Il “governo del cambiamento” si è insediato. Ha mostrando sin da subito (con Salvini e Fontana in primis) quanto sia lontano da quel cambiamento radicale auspicabile per la classe lavoratrice. Dopo la sostituzione del “ministero per le parità opportunità” con il “ministero della Famiglia” presieduto dall’ultra-cattolico Fontana che nega persino l’esistenza delle famiglie LGBT, anche il giullare del cristianesimo mediterraneo nonché tristemente figura di riferimento morale e spirituale per milioni di seguaci, Papa Bergoglio, si sente in dovere di rassicurare i cattolici più spaventati circa l’immutabilità e l’universalità a-storica del concetto di famiglia. Una Chiesa, quella Romana, che al di là della propaganda mediatica, non cambia mai nella sostanza (e del resto se attuasse cambiamenti sostanziali rischierebbe probabilmente di annientare se stessa): essa è incapace persino della (strategica?) flessibilità che invece caratterizza il mondo protestante dove, per interesse o per convinzione, tutti i tipi di famiglia (eterosessuale o LGBT) sono stati recentemente equiparati, le donne hanno accesso alla carriera sacerdotale e preti e “pretesse” non solo si sposano, ma godono di una vita sentimentale e sessuale al pari di tutti gli altri (nella maggior parte dei casi, senza subire discriminazioni).

E invece Papa Bergoglio si sente in dovere di rassicurare i benpensanti spaventati proprio nel momento in cui il nuovo ministro Fontana fa lo stesso. E noi siamo costretti a scrivere di loro due perché il primo ha (ufficialmente) un miliardo di seguaci nel mondo, il secondo è un ministro del governo italiano: non importa quanto ciarlatani e meschini siano questi personaggi, o quanto le loro idee siano false perché basate semplicemente su ignoranza antropologica e storica al di fuori della realtà, esse si diffondono tuttavia pericolosamente e possono avere effetti perniciosi sulla vita delle persone: non necessariamente aperta discriminazione o atti di violenza verbale o fisica (che esistono, e anzi sono addirittura in crescita!), ma anche solo la semplice invisibilità degli “amori non allineati”. Di più, coloro che mancano di una coscienza che gli consenta di spiegare in termini scientifici i motivi del loro impoverimento e delle loro nuove sofferenze, facilmente li attribuiscono ai cambiamenti in atto nella famiglia o nella vita sentimentale, così come al migrante che viene da lontano. Il meccanismo psicologico presenta infatti importanti analogie.

Ma veniamo alle dichiarazioni del Papa come riportate da Repubblica. L’occasione è stata il Forum delle Famiglie. “Oggi fa dolore dirlo”, dichiara Francesco “si parla di famiglie diversificate, di diversi tipi di famiglia. Sì, è vero che la parola famiglia è analoga” e ci sono “la famiglia delle stelle, la famiglia degli alberi, la famiglia degli animali…” ma “la famiglia, immagine di Dio, uomo e donna, è una sola”. “Può darsi – ha aggiunto il Pontefice – che non siano credenti, ma se si amano e uniscono in matrimonio sono a immagine e somiglianza di Dio. Per questo il matrimonio è un sacramento grande”.

Interessante notare da queste parole come, se un cambiamento nell’atteggiamento papalino si può notare, è quello di un ritrovato “pragmatismo di fede”: quello che personalmente leggo tra le righe è: non è così importante dichiararsi apertamente cristiani credenti così come non è così grave dirsi “non credenti”, ma ciò che veramente conta per la tenuta morale di una società “virtuosa” e della nostra organizzazione reazionaria, è praticare i “valori cristiani”. Quindi, tradotto volgarmente: siate pure atei, ma non siate froci, che non essere froci è il primo passo verso il non essere atei. 

Un altro passaggio del discorso è dedicato all’infedeltà coniugale.

“Una cosa che nella vita matrimoniale aiuta tanto è la pazienza, sapere aspettare. Ci sono nella vita situazioni di crisi forti, brutte, dove anche arrivano tempi di infedeltà”. Di qui, la lode di Francesco alla “pazienza dell’amore che aspetta. Tante donne, ma anche l’uomo talvolta lo fa, nel silenzio hanno aspettato, guardando da un’altra parte, aspettando che il marito tornasse alla fedeltà. La santità che perdona tutto perché ama”.

Qui il discorso sarebbe eccessivamente prolisso per essere affrontato in questa sede. Letto superficialmente quest’ultimo passaggio appare piuttosto sensato e persino condivisibile, nella misura in cui però si dà per scontata la validità di inamovibili e a-storici assunti di fondo quali l’inevitabilità della monogamia e un’idea fissa e ristretta di cosa siano “tradimento” e “infedeltà”. Ancora una volta a prevalere è un sentimentalismo spicciolo (la famosa “etica del perdono”) fondato su un’idea immutabile di come Dio ha plasmato la realtà , a dispetto di un’analisi critica dei ruoli di genere che prenda in considerazione i bisogni delle persone e le sovrastrutture della società. La Chiesa e la sua ideologia sono ovviamente inadatte e troppo obsolete per una simile critica e per questo destinate a dare solo risposte false, illusorie o fuorvianti.

 

Matteo Iammarrone

Nato a Torremaggiore, in Puglia, nel 1995, si è laureato in filosofia all'Università di Bologna. Dopo un master all'Università di Gothenburg (in Svezia), ha ottenuto un dottorato nella stessa città dove tuttora vive, fa ricerca e scrive come corrispondente de La Voce delle lotte.