È dalla campagna presidenziale degli USA che si sottolineano le somiglianze tra Donald Trump e Silvio Berlusconi. Alla lunga lista di queste può aggiungersi un’ultima: l’antiberlusconismo/antitrumpismo, un’opposizione formale feroce e aprioristica al singolo leader politico, collegata alla collocazione nel campo del “centrosinistra”. Oltreoceano, i “liberals” americani hanno dimostrato di non aver imparato nulla dall’esperienza del berlusconismo italiano.

Il 9 maggio Trump decise di destituire James Comey, direttore dell’FBI dal 2013 fino ad allora, ufficialmente per incompetenza, ma non è difficile immaginare che il reale motivo fosse un altro. I democratici insorsero immediatamente contro questo atto “autoritario”, che secondo loro sarebbe un ulteriore segno di una strisciante dittatura. Pur di contraddire Trump si difende l’indifendibile, sotto la pretesa che l’FBI sia un’istituzione garante della libertà – della libertà di chi? La rimozione di un alto dirigente della burocrazia statale politica politicamente in contrasto con Trump ha indebolito la crociata antitrumpista del Partito Democratico, che ha gridato allo scandalo nonostante Comey sia stato definito dallo stesso John McCain (candidato dei repubblicani alle presidenzali contro Obama e con posizioni senz’altro di destra) come “la peersona più rispettata in America”.

Sembra quindi utile ricordare quel che l’FBI ha rappresentato per la storia degli USA in generale e del movimento operaio in particolare.

Si può tranquillamente affermare che l’intera storia del FBI corrisponda con la repressione di qualsiasi forma di movimento rivoluzionario che veramente ponesse in dubbio l’esistenza del sistema capitalistico. Il predecessore stesso dell’FBI, l’agenzia investigativa Pinkerton, venne ingaggiata dal Dipartimento di Giustizia per infiltrare, sabotare e reprimere le attività del movimento sindacale e più in generale difendere il settore privato dalla terribile richiesta di salari più giusti. Le azioni della Pinkerton divennero sempre più violente, arrivando ad un punto in cui i suoi agenti partecipavano a brutali omicidi di organizzatori sindacali come Frank Little, ed era prassi comune per loro sparare su folle di manifestanti.

Dopo l’assassinio del presidente William McKinley, Robert Pinkerton, figlio del fondatore Allan Pinkerton, sostenne che attivisti politici del pensiero politico radicale, come fu Little, dovessero essere “schedati e tenuti sotto stretta sorveglianza”. Questo tratto estremamente reazionario della Pinkerton venne trasmesso in toto all’FBI, come anche i metodi di identificazione (tramite le impronte digitali) e le basi di dati centralizzate in cui tenere schedati i profili dei criminali.

Nel giugno del 1908 l’allora presidente Roosevelt creò il Bureau of Investigation. Si trattava di un corpo di polizia nazionale sotto il comando del Dipartimento di Giustizia: ciò non incontrò i favori del Congresso che ne bloccò per un po’ la creazione, a causa del timore che la nuova organizzazione diventasse una specie di forza di polizia segreta come quella zarista. Se all’inizio della sua attività il BoI si concentrò sulla repressione di crimini relativamente comuni, appena un anno dopo si iniziò ad utilizzare una serie di informatori per tenere sotto sorveglianza i circoli socialisti. La pratica degenerò presto in una serie di tentativi di distruggere il Partito Socialista, assieme ad altre organizzazioni dello stesso tipo.

Con l’avvento della Prima Guerra Mondiale, la repressione salì alle stelle. Tutto il Dipartimento di Giustizia si mobilitò per sradicare potenziali traditori della patria, ovvero chiunque fosse una minaccia allo sforzo bellico, facendo poche distinzioni tra disertori, forestieri, sindacati e socialisti. Si partì quindi con arresti di massa, con l’apertura della posta e la registrazione delle telefonate, senza però trovare alcuna spia.

In questo periodo il Bureau si unì alla American Protective League, un gruppo di vigilantes finanziati da varie corporations, non molto dissimili dagli squadristi italiani del primo dopoguerra. Con un distintivo che li identificava come forza “ausiliaria al Dipartimento di Giustizia americano,” queste bande di picchiatori spiavano gente comune (in genere di recente immigrazione), cercavano i renitenti alla leva, colpivano i sindacati e picchiavano i lavoratori.

