È piccolissima la maggioranza, di soli 4 voti, grazie alla quale la legalizzazione dell’aborto è stata accettata dalla camera bassa in Argentina.

Per un secolo, nel paese di Papa Francesco, l’interruzione della gravidanza era punita con quattro anni di prigione. Fuori dal parlamento, la gioia dei manifestanti che hanno assistito tutta la notte, era enorme. Questo è ciò che ci ha riferitoAndrea D’Atri, membro della direzione nazionale del Partito Socialista dei Lavoratori e leader della lotta di classe femminista Pan y Rosas.

Era quasi la fine della maratona di 23 ore, durante le quali il dibattito era in atto, conclusosi con il messaggio su twitter del deputato peronista Sergio Ziliotti che ci ha permesso di avere chiarimenti. Ha annunciato che con le sue colleghe Melina Delu e Ariel Rauschenberger sarebbero stati favorevoli all’approvazione della legge. Quest’ultime che erano tra gli ultimi “indecisi”, fino all’ultimo momento, hanno fatto pendere la bilancia dalla parte della legalizzazione.

La destra del governo ha fatto pressione su alcuni dei suoi deputati in modo che la discussione potesse svolgersi nell’Emiciclo, data l’importanza del dibattito, seguito su uno schermo gigante, al di fuori del Parlamento, da decine di migliaia di giovani. Sono loro, per lo più donne, che hanno manifestato attorno al Congresso da mercoledì 13 giugno e che per anni hanno guidato il movimento per la legalizzazione dell’aborto in Argentina. E’ questo movimento che è all’origine di questa vittoria che ora deve essere sancita dal Senato, molto più conservatore del Congresso. Il presidente Macri (di destra) non poteva permettersi di rigettare la legge e sperava di risanare la sua reputazione entrando nella storia come il presidente che ha reso possibile il dibattito. Un voto negativo nei confronti della legge sarebbe stato un duro colpo per il governo in quanto è concentrato sull’attuazione delle misure di adeguamento raccomantate dal FMI.

Il prossimo passo, è ora il Senato, dove il testo di legge potrebbe arrivare tra una settimana. La decisione di adottare o meno la legge si baserà, in definitiva, sul blocco senatoriale peronista che in merito a questa decisione risulta diviso. L’ex presidente Carlos Menem, il peronista ultraliberale degli anni ’90 ha già annunciato che voterà contro, mentre Cristina Kirchner, presidente fino al 2015 e attualmente senatrice per la provincia di Buenos Aires, non si esprime riguardo al suo voto. Il fatto che suo figlio, Massimo Kirchner, al Congresso abbia votato, come la maggioranza del suo blocco parlamentare, il Fronte per la Vittoria, potrebbe lasciar presagire un voto positiva. Tuttavia, è stata Caterina Kirchner a impedire che il dibattito sull’aborto fosse portato davanti ai parlamentari durante i suoi due successivi mandati.

Questo è il motivo per cui dovremmo intensificare la mobilitazione nei prossimi giorni. E’ stata questa mobilitazione che ha permesso di ottenere la legalizzazione dal Parlamento. La camera dei deputati era divisa in due: una situazione molto diversa da quella dell’opinione pubblica, principalmente a favore della legalizzazione ed una situazione molto diversa anche dalla “marea verde”, il colore della pro-aborto che popolava il centro di Buenos Aires e le grandi città, mentre l’anti-aborto mobilitava appena 200 persone per trasmettere il messaggio della maggior parte degli “Ultras” della Chiesa argentina.

In Parlamento, i pro-aborto, si sono abbracciati, raggruppando macristi, peronisti e radicali, come se fosse la loro “unità trasversale” che ci ha permesso di vincere. Senza la lotta, in realtà, nulla sarebbe stato raggiunto. L’unico gruppo che ha votato, nel suo insieme, in modo coerente (in questo caso a favore dell’aborto e a sostegno della mobilitazione popolare per la strada) era il gruppo parlamentare dei deputati del Fronte sinistro e dei Lavoratori. Ora bisogna che la “marea verde” si trasformi in uno tsunami per imporre la vittoria al Senato.

Andrea D’Atri

 

Redattore della Voce delle Lotte, nato a Napoli nel 1996. Laureato in Infermieristica presso l'Università "La Sapienza" di Roma, lavora come infermiere.