C’è un grano di logica nella follia di Mattarella. Quale risposta contro la polarizzazione reazionaria in atto?

Si è concluso domenica scorsa il braccio di ferro tra Mattarella, 5stelle e Lega attorno alla nomina di Paolo Savona come ministro dell’economia, una forzatura pesante contro la maggioranza espressa dagli elettori, giustificata con la necessità di suggellare l’orientamento “europeista” dell’Italia e contestualmente difendere i risparmiatori dalla “speculazione finanziaria”. A ben guardare, in realtà, Di Maio e Salvini non si presentano al Colle sulla base di una prospettiva di netta rottura con l’euro-zona, mentre al di là della propaganda di questi giorni, descrivere Savona come anti-euro è in gran parte errato: si tratta di un membro a pieno titolo dell’alta burocrazia di Stato e della grande borghesia, promotore in prima persona dell’integrazione dell’Italia nell’UE da ministro del governo Ciampi nel 96, prima di assumere un atteggiamento critico nei confronti della Troika in seguito a una valutazione negativa delle modalità attraverso la quale Monti risolve la crisi del debito nel 2011 (forse, in quanto ex presidente di Impregilo più sensibile agli effetti della contrazione della spesa pubblica sul settore delle infrastrutture e delle costruzioni).  La sua prospettiva non è, dunque, quella di rompere con l’eurozona come fine in sé, bensì quella di utilizzare la minaccia dell’ “Italexit” come grimaldello per ottenere concessioni sul tavolo europeo, tenendo al limite in considerazione la riacquisizione della sovranità monetaria come risposta al rischio di default delle casse statali in relazione a un nuovo crack finanziario [1].

Niente di sovversivo; tuttavia in un contesto in cui l’idea di un’Europa a due velocità che escluda l’Italia è sempre più diffuso tanto tra i circoli dominanti tedeschi e francesi, l’Idea di utilizzare l’uscita dall’euro come leva per chiedere concessioni sulla disciplina di bilancio o su un completamento dell’unione bancaria vantaggioso per gli istituti di credito italiani rende quantomeno perplessa la “nostra” grande borghesia. Inoltre, e ad un livello di analisi più profondo, cedere su Savona – autore di una serie di riflessioni sull’Europa come “gabbia tedesca” e percepito a livello di massa come un’opzione di rottura – avrebbe significato un duro colpo per il traballante blocco storico rappresentato da Confindustria, partiti della “seconda repubblica”, ceti intellettuali ad essi associati e burocrazie sindacali, i quali negli ultimi 30 anni hanno fatto della non negoziabilità di una prospettiva “europeista” il pilastro del proprio progetto economico ed etico-politico insieme[2]. Se dunque è vero che Di Maio, ma in particolare Salvini, rischiano di venire rafforzati elettoralmente dal recente colpo di mano del Capo dello Stato, lo è altrettanto che tramite la stessa mossa il Presidente spera di poter fare da vettore di un tentativo di ricompattamento delle – e attorno alle – forze espressione del blocco storico tradizionale messo in discussione dai risvolti della crisi del 2008; quindi di saggiare la reale volontà di Lega e 5stelle di mettersi alla testa di una polarizzazione di segno opposto. Ecco che alla decisione di Mattarella di domenica sera, segue l’immediato sostegno di Berlusconi e del PD, il quale – tutto proteso nella difesa delle prerogative costituzionali del Capo dello Stato – mette in secondo piano le sue divisioni interne. Intanto, i vertici della Cgil, settori dei quali avevano nei giorni scorsi civettato con i grillini assecondando il 30% dei voti presi dai pentastellati tra i salariati, rientrano nei ranghi con la dichiarazione della Camusso in appoggio all’operato del Presidente della Repubblica. La presa di posizione sindacale, inoltre, riafferma l’imprescindibilità dell’ “orizzonte europeo” e apre a un appoggio al governo dell’ex dirigente dell’FMI (nonché incaricato ai “tagli” da Letta) Cottarelli, pronto a presentarsi alle camere nei prossimi giorni, ma che a quanto pare non prenderà i voti nemmeno di PD e Forza Italia, i quali – più avveduti dei vertici sindacali – sanno che non è il caso di sputtanarsi ulteriormente per un esecutivo che matematicamente non può ottenere la fiducia.