Il 17 settembre 1917, APL ed FBI organizzarono assieme incursioni contro le sedi del IWW (il più grande sindacato americano di allora) in 24 diverse città. La prassi consisteva nell’irrompere negli uffici del IWW e rubarne i documenti. Il materiale sequestrato venne utilizzato in seguito per portare a processo per spionaggio 165 leader sindacali, alcuni dei quali ricevettero sentenze anche per 20 anni di reclusione.

Un anno dopo, si unirono di nuovo per altre scorrerie, questa volta contro i cosiddetti “fannulloni.” Arrestarono tra le 50 mila e le 65 mila persone tra gli stati di New York e New Jersey. La maggior parte di questi individui non era nemmeno un disertore o un renitente alla leva. A causa di questo fallimento il procuratore generale degli USA e il capo del Bureau vennero destituiti, ma l’FBI come istituzione rimase tale e quale.

Con la fine della guerra, la repressione politica del Bureau continuò, e continuò a colpire socialisti, comunisti e sindacalisti. Il 7 novembre 1919, secondo anniversario della Rivoluzione d’Ottobre, gli agenti del Bureau eseguirono una serie di azioni estremamente violente contro il Sindacato dei Lavoratori Russi in 12 diverse città. I giornali riportarono che durante gli arresti alcuni dei membri del Sindacato vennero picchiati a sangue. In molti dissero in seguito di essere stati minacciati e picchiati durante gli interrogatori. La rete lanciata dal Bureau catturò senza distinzione cittadini americani, iscritti al sindacato e semplici passanti di origine russa; vennero arrestate circa 650 persone.

L’isteria denominata Red Scare (Paura rossa), causata da una serie di mobilitazioni sindacali e 36 attentati bombaroli contro sindaci, senatori e giudici, culminò nel 1920. In quell’anno si decise di scovare i responsabili degli attentati bombaroli. Si organizzarono incursioni in 33 città che portarono all’arresto di 6 mila persone. Inutile dire che di questi nessuno era veramente colpevole di nulla, se non di aver agito contro la guerra o per ottenere migliori condizioni di vita e lavoro. A volte la colpa era soltanto quella di parlare con accento straniero.

Finita la Paura rossa, il Bureau spostò la sua attenzione sugli afro-americani. Si iniziò a sovergliare le attività di giornali e gruppi di attivisti per i diritti civili. In particolare, la paura era rivolta a nazionalisti neri come Marcus Garvey, leader della Universal Negro Improvement Association, che contava oltre 2 milioni di membri. Garvey era “uno degli agitatori negri più in vista di New York” secondo J. Edgar Hoover, futuro capo dell’FBI. Costui nel 1919 scriveva che “sfortunatamente [Garvey] non ha ancora violato nessuna legge federale che ci permetterebbe di procedere contro di lui per deportarlo in quanto straniero indesiderato.”

Il Bureau aveva paura le centinaia di migliaia di neri sotto l’influenza di Gavery ed era così determinato ad abbatterlo che fece l’impensabile: assunse il primo agente di colore per infiltrare l’organizzazione di Garvey e avvicinarsi a lui. Non avendo nulla di sostanzioso con cui ottenere la deportazione del leader nazionalista, il Bureau ricorse ad incastrarlo per frode postale.

Il Bureau tenne sotto sorveglianza anche Jane Addams (che nel 1931 ricevette il premio Nobel per la pace), leader della Lega Internazionale delle Donne per la Pace e Libertà, un gruppo antibellicista. La Lega e i suoi aderenti rimasero sotto sorveglianza almeno fino al 1942.

