All’indomani della fase più acuta a livello internazionale della crisi pandemica a cui si è fatto fronte con misure “medievali” da parte della maggioranza degli stati capitalisti, che ci ha portato in uno scenario globale quasi distopico invitiamo alla lettura dell’ucronia fantascientifica di Kathrine Burderkin,”La notte della svastica, che ha visto la sua recente ripubblicazione presso la casa editrice Sellerio. Nel romanzo si presenta uno scenario drasticamente similare, per le condizioni delle donne, a quelle a cui stiamo assistendo oggi nella crisi, recluse in casa, allontanate dal mondo del lavoro e dalla possibilità di determinare la storia. Ma la storia, come ci insegna Alfred, uno dei protagonisti del romanzo, è ancora tutta da scrive.


Kathrine Burderkin, unica femmina di quattro figli, nata nel Derby nel 1896, costretta a sposare un uomo benestante piuttosto che frequentare il college di Oxford come i suoi fratelli, si trasferitasi in Australia dove scrisse il suo primo romanzo, Anna Colquhoun. Nello stesso anno ruppe il matrimonio e ritornò in Cornovaglia, dove conobbe poi la sua futura compagna. Per continuare a pubblicare i suoi lavori fu costretta ad utilizzare vari pseudonimi per proteggere le figlie da rappresaglie naziste e, solo grazie al lavoro di Daphne Patai, negli anni’80, si è risaliti alla vera identità della scrittrice.
Nel 1937 scrive “La Notte della Svastica” uno dei primi romanzi ad utilizzare un’ucronia politica anticipatoria per descrivere un universo parallelo ambientato nel 720 anno dell’ era Hitleriana, dopo la vittoria del nazismo durante la Seconda Guerra Mondiale. Non solo fu una della prime a produrre una letteratura contro le dittature totalitarie con una incredibile lungimiranza su come si sarebbero potute evolvere -nonostante nel momento di stesura Hitler godesse ancora di inaudito prestigio-, ma anche con un occhio particolare alla condizione delle donne sotto questi regimi.  Riuscendo, quindi, non solo ad essere pioniera di un movimento letterario da cui nasceranno autori più conosciuti come Orwell o la Atwood, che con molta probabilità avranno avuto modo di leggere i suoi scritti, ma ad avere sempre un impegno reale e attivo nel campo della lotta femminista.
Il libro, che parte quasi come un racconto cavalleresco medievale con un omaggio ai valori dell’onore, della fede e della violenza incarnati con ingenuità e un’insana tristezza da Hermman, in realtà si rivela poi un racconto intimo tra l’uomo e la società, che si interroga sul livello di coscienza che l’uomo debba avere affinché possa essere considerato tale, soprattutto in una società in cui avere coscienza è un crimine. Il futuro distopico che descrive la Burderkin vede uomini privilegiati, per razza e benefici, che ne sovrastano altri attraverso l’incrollabile Credo nella Guerra e nel loro leader il Fuhrer, arrivando ad elevare Hitler a Dio e i valori di virilità e violenza come motori dell’uomo al punto che è preferibile amare un altro uomo che avere rapporti con le donne; sempre più ghettizzate e usate come mero strumento riproduttivo, si spera di figli maschi… questo, però, avrà conseguenze drammatiche per la storia dell’intera umanità.
Ma accompagnati dalla figura introspettiva e disturbante di Alfred, amico di leva militare di Hermman, si insinua il dubbio sul perché i Germanici dovrebbero essere superiori; cosa rende un uomo superiore ad un altro?  Dopo incredibili rivelazioni e una profonda discussione con il Cavaliere di Hermman, Von Hess, Alfred giunge a domandarsi perché le donne non hanno mai pensato di poter essere superiori agli uomini. Il problema, gli appare chiaro, è che “fin dall’alba dei tempi” -tempi che nessuno poteva più conoscere dopo la distruzione della memoria causata dalle leggi di Von Wied- le donne sono state considerate solo come l’immagine di ciò che gli uomini volevano che esse fossero. Ciò significa che seppur le donne in un passato sconosciuto avessero raggiunto una maggiore emancipazione questa era solo il frutto della volontà maschile: gli uomini volevano che le donne fossero più indipendenti per poter essere attratti da loro così da ridurre il loro senso di colpa per la sottomissione dell’altro sesso, ben consapevoli che questo fosse contro natura. Ma in una società in cui è lecito amare un uomo e non considerare una donna come un essere umano invece di un animale addomesticato, in che modo possono queste essere trattate se non come esseri inferiori con il compito di mortificarsi e prostrarsi agli stupri degli uomini per avere figli che poco dopo la nascita gli verranno strappati via perché troppo abiette per curarsi della crescita dei futuri uomini?!

 

Le donne saranno sempre lo specchio di come gli uomini le vogliono. Non hanno volontà propria, né carattere. Non hanno un’anima: sono solo un riflesso dello spirito maschile.