Tutto questo avviene mentre i grillini gridano alla messa in stato di accusa del presidente e lanciano il 2 Giugno una manifestazione in difesa della sovranità nazionale, alla quale il PD risponde il giorno prima con un corteo che mira a fare scudo attorno a Mattarella e ai valori democratici contro l’ “estremismo”.  Si tratta in entrambi i casi di due opzioni speculari e dal significato eminentemente reazionario: da un lato c’è il sostegno alle politiche di macello sociale portate avanti negli ultimi decenni, accanto all’autoritarismo segnalato dal sempre più preponderante intervento di “tecnici” e burocrati Statali (vedi del capitale monopolistico e finanziario) nella vita politica; dall’altro c’è un disegno non meno autoritario e anti-operaio, in quanto basato sul nazionalismo, il razzismo e su una prospettiva piccolo-borghese che pretendendo di mediare tra interessi sociali intimamente contraddittori, non può che cedere a quelli dominanti nei momenti decisivi. Il primo campo è screditato agli occhi delle masse popolari e dei lavoratori, ma è forte di una ferrea volontà politica di portare fino in fondo lo scontro, simboleggiata dall’intransigenza di Mattarella; il secondo campo raduna invece simpatie tra lavoratori e piccola borghesia, ma è discutibile che le roboanti parole d’ordine di Di Maio e Salvini di questi giorni siano supportate da una seria determinazione, come attesta il fatto che (pur essendo in ultima analisi un ragionamento maldestro) il primo ha presentato l’Impeachment al Capo dello Stato come un’alternativa a un’esplosione di rabbia popolare, enfatizzando la necessità di “parlamentarizzare la crisi”, mentre la Lega, pur mostrando simpatia per la chiamata di piazza grillina del 2 maggio, non ha dato la sua piena adesione alla mobilitazione.

Si tratta peraltro di formazioni politiche che non compongono un insieme di interessi omogeneo, né internamente, né l’una nei confronti dell’altra (si rimanda al nostro editoriale della settimana scorsa) mentre anche il fatto che siano in competizione per lo stesso elettorato è un elemento da tenere in considerazione per comprendere la crisi attuale e la possibilità di coagulo di un blocco reazionario articolato attorno a Lega e 5stelle. L’unità apparente che le due forze hanno mostrato durante l’ultima settimana e in queste ore è infatti solo il risultato dell’esigenza di ciascuna di non apparire come quella più “rinunciataria”; questo, nel contesto di uno scontro istituzionale che pur non essendo riducibile a un “trucco di Salvini”, ha avuto certamente come elemento centrale l’obiettivo del leader leghista di far saltare il banco per rubare voti ai grillini, dimostratisi ben più arrendevoli e in contraddizione con il proprio discorso (quello “anti-casta”) rispetto al Carroccio. Mentre scriviamo, poi, Di Maio apre addirittura a un’ interlocuzione con il Colle in vista di un nuovo incarico a un governo giallo-verde, magari passando per un’astensione che possa permettere a Cottarelli di insediarsi temporaneamente (ipotesi nei confronti delle quali lo stesso Salvini non ha manifestato un’opposizione netta). E’ chiaro che entrambi sono fortemente preoccupati da una campagna elettorale durante la quale l’establishment politico-mediatico minaccia di scatenare tutto il proprio potenziale tacciandoli come pericolosi e inaffidabili anti-europeisti, “quelli che volevano uscire dall’Euro senza dirlo a nessuno”; una canea disgustosa che potrebbe permettere alla Lega di fare l’en plein di voti popolari, ma che rischia di incrinarne i rapporti con settori della media imprenditoria del nord (le cui relazioni con mercato tedesco sono contraddittorie, ma molto strette). Per quanto riguarda i 5Stelli, invece, è forte il timore di perdere il consenso dell’elettorato proveniente dal PD, mentre tornare ad elezioni significherebbe sancire la sconfitta della linea Di Maio e avvicinare la resa dei conti con i settori “malpancisti” del movimento capeggiati da Di Battista.  