Con l’avvento di J. Edgar Hoover come direttore del Bureau, si diede inizio ad un periodo in cui l’FBI divenne virtualmente un governo dentro al governo. L’FBI tenne fascicoli su chiunque potesse venire considerato come fuori dallo spettro politico dominante: pacifisti, gruppi per la difesa dei diritti civili, organizzatori sindacali, “minoranze sospette” e più in generale chiunque fosse di sinistra. Hoover si occupò di sorvegliare “potenziali sovversivi” per poi consegnare le informazioni a membri del Congresso che si occupavano di investigare sulle “infiltrazioni comuniste.” Sorvegliò persino cantanti come Pete Seeger e scienziati come Albert Einsten, continuando a rovistare nella sua spazzatura fino alla morte avvenuta nel 1955.

Quando il presidente Roosevelt ordinò di tenere sotto sorveglianza potenziali sovversivi legati all’URSS e al Terzo Reich, Hoover andò addirittura oltre, rivolgendosi contro chiunque si opponesse alla politica estera del presidente. L’FBI divenne uno strumento dell’esecutivo per tenere sotto controllo chiunque fosse un avversario politico. Esempio di questo fu Lyndon Johnson, che pose sotto la sorveglianza dell’FBI sia Barry Goldwater che Richard Nixon.

Nel 1956 l’FBI lanciò COINTELPRO, un insieme di programmi la cui ragion d’essere fu per intere decadi la distruzione di qualunque gruppo politico di sinistra, dai socialisti ai comunisti, dagli attivisti per i diritti civili alle Pantere Nere. Alcuni tratti caratteristici, tattiche e strategie del COINTELPRO furono:

La distruzione del Partito Comunista, la cui esecuzione fu abbastanza raffinata. Secondo un promemoria del 1956, molestie e violenze provenienti dall’esterno “potrebbero solamente unire le varie fazioni” mentre “forzare e fomentare le lotte interne attualmente infurianti” avrebbe aiutato la disgregazione del Partito senza però dare l’immagine di interferenza governativa. Per fare ciò l’FBI utilizzò vari metodi. Il principale di questi consisteva nell’infiltrare un gruppo e rendere quanto più aspro il dibattito interno, facendo emergere al suo interno “argomenti controversi.” Altro metodo utilizzato dal Bureau consisteva nella fabbricazione di prove che additassero alcuni dei membri dell’organizzazione come infiltrati della CIA.

L’utilizzo di lettere anonime destinate ad individui appartenenti alle organizzazioni da minare dall’interno. Queste lettere erano scritte in modo tale da poter essere scritte da chiunque, alleato o avversario politico. Il loro scopo era quello di fornire informazioni fasulle ed esacerbare le varie spaccature. Questo metodo divenne la prassi principale dell’FBI quando questi cercò di ampliare le spaccature tra le varie frazioni delle Pantere Nere, come anche per dare un’immagine delle Pantere Nere come antisemite.

La distruzione del movimento indipendentista portoricano. In un promemoria del 1964, l’FBI si vanta di come una serie di lettere minatorie dirette al movimento indipendentista del Puerto Rico contribuirono all’attacco cardiaco di uno dei suoi leader. In questa circolare si legge che “è chiaro … che le nostre lettere anonime hanno creato serie spaccature nei ranghi [del movimento indipendentista portoricano] e un clima di diffidenza e dissenso, verrà impiegato molto tempo prima che questo venga superato.”

La distruzione delle Pantere Nere tramite metodi molto vari, tra cui anche l’incitazione all’omicidio, effettuata sempre tramite il metodo delle lettere anonime. Nel 1969 venne mandata una lettera anonima indirizzata al leader di una gang di strada di Chicago allora alleata delle Pantere Nere. In un promemoria riguardante questa occasione si esprimeva la speranza che la lettera potesse “disgregare il Partito delle Pantere Nere o portare a una rappresaglia contro la sua dirigenza.” Nello stesso anno, il Bureau celebrava i successi del COINTELPRO contro le Pantere Nere con queste parole: “Sparatorie, pestaggi e un alto grado di agitazione continua a prevalere nel ghetto del sud est di San Diego … una quantità sostanziosa dell’agitazione è direttamente attribuibile al programma.”

