L’epidemia di COVID-19 continua a diffondersi a ritmi incontrollati e a mietere vittime, soprattutto in Lombardia, al punto che, nonostante le varie aggiunte di posti in terapia intensiva, il collasso del sistema sanitario è imminente ovunque.


Il decreto Cura Italia ha lasciato intatti i rischi di contagio ed eventuale morte per centinaia di migliaia di lavoratori, dall’industria agli operatori sanitari stessi, promettendo misure e strumenti di sicurezza che non potranno mai raggiungere le necessità di queste categorie.

Questo è ancor più vero dato che, mentre le stesse norme introdotte sono trasgredite quotidianamente dalle aziende, il governo rifiuta di requisire le strutture in possesso ai privati e di riconvertire la produzione industriale dei settori non vitali per la sopravvivenza della popolazione, in modo da garantire un accesso a respiratori, maschere, medicine ed equipaggiamento necessario a personale sanitario, lavoratori sul posto e a tutti i cittadini.

Il numero dei contagi è in crescita esponenziale nelle province ad alta concentrazione industriale e nelle filiere della distribuzione – Brescia è seconda città, dopo Bergamo – con il solo Comune di Milano a quota 1400 casi (rilevati) e circa 3300 comprendendo l’hinterland.

Nella zona di Bergamo, dove nei giorni scorsi sono state viste file intere di veicoli militari trasportare centinaia di deceduti per la cremazione, la popolazione continua a denunciare una situazione di gran lunga peggiore rispetto alla narrazione mediatica, con un tasso di infezioni e morti eccedente le cifre ufficiali, per ora aggiornate a circa 5000 contagi e 300 morti, di cui questi solo nell’ultima settimana.

Dalla città giungono appelli da tutti i cittadini e dagli operatori per l’assunzione di massa di nuovo personale e l’avvio di nuove strutture: anche il direttore del Dipartimento di Medicina del Papa Giovanni XXIII – in piena emergenza – si rivolge a tutto il pubblico, nazionale ed internazionale, per un sostegno di fondi ed aiuti concreti con materiali e medici.

Mentre tutto questo avviene nella zona più colpita della regione, che è allo stesso tempo uno dei suoi poli industriali, si vede bene quali siano gli interessi di Confindustria e dei suoi rappresentati: tutelare i profitti.

L’associazione degli industriali si premura quotidianamente di rassicurare gli investitori internazionali sull’impossibilità di “esodi” dalle fabbriche e di un calo eccessivo della produzione a seguito dell’epidemia che, se fosse sfuggito, sta facendo implodere tutto il resto della società.

Inoltre è stato sospeso il progetto per la realizzazione di un ospedale d’emergenza nella zona Fiera per mancanza di personale medico – ciò che si denuncia all’unisono, a partire dai medici stessi – e, dalle istituzioni, non solo di Regione Lombardia, viene proposto con insistenza l’uso dell’esercito per “mantenere l’ordine pubblico”, ovvero restringere la libertà di movimento al perimetro del domicilio, con l’eccezione del tragitto per andare al lavoro.

Nel frattempo 25 miliardi di euro di fondi vengono proposti come stanziamento dall’ Unione Europea per combattere la crisi, che tuttavia sta ancora cavillando su come stanziarli.

Anche a questo livello l’interesse finanziario prevarrà sull’emergenza sanitaria, dato che probabilmente il fondo di emergenza sarà usato per creare linee di credito per i paesi colpiti dal virus, consentendo alla BCE di acquistare il debito pubblico.

In altre parole l’UE ,come istituzione, sta speculando sulla pandemia, cercando di migliorare le condizioni delle banche mondiali perchè possano evitare una crisi incontrollata ora e garantire il profitto in seguito, a scapito della vita e dei mezzi di sussistenza di milioni di persone.
Questa “risposta” è l’unica possibile del neoliberalismo portato alle sue conclusioni più estreme.

L’Ue, nonostante la retorica sul lavorare insieme per combattere la crisi sociale ed economica, vorrebbe paradossalmente che l’Italia istituisse ulteriori misure di austerità e restrizioni di bilancio, per uscire da una crisi che richiederebbe urgenti e radicali cambiamenti strutturali per rallentare e affrontare l’epidemia.

A fronte di questo massacro, dovuto all’incompatibilità degli interessi delle classi dominanti europee ed internazionali con quelli della classe lavoratrice e della maggior parte, è necessario che i lavoratori prendano il controllo della produzione, per orientarla verso le proprie necessità, a partire dal contenimento del contagio.

 

Alessandro Riva

 

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