Non dunque il pericolo di un’impennata dello spread il razionale del veto su Savona – guardando i trend di medio periodo si parlava di un differenziale tra bond e btp tutto sommato contenuto nelle ultime settimane – bensì l’esigenza di massimizzare le potenzialità della figura del Presidente della Repubblica come argine alla disgregazione della coalizione socio-politica tradizionale, scommettendo su eventuali fratture tra le fila avversarie, forse puntando sul fatto che la percezione di accresciuta instabilità possa anzi fomentare le turbolenze finanziarie, alle quali anche i settori piccolo-borghesi e medio-borghesi (vedi: “i risparmiatori”) cui fanno riferimento lega e 5stelle sono molto sensibili; ieri non quattro giorni fa lo spread ha raggiunto valori preoccupanti (quota 300), mentre la borsa è crollata del 2%.  E’ difficile prevedere, alla luce dei continui capovolgimenti della situazione degli ultimi mesi, quali saranno i futuri sviluppi, mentre è chiaro che l’intervento bonapartista di Mattarella ha elementi di forte avventurismo, come attesta ad esempio un sondaggio Twitter di queste ore secondo cui solo il 24% degli italiani ritiene che l’operato del capo dello Stato sia sia stato “legittimo e costituzionale”, segno delle gravi difficoltà che incontra la classe dominante nel tentativo di trovare una quadra alla crisi organica del suo Stato. Come abbiamo visto c’è però un grano di logica nella sua follia…

C’è una logica – quella del completo scollamento dalla classe operaia – anche nella follia di quei settori del “popolo della sinistra”  che chiamano i lavoratori e i giovani a compattarsi con le istituzioni contro la “minaccia eversiva” rappresentata da Lega e 5Stelle. Voci speculari a quelle di coloro i quali – sempre a sinistra – attaccano Mattarella impugnando la difesa della sovranità nazionale contro il “fascismo europeista”, dando fiato a una polarizzazione attorno a un asse che fa comodo solo alla classe dominante, mentre può aprire spazi oggettivi per il rafforzamento di settori squadristi, magari proprio in virtù della timidezza di grillini e leghisti a cavalcare una mobilitazione orientata su tinte reazionarie. Sia chiaro, nessuno sta sostenendo che esistano i presupposti per un ritorno a una dittatura fascista (uno su tutti l’esigenza della borghesia di sostenere bande armate per schiacciare un movimento operaio disorientato dopo la sconfitta di un’opzione rivoluzionaria, come avvenne dopo il biennio rosso); tuttavia è altrettanto evidente – e ce l’ha mostrato quanto avvenuto in campagna elettorale – che gli stessi apparati di Stato e le forze politiche tradizionali hanno tutto l’interesse del caso ad aprire spazi per Casa Pound, Forza Nuova etc. così da rafforzare la propria (sempre più erosa) legittimità, a scapito dei lavoratori, dei militanti di sinistra e dei migranti che si prendono le coltellate dei fascisti, ma anche gli arresti e le manganellate della polizia impegnata a difendere “le libertà democratiche”.