Il tentativo di spingere al suicidio Martin Luther King, che l’FBI considerò come “il negro più pericoloso per il futuro della nostra nazione.” L’FBI promosse un programma che prevedeva intercettazioni, molestie da parte dell’IRS (equivalente americano dell’Agenzia delle Entrate) e la creazione di propaganda rivolta contro King, che raggiunse l’apice con la creazione di una collezione di filmati segreti, i quali includevano anche le relazioni extraconiugali. Due giorni dopo che venne annunciata la vittoria del premio Nobel per la pace di King, gli venne mandato il nastro assieme a una lettera scritta dal punto di vista di un membro del movimento per i diritti civili. In questa lettera King veniva definito come “una bestia lurida e anormale” che avrebbe preso parte a “orge sessuali,” e si minacciava di diffondere il nastro se King non avesse commesso suicidio.

L’infiltrazione del movimento studentesco da parte di provocatori. Una volta infiltrati, questi avevano il compito di promuovere azioni come attentati bombaroli, l’uccisione di agenti di polizia e vari altri attentati ed omicidi. Erano sempre loro poi a fornire gli studenti di armi e ingredienti per produrre esplosivi, addestrandoli sul come fare per effettuare i vari tipi di azione violenta. Tutto questo con lo scopo di fornire una giustificazione per condurre all’arresto di gruppi studenteschi.

In un caso eclatante uno di questi informatori, che “parlava costantemente di violenza, portava una bomba a mano nella sua macchina, mostrava agli studenti come utilizzare un fucile M-1 e offriva consigli sul come effettuare attentati bombaroli”, spinse i suoi seguaci a piazzare una bomba in un edificio. Dopo il fatto venne prosciolto da ogni accusa e divenne un agente di polizia.

Nel 1970 l’opinione pubblica fu scandalizzata dall’apprendere di tali azioni grazie alla Commissione Church. Ma l’FBI non si pentì di nulla. Nel 1971 il successore di J. Edgar Hoover al posto di direttore del Bureau disse: “Se l’FBI in quelle circostanze avesse fatto meno di quanto ha fatto, avrebbe di fatto abdicato alle proprie responsabilità di fronte al popolo americano.”

Con la fine del COINTELPRO non cambiò però la direzione generale del Bureau. Gli obiettivi rimasero sostanzialmente invariati, ovvero la repressione di chiunque risultasse allineato con la definizione che dava l’FBI di visione politica estremista. Anche dopo il periodo della Red Scare, il Bureau continuò a monitorare e molestare comunisti, lavoratori in sciopero e gruppi di attivisti per i diritti civili. Come disse la stessa Commissione Church “il COINTELPRO esistette per anni su basi mirate prima che il programma venisse formalmente istituito, e attività simili al COINTELPRO potrebbero continuare ad esistere sotto la dicitura di ‘indagine.’”

Per dare un’indicazione su come poco sia cambiato da allora, basta considerare l’FBI ai giorni nostri. Il Bureau spende una enorme quantità di tempo e risorse, pagando o corrompendo personalità criminali affinché diventino informatori al suo servizio. Questi sono utilizzati per portare musulmani (giovani, poveri e delle volte mentalmente disabili) al punto di eseguire attacchi terroristici, per la quale cosa non avrebbero né i mezzi né l’intenzione.

Dal 2014 sono state almeno 88 le persone arrestate con l’accusa di essere fiancheggiatori dell’ISIS, la maggior parte di queste persone non aveva nessun contatto con l’organizzazione terroristica. Questo dato non include nemmeno coloro che sono stati arrestati con accuse molto più generiche di terrorismo, spesso collegate a complotti orditi dallo stesso FBI.

Dopo sessant’anni dopo il lancio del COINTELPRO non ci sono ragioni che indurrebbero a credere che l’FBI sia cambiato, soprattutto dopo che è stato scoperto come appartenenti al movimento Black Lives Matter siano stati messi sotto sorveglianza dal Bureau. Se aggiungiamo a ciò lo sviluppo notevole della tecnologia, che permettono ai governi un controllo della popolazione ancora più capillare di prima, la prospettiva di un COINTELPRO dei giorni nostri è ancora più spaventosa.

Gabriele Bertoncelli

Nato a Cesena nel 1992. Ha studiato antropologia e geografia all'Università di Bologna. Direttore della Voce delle Lotte, risiede a e insegna geografia a Roma nelle scuole superiori.