Riprendiamo, con questa stesura di appunti, la riflessione sul libro “Materialismo ed empiriocriticismo”, di cui abbiamo già pubblicato la prima, la seconda, la terza, la quarta, la quinta , la sesta, la settima, l‘ottava, la nona, la decima e l’undicesima parte.

In questa opera Lenin smaschera progressivamente il carattere idealista dell’empiriocriticismo, cioè del machismo (dal fondatore di questa dottrina, Ernst Mach).


Della causalità e della necessità nella natura

R. Haym sostiene che “la natura può essere compresa soltanto per mezzo della natura stessa[…] pplichiamo ad essa espressioni e concetti umani come, ad esempio, l’ordine, la legge e siamo costretti a ciò appunto dalla natura del nostro linguaggio”. Secondo questa affermazione nella natura non ci sarebbero regole, né leggi, né un ordine. Feuerbach la definisce un’assurdità, perché secondo Haym si vorrebbe stabilire solo la differenza tra ciò che è della natura e ciò che è dell’uomo e di questo passo si arriverà a negare soltanto l’identità del pensiero e dell’essere, si negherà quindi l’ordine che esiste nella natura esattamente come nella sensibilità dell’uomo. Da questo ipotetico carattere fortuito dell’ordine e delle leggi della natura, il teismo trae espressamente la conclusione della loro origine arbitraria e quindi l’esistenza di un “essere” diverso dalla natura, che apporta l’ordine e le finalità nella natura (un dio per esempio), proprio perché i teisti dividono la natura in due esseri: uno materiale ed uno spirituale.

Feuerbach ammette nella natura una legge obiettiva, riflessa soltanto con un’esattezza approssimativa nelle idee umane di ordine e legge. L’ammissione di una legge obiettiva nella natura è legata all’ammissione della realtà obiettiva del mondo esterno: questa concezione di Feuerbach è coerentemente materialista.

Quindi il riconoscimento della legge obiettiva della natura è materialismo. Idealismo è tutto ciò che separa l’intelletto umano dalla natura, non solo li oppone l’una all’altra, affermando che la natura è parte dell’intelletto e negando quindi che l’intelletto è una parte della natura.

Engels sottolinea in modo particolare la concezione dialettica di causa ed effetto: “E’ chiaro che questi rapporti hanno un’esistenza obiettiva […]Causa ed effetto sono concetti che hanno validità come tali solo se li applichiamo a un caso singolo, ma si confondono e si dissolvono nella visione della universale azione reciproca, si scambiano continuamente la loro posizione”. Questo perché il concetto umano di causa ed effetto semplifica estremamente i fenomeni naturali, isolando artificialmente questo o quell’aspetto di un processo universale unico. Le leggi del pensiero corrispondono alle leggi della natura, ciò diviene del tutto comprensibile ove si consideri il pensiero e la coscienza come prodotti del cervello umano, che è esso stesso un prodotto della natura. Quindi i prodotti umani sono essi stessi prodotti della natura. L’esistenza di un nesso naturale obiettivo dei fenomeni dell’universo è indiscutibile.

Gelfond rileva una concezione non materialista nelle affermazioni di Dietzgen sottolineando che “la dipendenza causale che noi attribuiamo alle cose non è contenuta nelle cose stesse”. Evidentemente non ha letto le affermazioni di Dietzgen, come tutti i machisti russi, che sono diametralmente opposte “Le scienze naturali ricercano le cause non fuori dei fenomeni, non dietro, ma in essi o attraverso di essi…La causa di una cosa è la sua connessione”. La dipendenza causale è contenuta nelle cose stesse.

Oltre a quello dei machisti russi un altro tentativo di confondere l’indirizzo idealistico con quello materialista nella questione della causalità è quello di Hume: “poichè non conosciamo la forza come qualche cosa che genera il movimento, ignoriamo anche la necessità di un qualsiasi movimento”. Questa è un’affermazione conseguente per un filosofo sostenitore della sola esistenza della sensazione definibile soggettivismo esplicito, perché non si riconosce la realtà obiettiva come fonte delle nostre sensazioni.

Le affermazioni di Mach: “ci dissociamo dalla soluzione di Hume … oltre la necessità logica non esiste nessun’altra necessità, per esempio la necessità fisica” e “Nella natura non esiste né causa né effetto…tutte le forme della legge della causalità discendono da istinti soggettivi…”. Concezioni sempre contrastate da Feuerbach, perché del tutto soggettivista.

Pertanto possiamo affermare che la questione fondamentale della teoria della conoscenza, cioè la questione fondamentale che distingue le tendenze filosofiche, non sta nel sapere quale grado di precisione è stato raggiunto dalle nostre descrizioni dei nessi di causalità e se possono essere espresse in formule matematiche, ma nel sapere se la fonte della nostra conoscenza di questi nessi è la legge obiettiva della natura o è una delle proprietà del nostro intelletto. Questo divide i materialisti dagli agnostici.

Mach in certi passaggi ragiona quasi da scienziato, secondo il punto di vista materialistico istintivo affermando che “la natura ci fa conoscere nei suoi fondamenti”, poi però ricade in concezioni idealistiche, affermando che si può e si deve cercare una qualche altra necessità fuori dell’uniformità dell’ambiente, o addirittura definisce le leggi della natura perfino come una limitazione dell’attesa, cadendo nel solipsismo puro. Negando le leggi della natura si condanna inevitabilmente a conclusioni idealistiche.

Come tutti i machisti, credendo ciecamente ai professori reazionari, si continuano a ripetere gli errori kantiani e humiani sulla questione della causalità, senza accorgersi della contraddizione con il marxismo, cadendo inevitabilmente verso l’idealismo.

Bogdanov infatti nel 1899 affermava che “Il nesso universale di causalità dei fenomeni è l’ultimo nato; è la legge universale, la legge suprema tra le leggi che l’intelletto umano impone alla natura”. Nel 1905 inoltre sostiene che “le leggi non appartengono all’esperienza, ma sono create dal pensiero come mezzo per organizzare l’esperienza […] sostituendo al caotico mondo primitivo degli elementi il mondo derivato, ordinato dei rapporti”.

Questo è falso! Bogdanov afferma che la conoscenza possa creare forme universali: sostituire l’ordine al caos primitivo è puro idealismo!

Possiamo quindi affermare con estrema certezza che l’universo è movimento della materia regolato da leggi e la nostra conoscenza, quale prodotto supremo della natura, è soltanto in grado di riflettere queste leggi.

Senza assimilare tale punto di vista non si può nemmeno minimamente definirsi materialisti: affermare che la conoscenza possa creare forme universali è puro idealismo sottolinea Lenin.

Sirio Stivalegna

Nato a Cesena nel 1992. Ha studiato antropologia e geografia all'Università di Bologna. Direttore della Voce delle Lotte, risiede a e insegna geografia a Roma nelle scuole superiori.