Tempo fa avevamo descritto le condizioni di lavoro in quella che è una “fabbrica del futuro” dell’industria 4.0, l’impianto californiano della Tesla Motors, produttrice di automobili elettriche. Qui, nonostante la presenza di un automatizzazione oltremodo massiccia, lavorare rimane una fatica. I lavoratori sono costretti a ritmi serrati per permettere all’azienda, e al suo ambizioso ad Elon Musk, di raggiungere gli obiettivi di produzione che si è posta. È per questo che gli operai svolgono mansioni difficili mentre gli orari si allungano, i ritmi velocizzano e i sistemi di sicurezza vengono ignorati. La conseguenza più naturale di ciò è un numero elevato di incidenti sul lavoro, per comprendere il quale basta considerare che dal 2014 ad oggi l’ambulanza è stata chiamata più di cento volte. Infortuni, svenimenti, vertigini, convulsioni e dolori al torace sono assai comuni. È capitato che dopo aver riferito di un infortunio a un superiore, questo risponda di “comportarsi da uomo” e tornare al lavoro.

Nell’impianto gli operai non sono organizzati in nessun modo, non esistono ancora veri e propri sindacati di fabbrica. Le condizioni di lavoro sono migliorate lentamente nel tempo e soltanto quando queste avrebbero potuto causare polemiche e cattiva pubblicità. In sostanza, in assenza di forme di organizzazione dei lavoratori, i miglioramenti sono affidati alla magnanimità del padrone. È per porre rimedio a ciò che a gennaio di quest’anno Jose Moran, un operaio dell’impianto, ha scritto un post su internet in cui descriveva le condizioni in cui versano lui e i suoi colleghi. Questo, resosi conto insieme ad altri della totale sordità dell’azienda quando si avanzano richieste di miglioramenti collettivi delle condizioni di lavoro, Moran ha sostenuto la necessità di formare un sindacato di fabbrica.

Da allora sono stati fatti progressi ed è stato formato un Comitato Organizzativo degli Operai Tesla, il gruppo che più sta portando avanti gli sforzi per formare un sindacato di fabbrica. Dal post di Moran le richieste dei vari comitati operai si sono concentrate sul miglioramento dei dispositivi di protezione e sicurezza in modo da ridurre gli incidenti sul lavoro. E proprio questi sono stati al centro della lettera che il Comitato ha mandato al consiglio di amministrazione della Tesla il 31 luglio, ovvero tre giorni dopo che l’azienda ha consegnato le prime Model 3, quando Elon Musk ha dichiarato che per produrre il mezzo milione di Model 3 preordinate i prossimi sei mesi saranno un “inferno” per il comparto manifatturiero.

La lettera chiede alla Tesla di:
– informare i propri dipendenti sui rischi che derivano dal lavoro alla catena di produzione;
– rendere immediatamente disponibili, dopo la pubblicazione, i risultati delle deposizioni ufficiali sulla sicurezza;
– permettere ai lavoratori dell’impianto californiano di Fremont di avere parte nelle decisioni dell’azienda in materia di sicurezza.

La lettera cita anche un report che mostra come il tasso di infortuni sia ben più alto della media del settore, e ricorda allo stesso tempo che la Tesla è l’azienda produttrice di automobili più produttiva e profittevole degli Stati Uniti.

Secondo il Comitato, le questioni affrontate dalla lettera sono state sollevate ripetutamente con i vari dirigenti aziendali, senza mai trovare soluzione. È per questo che si sono rivolti direttamente al CdA, mandando un forte messaggio all’azienda, ed è facile prevedere che alle parole seguiranno i fatti.

 

Gabriele Bertoncelli

Nata a Napoli il 1997, già militante del movimento studentesco napoletano con il CSNE-CSR. Vive lavora a Roma. È tra le fondatrici della corrente femminisa rivoluzionaria "Il Pane e Le Rose. Milita nella Frazione Internazionalista Rivoluzionaria (FIR) ed è redattrice della Voce delle Lotte.