Che cos’è oggi la donna per la società se non l’immagine che il capitalismo, composto per il 99% da uomini che detengo le più grandi ricchezze del mondo, vuole che essa sia? Quella della madre pronta a sacrificare se stessa, il suo lavoro per la cura della famiglia ma con l’illusione di aver avuto una possibilità di scelta. Ci è permesso studiare, lavorare, scegliere più o meno liberamente – a seconda della forza e del sangue che le donne hanno dovuto versare- con chi avere relazioni e in che forma; Ma non ci è permesso l’accesso totale, gratuito e garantito all’aborto,  una collettivizzazione del lavoro di cura che ci permetta di essere madri e indipendenti, pari salario a parità di ore di lavoro, la stessa legittimità sociale degli uomini perché il nostro ruolo sociale, per quanto ci possano essere delle concessioni, per il capitalismo è un altro: partorire e sollevare la società dalla cura giornaliera della forza-lavoro da riprodurre. 

La Burderking attraverso le parole di Alfred diceva nel 1937 :


Ora bisogna pensare a come ristabilire l’equilibrio, e interrompere questa atrocità. Ci sono due cose che stimolano l’evoluzione del proprio Io e che le donne, al contrario degli uomini, non hanno mai avuto. Una è l’invulnerabilità sessuale, l’altra è l’orgoglio del proprio sesso, che è il più indiscutibile dei diritti di nascita anche del più umile dei bambini. Pertanto, solo riappropriandosi di queste certezze, perdute nel momento stesso in cui commisero il crimine di accettare la loro inferiorità, saranno in grado di coltivare quell’ultima scintilla rimasta loro di dignità individuale e di vita. E noi sappiamo che questa scintilla è viva, lo sappiamo dalla loro infelicità.

Quella scintilla da allora è esplosa in movimenti di massa, in lotte cosanti e continue in tutto il mondo per minare le fondamenta del patriarcato che ci opprime e “ci fa commettere il crimine”, tanto che quando il capitalismo ha subito la scossa sociale della Rivoluzione D’ottobre in Russia, per le donne, come dice anche la scrittrice nel libro, è stato il periodo storico, di quella storia dimenticata da Alfred e Hermann, in cui le donne più si sono avvicinate ad una reale emancipazione.

Quindi, in verità, quanto è distante la distopia quasi fantascientifica della Burderking dalla condizione odierna della donna nel capitalismo?
Il mostro della dittatura nella realtà non ha mai vinto, Hitler è rimasto solo un uomo, ma la nostra società quanto realmente è scevra dal dominio della fede? Lontana dai valori di violenza e tirannia tra uomini? E soprattutto, che grado di consapevolezza abbiamo per poterci definire veramente liberi e libere e quindi veri uomini e donne?

A queste domande, la Burderking fa rispondere Alfred in un dialogo con il Cavaliere Von Hess ma che in realtà assomiglia più ad un monologo con se stesso; in cui, non riuscendo a liberarsi completamente dell’educazione nazista che ha ricevuto riconduce la coscienza di sé alla superiorità di se stessi sopra qualsiasi altro essere vivente.

‒ Com’è che non hai mai pensato alle donne? Sono sempre esistite. Non le ho inventate io, e neppure von Hess.

Non immaginavo che fossero importanti. Se voi arrivaste a persuadermi dell’importanza delle pulci, io farei ogni sforzo per pensare alle pulci nel modo più imparziale e libero da pregiudizi possibile. Non direi immediatamente: «Che m’importa, è solo una pulce. Una piccola, misera, infima pulce».

Ma se qualcuno ti dicesse seriamente che la pulce si ritiene superiore a tutto, e la vita intera…

È così! ‒ gridò Alfred. ‒ E Dio vuole che la pulce pensi questo. Sì, chiunque sia Dio, Egli deve volere che le donne si credano superiori, e le pulci, e le cimici, e gli uomini. Non è che la condizione per una vita sana. (…)

“La notte della svastica” è un fitto percorso nella psiche di una società malata attraverso due uomini che soffrono per conoscere La verità e che vorrebbero urlarla al mondo credendo che sia il principio che permetta lo sgretolamento del regime. E quando Alfred chiede a Fred di segnare il suo nome in fondo al Libro, di essere lui il nuovo portavoce di una società diversa, la Burderking sta chiedendo a tutti noi, consapevole che la nostra è una società altrettanto malata, di farlo ed essere noi i futuri megafoni della Verità, i futuri rivoluzionari. 

Perché dici che i tedeschi non sono uomini? ‒ chiese Hermann, incapace di cogliere nient’altro che l’insulto.

Non hanno la possibilità di diventarlo. È il sistema. Vedi Hermann, che cosa è un uomo? Un essere orgoglioso, coraggioso, violento, brutale, spietato, diresti tu. Ma queste sono tutte caratteristiche di un animale in calore. Un uomo deve essere qualcosa di più, non credi?

                                                                                             Scilla Di Pietro

Nata a Napoli il 1997, già militante del movimento studentesco napoletano con il CSNE-CSR. Vive lavora a Roma. È tra le fondatrici della corrente femminisa rivoluzionaria "Il Pane e Le Rose. Milita nella Frazione Internazionalista Rivoluzionaria (FIR) ed è redattrice della Voce delle Lotte.