati capitalistici come Russia e Cina. Una opposizione che ha l’appoggio e il sostegno di tutti i governi criminali e antioperai delle Americhe: Pen͂a Nieto in Messico, Macri in Argentina, Temer in Brasile, Santos in Colombia, Trump negli USA.

 

La strategia dell’opposizione e i marxisti rivoluzionari

Nel frattempo Maduro non fa altro che utilizzare le FF.AA. sperando che i militari possano risolvere l’ormai disperata situazione. E in effetti questa situazione tanto caotica, in cui ormai il comando è sempre più nelle mani dei militari, fa comodo anche alle destre, coloro che si rivendicano democratiche. Con la destituzione e la salita al potere delle destre la situazione non migliorerebbe di certo, anzi al contrario peggiorerebbe, poiché le soluzioni che queste propongono implicano ulteriori attacchi alle già precarie condizioni di vita delle masse, prevedendo maggiori agevolazioni per licenziare i lavoratori e più liberalizzazione dei prezzi, favorendo così anche l’inflazione e una maggiore svalutazione della moneta; tagli ai servizi pubblici; un maggiore debito esterno; privatizzazione delle imprese e degli stabilimenti, con la conseguenza di ulteriori licenziamenti. Tutte queste soluzioni ovviamente sono solo una parte di tutto il programma della destra.

I partiti di destra criticano le derive antidemocratiche solo quando gli sono di ostacolo alla loro ascesa al potere. Il loro obiettivo, come da sempre, è cavalcare il malcontento popolare. È necessario posizionarsi contro i tentativi di strumentalizzazione del malcontento da parte delle destre in Venezuela, ma lottare al tempo stesso contro i governi di fronte popolare bonapartista, come quelli del socialismo bolivariano, che seminano illusioni tra le masse e aprono la strada alle destre reazionarie al governo. Soltanto un potere fatto di assemblee operaie e popolari potrà risolvere la crisi economica venezuelana, pianificando l’economia democraticamente e in senso veramente socialista, senza forme parlamentariste, ma con delegati revocabili in qualsiasi momento e che percepiscano lo stipendio equivalente al salario medio di un operaio specializzato. Solo se la classe operaia costruirà una sua costituente sovrana e sovrana potrà risolvere i problemi economici e sociali delle masse. Le illusioni si sono rivelate vuote, come le pance dei lavoratori del Venezuela.

 

Lorenzo De Girolamo

Nato a Rimini nel 1995. Laureato in Scienze della Formazione all'Università di Bologna. Vive e lavora come rider di Just Eat a Roma.