E’, infine, destinata ad essere impotente una posizione che pur non prendendo parte per nessuna delle due opzioni reazionarie, invita a un’opposizione generica alla troika e a Confindustria imperniata sulla difesa della costituzione. Tanto “i sovranisti”, quanto “gli europeisti” stanno però riuscendo a trovare argomenti a proprio favore in quel fogliaccio astratto adottato nel 48 come emblema del tradimento togliattiano della resistenza, mentre impostare la propria battaglia politica in questo modo configura una strategia elettoralista destinata al fallimento; tanto più in un contesto convulso come quello odierno nel quale la classe operaia – alla coda della borghesia e\o della piccola borghesia – va in primo luogo riarmata della consapevolezza che può affidarsi solo sulla sua propria forza, nella cui organizzazione vanno dunque profuse tutte le energie politiche. L’unica risposta progressiva alla convulsa fase attuale consiste nell’impegno a promuovere una mobilitazione indipendente della classe operaia, facendo perno sui settori più combattivi, come ad esempio i lavoratori della logistica, e sulle più importanti vertenze operaie in atto – come quella dell’ILVA – o che con tutta probabilità si apriranno nei prossimi mesi, quando saranno chiari gli effetti del prossimo piano industriale di Marchionne in FCA. Una mobilitazione indipendente della classe operaia, che miri all’unità politica – quindi a prescindere dalle sigle sindacali – dei lavoratori, articolata attorno a parole d’ordine come l’abolizione delle contro-riforme delle pensionI e del lavoro (le quali oltre alla compressione salariale sono collegate anche all’aumento delle morti sul lavoro), una riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario,  l’occupazione e la nazionalizzazone sotto controllo operaio delle aziende che chiudono, licenziano e delocalizziano, ma anche ius soli , piena accoglienza per i rifugiati e cittadinanza a chi lavora così da suggellare l’unità internazionalista dei proletari, tra i quali, contro la vulgata razzista e populista che li descrive come docili braccia buone per abbassare i salari degli italiani, vi sono migliaia e miglia di lavoratori che lottano con determinazione per i diritti di tutti. Tutto questo inquadrato in una prospettiva che pur non cedendo alla polarizzazione “europeismo-anti-europeismo”, non abbia timidezze a denunciare che  – come attesta l’intransigenza mostrata da Mattarella domenica scorsa – non è possibile difendere le condizioni di vita delle masse contrattando con la classe dominante una riforma dell’Unione Europea Capitalistica, la quale può dunque essere spezzata solo agganciando un programma di ripudio dei trattati, dell’euro e del debito pubblico all’espropriazione politica ed economica della borghesia.

CONTRO LA POLARIZZAZIONE REAZIONARIA INNESCATA DA MATTARELLA, LEGA E 5STELLE!

BOICOTTAGGIO DELLA PIAZZA CHIAMATA DAL PD L’1 GIUGNO E DI QUELLA 5STELLE DEL 2!

PER UNA MOBILITAZIONE INDIPENDENTE DEI LAVORATORI!

 

Django Renato

 

Note

[1] Si veda ad esempio: Lettera di Paolo Savona al Sole24Ore, 26/04/18. Disponibile a: http://formiche.net/2018/05/eurozona-governo-debito-savona/. Oppure: Ecco cosa pensa veramente Paolo Savona su debito ed eurozona”, Formiche, 21/05/2018. Disponibile a: http://formiche.net/2018/05/eurozona-governo-debito-savona/. Oppure: Euro si, Euro No. L’opinione di Paolo Savona nell’intervista a Paolo Savona di Giorgio Schiavoni, 2000tv, 21/05//18. Disponibile a: https://www.youtube.com/watch?v=e_fUyEc62NI.

[2] Sul concetto di Blocco Storico, si veda A. Gramsci, Quaderni del Carcere, a cura di Valentino Gerratana, Quaderno 10 (XXXIII) § (41) XII. Per un’utile inquadramento, da un punto di vista marxista rivoluzionario, del marxismo di Gramsci si veda: J Dal Maso, El Marxismo de Gramsci: Notas de Lectura sobre los Cuadernos dela Carcel, Asociacion Izquierda Diario, Madrid, 2017.

Ricercatore indipendente, con un passato da attivista sindacale. Collabora con la Voce delle Lotte e milita nella FIR a Firenze.